Milano, Vun al Park Hyatt e la cucina di Andrea Aprea 18/20
di Luca Fontana
A tavola con I Signori
Aprile 2015
“La mia cucina contemporanea guarda al futuro senza mai dimenticare le sue origini”, una frase ispirata, di Andrea Aprea. Queste sono le parole che troviamo in apertura del menù, appena seduti al Vun.
Il ristorante è in una posizione straordinaria, centralissima. Milano però non è conosciuta come la capitale della cucina Italiana, pur avendo molti indirizzi di rilievo, la cultura culinaria non è ben radicata nelle persone, troppo attente alla moda ed alle sue Settimane, troppo di fretta per appassionarsi di qualcosa che richiede tempo, e, orrore, rischia di far ingrassare.
Il compito di Andrea quindi non è semplice, rivolgersi a questa clientela, una sfida che raccoglie con grande competenza, un savoir faire da chef internazionale, attributo indispensabile visto che il contesto in cui il ristorante è inserito porta anche numerosi clienti stranieri.
Certo, vedere la sala al completo per un anonimo Martedì sera è incoraggiante, ma i motivi che possono portare un locale a lavorare tano a Milano sono numerosi. Noi comunque siamo qui per la cucina, ed è così che scegliamo il percorso più lungo, di ben 11 portate. Si inizia.
Stuzzichini di apertura: spritz sferificato su foglia d’ostrica, patata soffiata con paprica e stracchino, panzerotti ricotta e guanciale. Ottimo inizio, con l’acidità dello spritz che prepara il palato al pasto.
Un saluto dalla cucina: melanzana disidratata, cipolla caramellata e polvere di cappero. Graditissimo.
Grissini e sfoglie, fritti, da assaggiare con attenzione, creano dipendenza.
Capasanta, agretti e meringa salata. La prima vera portata della cena, in cui lo chef mette subito in chiaro il suo stile: il piatto gioca tra i vari gusti, bilanciatissimi, con però uno a prevalere sugli altri, in punta di piedi, in questo caso la dolcezza della capasanta e della meringa.
Viene portato in tavola il pane, ottimo.
Caprese dolce salata. E’ da Le Strade della Mozzarella di Londra che attendavamo di riprovare questo piatto. La nota dolce prorompente del guscio di zucchero va a braccetto con l’interno, incredibilmente appagante, fatto di bufala sifonata. Alla base vi è poi il pomodoro, che apporta l’acido, e l’acciuga, che porta il salato. Fuochi d’artificio, applausi signori….questa è un’opera d’arte!
Il soffice cuore.
Fassona, bagnetto verde disidratato e acciughe. Una classica tartara, scomposta, ben eseguita, con materie prime eccellenti.
Uovo di quaglia, piselli, pecorino, guanciale. Il pecorino è di un’intensità disarmante, quando crediamo la sua immensa potenza si sia esaurita, ecco arrivare la dolcezza del guanciale e l’amaro dei piselli. Artiglieria pesante!
Riso carnaroli “Riserva San Massimo” al rosmarino, scampi, limone e capperi. Ben bilanciato, con il limone concepito in una delicatissima crema rispetto al solito, acido, succo. I capperi sono aggiunti fritti, durante l’impiattatura. Un buon risultato, che non raggiunge l’eccellenza a causa di una scelta di cottura che porta a perdere la definizione sensoriale del singolo chicco.
Mezzi paccheri “Gerardo di Nola”, ricotta di bufala, ragù napoletano. Il sugo è di un’intensità estrema, così come il suo colore. La cottura della pasta millimetrica, al dente. La carne, morbidissima. La ricotta, appagante, così come l’intero piatto, aristocraticamente di pancia.
Tortelli cacio, pepe ed erbapepe. Da gustare in un sol boccone. L’aspettativa è di un’unica, violenta, botta di sapore. Effettivamente questa è la prima impressione, col cacio che invade la bocca ed il naso. Ma ecco emergere prima il pepe, poi l’impasto, infine l’erbapepe con la sua nota acida. Un piatto one-byte in quattro tempi, magistrale.
Linguina integrale bio “selezione gentile”, amatriciana, limone candito. La linguina è bollita nell’acqua sgocciolata dalle cipolle, utilizzate in molti piatti qui al Vun. Questo permette allo chef di concentrare la preparazione, escludendo il soffritto di cipolla. Ecco così i sapori definirsi ancor di più, fino a rendere questa piccola spirale di pasta il piatto della serata.
Baccalà, pizzaiola disidratata, olive verdi. Una portata ben studiata, ma che in fondo non lascia il segno, forse anche perchè arrivata appena dopo un capolavoro.
Maiale nero di Nebrodi, radicchi di campo, provola affumicata, crema di provola e peperoncino. In sostituzione su nostra specifica richiesta all’onnipresente piccione, previsto dal menù. Saggia scelta, goloso, al di la delle più rosee aspettative!
Esce lo chef, portando scenograficamente con sé un’intensa nebbia al limone.
Intensità di limone. Un reset per il palato.
Il dessert: gianduia e lamponi. Leggero e delicato, attributi molto graditi vista l’abbondanza della cena, tuttavia poco incisivo e personale. In fin dei conti, una portata non così indispensabile per il godimento del percorso.
Pasticceria, su cui spicca un tiramisù in sfera, una esplosione godereccia per concludere. Da segnalare anche la tisana di menta e lavanda fresche.
Un percorso gioiglorioso, in cui lo chef ha dato prova non solo di saper creare piatti straordinari (come la Caprese e l’Amatriciana), ma di mantenere un livello altissimo per tutte le portate, senza gravi errori e cadute. La mano è ferma, il terreno calpestato è solido. I piatti sono complessi, pensati, bilanciati, ma sempre di facile lettura, e possono essere goduti anche dai meno avvezzi alla cucina d’autore, o dai meno esperti di cucina Italiana (penso ai numerosi stranieri). Allo stesso tempo soddisfano anche i palati più raffinati, dando un senso di profonda semplicità, infiniti in cui perdersi ad ogni assaggio.
Lo chef ha ben chiare le radici della cucina tradizionale Italiana, si percepisce lo studio e la volontà di evolverle, creando oggi la tradizione di domani.
Da segnalare il servizio, nel nostro caso da parte di Francesco, molto attento, professionale ma anche giovanile e cordiale. Il prezzo, onesto per l’esperienza, risulta leggermente sopra la media, ma d’altronde siamo letteralmente a due passi dalla Galleria nel contesto di un hotel d’eccellenza internazionale.
Un indirizzo di assoluto riferimento Italiano, una stella (perchè solo una?) che brilla luminosa nella città dell’Expo.
Chef: Andrea Aprea
Menù “Viaggiando fra Nord e Sud” di 11 portate: 150€ bevande escluse
Ristorante VUN c/o Hotel Park Hyatt
Via Silvio Pellico, 3
20121 Milano
Foto di Luca Fontana