Chianti classico: dieci etichette da non perdere alla Botte di Casagiove di Massimo Castellani
di Teresa Mincione
Trecento anni e non sentirli. Il 2016 è stato l’anno in cui il Chianti Classico ha spento trecento candeline virtuali. Tre secoli di storia parlano di un vino straordinario che ha saputo esprimere personalità e qualità già dagli albori. Un vino rinomato quanto controverso che trova oggi pieno riconoscimento in ogni parte del globo. Un territorio, la Toscana. Un simbolo, il gallo nero. Un nome, Chianti Classico.
A Casagiove, all’Enoteca la Botte di Enzo Ricciardi, la storica voce di Massimo Castellani, vera e propria autorità in materia (Sommelier Professionista nonché Delegato Ais di Firenze, Relatore Ais, punto di riferimento dell’area didattica nazionale) ha guidato alla scoperta di quell’area vitivinicola tra le più belle al mondo. Vocata per il clima, per diversità d’altitudine e per la tipologia di terreno (Alberese e Galestro) trova nelle città di Siena e Firenze le sue roccaforti. Non solo un viaggio virtuale tra i filari toscani, tra dieci aziende ed i loro vini, ma ancor più un percorso delineato sul volto del Sangiovese. Forse sarebbe più corretto parlare di volti o di espressioni. Un unico terroir che trova una sua (diversa) declinazione a seconda dell’intreccio di poliedrici fattori fattori.
Con un salto al passato, vanno sfogliate le pagine della storia fino al 24 settembre del 1716, quando il Granduca Cosimo III de’ Medici decise di scandire con un bando i segmenti di territorio particolarmente vocati per la produzione di vini di alta qualità.
“Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Vald’Arno di Sopra”, era il suo titolo. L’area più estesa era proprio il territorio compreso tra le città di Firenze e Siena in cui nasceva l’omonimo vino Chianti (oggi Chianti Classico). Un territorio che già allora era sinonimo di grande potenzialità e successo, tanto da portare il nobile Granduca all’idea di proteggerlo e tutelarlo.
Ai primi del XX secolo, quando la notorietà del vino Chianti andava aumentando di anno in anno e il territorio di produzione non riusciva più a soddisfare la crescente richiesta nazionale e internazionale, si iniziò a produrre al di fuori della zona del Chianti delimitata nel 1716, denominandolo ugualmente “Chianti” o “vino prodotto all’uso del Chianti”.
Nel 1924, fu fondato il “Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti e della sua marca d’origine”. Il simbolo scelto fu il Gallo Nero, storico emblema dell’antica Lega Militare del Chianti, riprodotto fra l’altro dal pittore Giorgio Vasari nella sua “Allegoria del Chianti” proposto sul soffitto del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.
Fu nel 1932, attraverso uno decreto ministeriale, che si aggiunse il suffisso “Classico” per distinguerlo dal Chianti prodotto nella zona di origine. Da allora il vino Chianti è quello prodotto al di fuori dell’area geografica chiamata “Chianti” (in diverse zone che si aggiungono spesso al nome: Chianti Rufina, Chianti Colli Senesi, Chianti Colli Aretini, Chianti Colli Pisani), mentre il Chianti Classico è il vino prodotto nella zona di origine chiamata “Chianti”. Ben settantamila gli ettari che ogg comprendono per intero i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e in parte quelli di Barberino Val d’Elsa, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi, San Casciano in Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa. Un paesaggio che a occhio nudo emoziona per i suoi scenari e colori. E’ meraviglioso passeggiare tra quegli scorci che disegnano un abbraccio tra vigneti (oltre 7.000 ettari iscritti all’Albo della D.O.C.G. produzione di Chianti Classico) e oliveti. Eppure, il consumatore (e non solo) inciampa nella confusione tra le due diverse DOCG: Chianti Classico e Chianti. Quello che a prima lettura sembrerebbe “solo un suffisso” è, in realtà, l’elemento distintivo. Due DOCG differenti, con un disciplinare, una zona di produzione e un Consorzio di tutela diverso.
