Metodo Classico VSQ extra brut Grillo 2009 Terzavia / Voto 92/100
di Carmelo Corona
Uve: grillo 100%
Prezzo in cantina: 13 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio, legno e vetro
Colore: 5/5 Naso: 28/30 Palato: 26/30 Non Omologazione: 33/35
Grillo e zibibbo costituiscono senza alcun dubbio i vitigni a bacca bianca nei quali si può identificare la provincia più “vigneron” d’Italia. E se cercate un’azienda agricola che abbia davvero sposato la causa in favore di queste due straordinarie cultivar autoctone, allora è giocoforza venire a Marsala, in C.da Fornaia Samperi. Dopo la prematura scomparsa del grande Marco De Bartoli, è confortante vedere come i tre figli, Renato, Sebastiano e Josephine siano, d’amore e d’accordo, saldamente in sella all’azienda di famiglia, segno che il passaggio generazionale, processo sempre molto difficile e delicato, qui ha attecchito bene. Come un ceppo di vite che, dopo decenni, diventa parte inscindibile del terreno in cui è piantato e di un più complesso terroir.
Simpatico ed ironico, con quell’aria da bambino intelligente e faceto, Renato De Bartoli inizia il suo tour aziendale mostrandoci subito una vigna impiantata a grillo, di circa 20 anni e coltivata, su terreno di tipo sabbioso-calcareo, a Guyot “basso”, una forma di allevamento che, a suo dire, può per certi versi considerarsi una sorta di buona approssimazione dello storico alberello marsalese, oggi praticamente scomparso. Mentre osservo le piante e tiro qualche scatto ci spiega che si tratta di un vitigno facilmente soggetto a problemi di tipo fitosanitario e che predilige quindi sesti d’impianto piuttosto larghi.
Rigorosamente “siccagne” (come si dice in Sicilia), le vigne non godono dunque di alcun intervento irriguo: “Se lo abitui all’irrigazione – afferma – sei fregato, non potrai più tornare indietro”, questo per spingere la pianta ad andare in profondità, per assimilare così quella accattivante mineralità che caratterizza i vini della sua nuova linea: Terzavia. Le rese sono ovviamente molto basse, non superano infatti i 2 kg/pianta. Nel mostrarci le ultime vigne di uve a bacca nera che verranno espiantate nei prossimi mesi, ci spiega il suo progetto di puntare ormai solo su uve autoctone a bacca bianca. Il vitigno grillo, negli ultimi 20 anni, nelle mani di molti produttori illuminati come lui, si è dimostrato una varietà davvero singolare, versatile e dalle grandi potenzialità.
Storicamente legato alla produzione del Marsala (oggi prodotto dalle grandi case soprattutto dal catarratto) si è ormai svincolato da questo retaggio storico dando vita a bianchi di varia tipologia. Quella di De Bartoli è una viticoltura evoluta, non in senso tecnologico, ma culturale. Il rigoroso rispetto dell’ecosistema e dei ritmi della Natura è il suo monito, enfatizzando l’importanza del fondamentale contatto manuale con la terra e la pianta. Le uve vengono vendemmiate manualmente e solo a raggiungimento della maturità fenolica. Per il resto, non gli interessano quelle classificazioni di cui si fa oggi un gran parlare (come naturale, biologico o biodinamico) bensì i concreti risultati del suo appassionato e certosino lavoro. Mentre ci apprestiamo ad entrare in cantina, ci spiega che dal prossimo anno i vigneti verranno concimati con il sovescio e che in vigna non si fa assolutamente alcun impiego di agenti chimici e/o sistemici. Conoscendo bene il motivo principale della mia visita, i suoi occhi si accendono di gioia quando ci mostra con orgoglio le pupitre dove opera il remuage delle bottiglie prima della sboccatura della sua ultima creatura, realizzata con un metodo classico che lui stesso definisce “ancestrale”.
Il vino base, un grillo in purezza, fa 12 mesi in tonneaux ed altri 12 (minimo) in vetro (sur lie) che possono diventare 13, 15 o 18 a seconda del lotto di sboccatura.
La sua idea di metodo classico parte da un ragionamento ben preciso: la maggior parte delle basi spumante prodotte per il metodo classico dalle varie aziende (comprese le grandi maison della Champagne) sono, per la maggior parte, il risultato di rigorose “fermentazioni sul pulito”, spinte microfiltrazioni, ed altri interventi enologici che portano alla fine a basi spumante decisamente snaturate, mortificate da tutti i punti di vista. Da qui la scelta (obbligata!) da parte dei produttori di prolungare l’affinamento sui lieviti per conferire al prodotto quelle sfumature e caratteristiche di complessità che vengono normalmente ricercate in una bollicina da metodo classico. Il mosto che da origine al suo vino base non subisce filtrazioni di alcun genere e viene fermentato con l’ausilio dei lieviti naturalmente presenti. Varcando l’ingresso della bottaia storica dell’azienda il cuore sussulta: la suggestiva vista delle grandi botti usate per la maturazione del Marsala è sempre emozionante… Avverti, con l’emozione di uno scolaretto, il rispetto dovuto al paziente lavoro del tempo… Ci accomodiamo in sala degustazione e Renato ci concede alcuni piacevoli escursioni sensoriali: un catarratto in purezza del 2010, un bianco pronto e beverino, dal timbro moderno, piacevolmente sapido e minerale; una vera chicca: uno strutturato e rassicurante perricone in purezza, spillato direttamente da una grande botte di castagno, prevalentemente caldo e morbido, ma dalla evidente trama vibrante, dal grande potenziale evolutivo. Eppoi, finalmente, è la volta del suo metodo classico extra brut da uve grillo. Il primo impatto con il calice è per certi versi disorientante, stimola curiosità, avverti subito la sostanziale differenza che passa con un metodo classico elaborato con i soliti metodi e vitigni. Il perlage, finissimo e persistente si esprime in tutta la sua spettacolare luminosità, mentre il naso affonda per cercare di cogliere, di afferrare… Ed ecco affiorare dei fiori di zagara che, su un distinto sfondo agrumato lasciano, dopo qualche minuto, spazio a descrittori più complessi che sembrano ricordare cioccolato al latte, amarena, note eteree di vernice con punte balsamico-aromatiche ed erbacee. Dopo meno di cinque minuti, l’evoluzione aromatica è sorprendente e prende il sopravvento uno sfondo di velata morbidezza su cui si innestano delle piacevoli sfumature di datteri e fichi secchi, di confettura (agrumi, mela cotogna) e gelo di Marsala. La proverbiale freschezza avvertita inizialmente a naso trova forte corrispondenza in una bocca decisa, sapida, dalla stupefacente e godibilissima vena acidula. Si conferma, tralaltro, quel gradevole sfondo agrumato e minerale, che prevale in modo netto