Il Chianti Classico viene prodotto con uve Sangiovese per almeno l’80% (ma ci sono produzioni che lo adottano anche in purezza) la restante percentuale può esser composta da altri vitigni, esclusivamente a bacca rossa, autoctoni, (come Canaiolo Nero e Colorino) o vitigni internazionali come il Merlot e il Cabernet Sauvignon. E’ questione di stile.. I rigoristi (o classici che a dir si voglia) “disegnano” un Sangiovese in purezza, gli Internazionalisti fanno uso di Sangiovese in blend con Merlot o Cabernet S.
Altro aspetto da non sottovalutare è poi l’uso del legno. C’è chi è fedele al tonneau e chi utilizza barrique (di primo o secondo passaggio). Utilizzare Sangiovese in purezza o no, scegliere l’utilizzo della botte grande o piccola contribuisce a creare quella che molti chiamano “firma del produttore”. Un’impronta di riconoscibilità che fedelizza il cliente e soprattutto il mercato. Il segreto è lasciar sempre parlare il territorio e il suo vitigno lasciando a margine i gusti schizofrenici del mercato. C’è chi sceglie questa strada e chi invece segue quel motto che dice l’argent fait la guerre. Il Chianti Classico non è solo tradizione e storia, è anche innovazione. Oggi, per la prima volta nella legislazione vitivinicola italiana è stata introdotta una nuova tipologia di vino posta al vertice della piramide qualitativa di una denominazione. La Gran Selezione. E’ la prima volta che una rivoluzione normativa di così ampia portata viene conseguita grazie alla collaborazione degli stessi produttori (circa 600 soci del Consorzio). Il Chianti Classico è la prima denominazione in Italia a puntare verso l’alto e a decidere di valorizzare il tutto partendo dalle sue eccellenze qualitative stratificando verso l’alto l’offerta enologica del territorio. Commenti a parte, cos’è una Gran Selezione? Null’altro che un vino prodotto da uve di esclusiva pertinenza aziendale, coltivate nei vigneti più vocati, commercializzato solo dopo un invecchiamento minimo di 30 mesi e con un periodo obbligatorio di affinamento in bottiglia. Bando alle chiacchiere, dieci i calici in degustazione. Il Sangiovese, vitigno poliedrico quanto unico, ha mostrato, in ciascuna di esse, la sua natura camaleontica e versatile, capace di assumere forme e voci diverse.
Ai calici..
- Antinori – Gran Selezione Badia a Passignano 2011
(100% Sangiovese)
Un calice prodotto esclusivamente dalla selezione delle migliori uve provenienti dall’omonima proprietà situata nella zona del Chianti Classico. La Badia di Passignano, attorno alla quale si trovano i vigneti, è una delle più belle abbazie fortificate della zona ed è rinomata per la produzione vinicola dall’anno mille. La famiglia Antinori acquistò gli ettari di terreni attorno alla Badia (che è di proprietà dell’ordine dei monaci Vallombrosani) nel 1987 e da allora ha in uso le splendide cantine del monastero.
Il millesimo: la stagione autunno-invernale è stata caratterizzata da un andamento climatico piovoso e rigido. Negli ultimi giorni del 2010 si sono verificati fenomeni nevosi, seguiti da giornate fredde. I primi mesi dell’anno sono stati per contro asciutti e l’inizio della primavera mite, tanto da scongiurare ritorni di freddo. Il clima mite è proseguito anche nei primi giorni di aprile portando ad un anticipo del germogliamento delle viti di circa 10 giorni rispetto alla media storica. La stagione vegetativa è stata molto favorevole, con poche piogge e temperature miti, per arrivare al mese di luglio in cui si sono riallineate le fasi fenologiche delle viti. A partire dalla prima decade di agosto le temperature sono aumentate fino ad oltre metà settembre provocando un piccolo arresto nel processo di maturazione. La raccolta è iniziata il 27 Settembre e terminata nella prima settimana di Ottobre.
Vinificazione e affinamento: dopo la diraspatura gli acini sono accuratamente selezionati e successivamente pigiati in maniera soffice. La fermentazione alcolica si è realizzata in circa 10 giorni, a seguito dei quali i vini sono rimasti in macerazione con le bucce per ulteriori 10-12 giorni. Dopo la svinatura, sono stati immediatamente immessi in barriques per andare incontro alla fermentazione malolattica, decorsa in maniera spontanea. Dopo il travaso, i vini hanno affrontato il periodo di affinamento in barriques di rovere ungherese da 225 lt, 300 lt e 500lt per un periodo di circa 18 mesi. Il vino è stato quindi imbottigliato ed ha proseguito la sua maturazione in bottiglia.
Rubino tendente al granato. Al naso refoli di frutta matura. Ciliegia, ribes rosso, arancia sanguinella. L’uso del legno si avverte nelle note dolci, vanigliate e tostate ma è perfettamente calibrato e mai coprente (anche al gusto). Nel roteare le note di grafite, cacao amaro e caffè arricchiscono il volto del vino. La traccia balsamica affiora lentamente e percorre tutto il calice. Liquirizia, violetta, menta, dattero, tabacco dolce, noce. Un calice di grande personalità ma dal perfetto self control. Al gusto è lussuoso e gustoso. Ritornano i sentori di cacao amaro e arancia sanguinella. Il tannino è setoso. Buona la spalla acida e notevole la persistenza. Che dire? Preciso, coerente e di grande personalità. Un naso che intriga e una bocca che racconta e ammalia.
- Fattorie di Lamole – La Lama della Villa 2012
Lamole è una piccola frazione del comune di Greve che affaccia sulla vallata dell’omonimo torrente e della quale, con la sua altitudine di 600 metri s.l.m., offre un paesaggio di struggente e infinita bellezza. Protetta a nord dal monte San Michele e aperta a ovest alle miti brezze tirreniche, regala alla viticoltura un microclima eccellente e non stupisce che i suoi vini fossero già riconosciuti e celebrati nei testi dei secoli scorsi. Questo calice nasce dall’impegno della famiglia Socci dagli anni ’20 legata alla piccola cittadina di Lamole. Nel 1924 Carlo Socci fu uno dei fondatori del Consorzio del Chianti Classico. La Fattoria di Lamole, oltre 200 ettari complessivi dei quali 16 a vigneto, è di proprietà di Paolo dal 2003 che ha intrapreso un complesso progetto di recupero dei vigneti storici e di restauro dei terrazzamenti che hanno caratterizzato la viticoltura di Lamole.
Un vino che è da sempre il proverbiale bicchiere di qualità
Rubino trasparente. In apertura rivela immediatamente una portata aromatica particolare. Il bouquet verte su sentori speziati e fruttati. Liquirizia, pepe nero in grani, chiodi di garofano, noce moscata, curcuma. L’ematico e il ferroso sopraggiungono nel lento roteare. Tulipano, rosa canina e timo in chiusura. Al sorso conserva la ricchezza tattile promessa dagli aromi, mixando nel giusto modo il tannino levigato (seppur di impatto) la sapidità e la freschezza. Buona persistenza e acidità.
- Castello Vicchiomaggio – Gran Selezione La Prima 2013
(Chianti Classico Gran Selezione – 90% Sangiovese, 10% Merlot)
Le origini del Castello Vicchiomaggio, inizialmente denominato Vicchio dei Longobardi, risalgono all’incirca al 1400 come riportato su alcune antiche pergamene ancora oggi conservate. La sua ubicazione in cima ad una collina dominante tutta la Val di Greve – a soli 18 km da Firenze e 38 da Siena – si è rivelata nel corso dei secoli una posizione altamente strategica.
Successivamente, all’originario nome Vicchio fu posposta la parola Maggio, a ricordo delle maggiolate del Calendimaggio. Una delle personalità che vi soggiornò fu Leonardo proprio nel periodo in cui stava dipingendo il suo capolavoro, la Monna Lisa, ne trasse un disegno maestoso e imponente che ritroviamo ancora oggi fra le sue carte personali.
La Prima è il nome del vigneto di 2,2 ettari piantati a Sangiovese a 250 s.l.m. e costituito in buona parte da argilla pesante.
Vinificazione e affinamento: la vinificazione è avvenuta in piccole vasche di acciaio inox (da 50 hl) che garantiscono il massimo contatto delle bucce con il mosto, per un periodo di circa 15 giorni. Affinato per 18 mesi in barrique francesi nuove da 225 e 8 mesi in bottiglia prima della commercializzazione.
Rubino. L’impatto parla di sentori croccanti e fruttati. Ciliegia, marasca, mora, ribes. Un frutto maturo che conserva la propria freschezza. La componente floreale si aggiunge lentamente. Rosa canina, violetta. A seguire note terrose e speziate. Il cuore è balsamico. All’assaggio rappresenta l’espressione più classica del vino treviggiano. Il tannino è sottile e ben calibrato. Buona l’acidità accompagnata da una piacevole sapidità.
Un vino facile, discreto, garbato. Sottile in ingresso più ampio nel finale.
- Castello di Monsanto – Riserva 2013
(90%Sangiovese, 10% Canaiolo e Colorino)
Un calice che nasce da una selezione di uve provenienti dai vigneti che si ritengono più adatte all’affinamento in botti grandi da 50hl. Composto per la maggior parte da Sangiovese con una piccolissima percentuale di Canaiolo e Colorino.
Vinificazione e affinamento: viene vinificato in acciaio per circa 18 giorni. Trascorre 12 mesi in botti di rovere di Slavonia da 50 hl. e infine vive un ultimo periodo di affinamento di tre mesi in bottiglia.
Un calice che rappresenta la storia. I vini di Monsanto sono caratterizzati da due elementi che altro non sono che un passaporto per il futuro: acidità e sapidità.
Rubino. Il bouquet è intriso di tracce floreali carnose. Rosa canina, gerbera. Seguono note ematiche e refoli di ruggine. Completamente diverso dai precedenti per sentori e per essenza. Terra bagnata, sigaro, tè nero, pasta d’acciuga, arancia amara. Al palato è il più fresco di tutti. Declinato in acidità, freschezza e sapidità. Il tannino ha una giusta cadenza che correda il sorso senza mai prevaricare. Sapido e persistente.
- Castell’in Villa – Riserva 2009
(Sangiovese 100%)
Castell’in Villa è un piccolo e antico borgo medioevale, che si trova nel comune di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena, nel meraviglioso paesaggio delle colline del Chianti. Le origini risalgono addirittura al 1200, quando era un comune del territorio controllato da Siena. Oggi la tenuta si estende su una superficie complessiva di 298 ettari, di cui 54 coltivati a vigneti e 32 a uliveto. Il resto del territorio è coperto da un grande bosco secolare, che assicura un ambiente incontaminato e una grande biodiversità. Alla guida della proprietà c’è la Principessa Coralia Pignatelli, che abita proprio nella torre del vecchio borgo. I vigneti di Castell’in Villa sono coltivati quasi esclusivamente a sangiovese, il vitigno autoctono del territorio. La produzione è legata alla tradizione secolare, con grande attenzione alla qualità delle uve, con macerazioni medio-lunghe e affinamento in legno.
Vinificazione e affinamento: Il vino è assemblato e affinato in tonneau per 2-3 anni.
Rubino luminoso. Un calice di 7 anni che nulla concede al tempo, neanche nel colore.
Il profumo del Sangiovese nella sua intima essenza. Un vino di terra e di vigna.
Un bouquet eterogeneo racconta il territorio dove nasce. Refoli di Sottobosco, sigaro toscano, china, fungo crudo, humus. Assente ogni traccia di legno. Ad ogni olfazione offre un racconto. La tostatura è il tempo. I sentori di frutta sotto spirito si uniscono a quelli di cannella, chiodi di garofano, bacche di pepe nero. Un vino giovanissimo che dopo 7 anni racconta la sua storia e la sua personalità che nascono dal suo territorio. E’ sospeso nel tempo e nobile nell’essenza. Al palato riempie la bocca. Ogni sentore trova la sua corrispondenza nel sorso. Di volume. Infinito dal tannino preciso. Una sinfonia di movimenti eleganti e precisi. Buona spalla acida. Chiusura sapida e di enorme persistenza.
- Castello d’Albola – Gran Selezione Il Solatio 2013
(100% Sangiovese)
Il pendio scosceso e roccioso, chiamato Solatio per la sua esposizione a sud-est, che, a una altitudine 600m slm sovrasta il Castello di Albola, è caratterizzato da un terreno esclusivamente costituito da frammenti di roccia – Galestro e Alberese – particolarmente permeabile e a bassa fertilità. L’esposizione è a sud- est.
Vinificazione e maturazione: il mosto ottenuto da uve Sangiovese in purezza è stato sottoposto ad una vinificazione in rosso semplice e tradizionale che prevede una macerazione di 3 settimane in presenza delle bucce e dei vinaccioli. Completata la macerazione e la fermentazione malolattica il vino è stato posto a maturare in barrique di rovere di Allier per 14 mesi. È seguito un lungo affinamento in bottiglia. Il connubio territorio e tradizione ha consentito di ottenere la vera espressione del Sangiovese di Radda. Un vino di grande finezza e personalità.
Rubino luminoso. In apertura spiccano le note floreali e fruttate. Rosa canina, arancia sanguinella, marasca. Il roteare regala una sottile traccia di basilico, nota ematica e ferrosa. Pentolata in chiusura. All’assaggio si presenta austero e di grande eleganza. Di grande freschezza e sapidità. C’è chi lo ha paragonato ad uno Gevrey Chambertin borgognone. Femminile e elegante.
- Barone Ricasoli – Gran Selezione Castello di Brolio 2013
(90% Sangiovese, 5% Cabernet Sauvignon, 5% petit Verdot)
Un calice che arriva direttamente da Gaiole in Chianti. Il Castello di Brolio nasce dalla massima selezione delle migliori uve di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot distribuite sui 235 ettari di vigneto di proprietà ad un’altitudine compresa tra i 250 e i 450 metri s.l.m.. L’ esposizione è sud/sud-ovest. L’elevato contenuto in scheletro, le perfette esposizioni e le ottimali altitudini dei suoli identificano la tipicità di questo vino.
Millesimo: L’autunno e l’inverno sono stati tra i più piovosi degli ultimi anni. I terreni sono rimasti intrisi di acqua garantendo una buona riserva idrica. La vera primavera è iniziata ad aprile, al termine delle piogge e all’arrivo di temperature con medie giornaliere decisamente alte. Terreni ricchi di acqua, temperature elevate, irraggiamento solare hanno permesso ai grappoli di formarsi uniformemente.
L’estate è trascorsa con valori nella media, temperature estive di giorno, ma abbastanza basse di notte che hanno permesso una perfetta maturazione delle uve sia sotto l’aspetto tecnologico sia polifenolico. Una vendemmia di qualità, con uve sane e perfettamente mature. Caratteristiche della 2013 sono l’intensità di colore e la pronunciata struttura. Del Cabernet ne parla il colore impenetrabile e l’aromaticità pronunciata mentre il Petit Verdot conferisce ( al Sangiovese) un tono vellutato e rotondità.
Vinificazione e Maturazione: fermenta e macera sulle bucce in acciaio inox a temperatura controllata di 24-27°C, per 14-16 giorni. Dopo la svinatura e la fermentazione malolattica in acciaio, affina per 21 mesi in barrique e tonneau francesi di cui nuove il 20%.
Granato vivace. Si apre con sentori terziari. La nota fruttata parla di note scure di prugna secca, noce, castagna. Ad una olfazione più profonda echi di polvere di caffè, cioccolato al gianduia. Piccole note dolci si riconducono alla sosta in piccoli legni. All’assaggio il Merlot si dichiara senza veli rendendo il sorso meno scontroso. Scalpita, di grande personalità.
iI sentori erbacei, invece, svelano la presenza del Cabernet. Tannino irruente. Poco allineato tra naso e bocca. La traccia balsamica correda il sorso.
Uno stile tutto internazionale anche nel finale.
- Castello di Ama – Gran Selezione San Lorenzo 2013
(Sangiovese, Merlot, Malvasia Nera)
Un calice che prende il nome da una splendida vallata e piccolo borgo arroccato sulle colline toscane che, fin dal XIV secolo, ha visto fiorire l’attività agricola, con la produzione vitivinicola che era all’epoca curata da un gruppo di famiglie. Siamo a Gaiole in Chianti (versante più occidentale) dove, negli anni ’70 del secolo scorso, alcuni soci hanno creato l’azienda Castello di Ama, accollandosi la sfida di riportare Ama agli splendori del passato, producendo un Chianti degno di competere a livello internazionale con i grandi vini. Lorenza Sebasti e Marco Pallanti oggi gestiscono un’azienda che conta circa ottanta ettari di vigneto e produce una gamma di etichette dalla qualità eccelsa, riconosciuta in tutto il mondo. Una splendida vallata – quella di San Lorenzo – su cui si affacciano alcuni dei migliori vigneti della zona del Chianti Classico: viti appartenenti a vecchi impianti, da cui sono raccolte le uve per ottenere questa Gran Selezione del Castello di Ama.
Maturazione: matura per un anno in barrique.
Il millesimo ha visto un inizio anno freddo e perturbato con innalzamento delle temperature solo a inizi di Marzo. Maggio al di sopra delle medie stagionali. Un’estate calda con scarsità di piogge.
La vendemmia manuale ha visto la scelta delle diverse varietà fatte fermentare in vasche d’acciaio ad una temperatura intorno ai 32° C. Fermentazione malolattica. Dopo l’assemblaggio il vino è passato in barrique di primo e secondo passaggio. Affina per 12 mesi.
Rubino intenso. Un vino che nel bene e nel male è uguale a se stesso. Diverso da tutti gli altri. Il primo vino Chianti Classico con indicazione della vigna. La Malvasia Nera utilizzata non è un’uva aromatica ma addirittura riporta similitudini con il Tempranillo.
Un vino forzuto e di carattere. Un naso particolare e leggermente fruttato. Carne cruda, selvatico, selvaggina, carne, ferro, balsamico, foglia fermentata. In bocca sbalordisce poiché è del tutto diverso da come si era mostrato all’olfatto. L’idea di Ama era realizzare un Sangiovese che non assomigliasse al Nebbiolo o ad un Pinot Noir. L’ispirazione è stata Bordolese. Parla di note di Pomerol e in bocca è un Sangiovese Bordolese. Chiude balsamico legno do cedro. Si avverte l’impronta Bordolese.
- Fèlsina – Riserva Rancia 2012
(Chianti Classico Riserva DOCG – Sangiovese 100%)
Cantina simbolo non soltanto del Chianti Classico ma di tutta la Toscana. Situata nel cuore della regione, venne fondata nel 1966 dalla famiglia Poggialli. In un momento di difficile esistenza per la viticoltura italiana Domenico Poggialli scelse di investire sul futuro del territorio e sulla qualità del suo vino. Assieme al figlio hanno modernizzato la conduzione della campagna senza abbandonare lo spirito della tradizione, introducendo, oggi, sperimentazione in melius (biodinamica) alle più moderne tecnologie.
Siamo a Castelnuovo Berardenga, al confine meridionale di quel Chianti Classico che da lontano guarda verso Montalcino, luogo magico che dà alla luce alcuni dei più vini più vibranti della Denominazione. Il vigneto Rancia prende il nome dall’antico podere che sorge in corrispondenza di un preesistente monastero benedettino. Si tratta di un appezzamento situato nella parte più alta e nobile della zona del comune di Castelnuovo Berardenga, il confine più meridionale della denominazione del Chianti Classico. È qui che nasce questo grande cru toscano, vino che non ha bisogno di presentazioni tale è la sua fama. Il Chianti Classico Riserva DOCG “Rancia” di Fèlsina è un sangiovese in purezza di grande espressività.
Rubino luminoso. Un naso di grande imprinting dalla vena scura, balsamica e speziata. Il bouquet parla di sentori di piccole spezie dolci, con echi di bacche di pepe nero, chiodi di garofano, alloro, timo, ginepro. I sentori di frutta compaiono sotto le note di ciliegia sotto spirito. Radice e tabacco. L’assaggio è potente ed elegante. Il tannino è voluminoso ma fine. Si allunga senza mai coprire l’assaggio. Fontodi e Felsina portano la firma di Barnabei ma presentano due anime assolutamente diverse. Un vino che ha dinanzi a se una vita, ma che si fa fatica a non aprire.
- Fontodi – Gran Selezione Vigna del Sorbo 2011
(90% Sangiovese, 10% Cabernet Sauvignon)
A Panzano, nel comune di Greve, nella vallata che si schiude a sud del nucleo cittadino, nota al mondo come la “Conca d’Oro”, c’è Fontodi. Nel cuore del Chianti Classico, dalla fine degli anni sessanta, è leader del settore vitivinicolo dell’ Italia settentrionale.
Arrivare a Fontodi significa visitare una campagna dove la natura si delinea tra boschi di roverella, carpino nero e castagno. Giovanni Manetti, titolare dell’azienda e vice presidente del Consorzio del Chianti Classico, ha voluto, assieme a Franco Barnabei, enologo di fama mondiale, strutturare Fontodi come un microcosmo. Un ecosistema in assoluto rispetto della natura. L’azienda è biologica certificata, con un patrimonio pari a 170 ettari, 80 dei quali coltivati a vigneto. Naturalità e sostenibilità, i due fari che guidano i lavori quotidiani in vigna. Nessun utilizzo di prodotti chimici di sintesi. Valorizzazione massima delle risorse interne all’azienda. Una storia di scelte e distacchi, quella della famiglia Manetti. Lo sguardo si sposta lungo i filari. L’ anfiteatro naturale della conca, culla tutte le vigne di proprietà. Il suolo calcareo- galenico, l’elevata altitudine (350-500 mt s.l.m.), la possente luminosità (favorita dalle esposizioni principalmente a sud), un microclima caldo, asciutto, valorizzato dalle profonde escursioni termiche, hanno contribuito a rendere questo micro ecosistema una risorsa d’oro. Le vigne sono interamente inerbite con piante d’orzo a filari alterni. Lo scopo è un miglior drenaggio del terreno, una limitare vigoria della pianta, evitare la rifrazione dell’acqua e la conseguente insorgenza di malattie infettive (peronospora). La fertilizzazione dei vigneti è curata con il compost di produzione propria. Una bomba naturale ottenuta dall’ unione dei residui di potatura ed il letame proveniente dall’allevamento di chianine proprietà Fontodi.
Vinificazione e maturazione: fermentazione spontanea con lieviti indigeni. Macera in vasche di acciaio inox con follatori e controllo termico per oltre 3 settimane.
Rubino intenso. Un calice potente e determinato. Noir nelle note tostate e nella spaziatura che ricorda le bacche di pepe nero e il tabacco da pipa. A Panzano il Sangiovese diventa più profumato e colorato e in unione al Cabernet acquista una vigoria nerboluta. Alloro, eucalipto, ginepro. Le note fruttate arrivano lentamente. Arancia sanguinella, marasca matura, mora, cassis, dattero. La traccia ematica arricchisce il bouquet e si unisce alla ferrosa. Delicatissimi refoli di vegetale fanno parlare l’anima del Cabernet. Al palato è elegante! Un tannino perfettamente integrato sposato con una spalla acida memorabile. Elegante, potente, sapido e persistente. Buona chiusura di bocca. Il miglior incontro tra Alberese e Galestro è Panzano. In un lungo roteare al naso arrivano le note di polvere di caffè, funghi, corteccia, creme brulee. Una personalità invidiabile che chiama al riassaggio anche grazie alla traccia balsamica che ritorna. La firma è del Sangiovese ma Giovanni Manetti e Barnabei sono le sue firme d’autore.
Ogni calice una personalità diversa. Una tempra unica e significativa. Dieci voci, ciascuna a proprio modo hanno rapito l’olfatto. Unico il fil rouge: il terroir. Come diceva Galileo Galilei: “Il vino è come il sangue della terra, sole catturato e trasformato da una struttura così artificiosa qual è il granello d’uva, mirabile laboratorio in cui operano ordigni, ingegni e potenze congegnate da un clinico occulto e perfetto. Il vino composto di umore e luce per cui virtù e ingegno si fa illustre e chiaro, l’anima si dilata, gli spiriti si confortano e l’allegrezze si moltiplicano” .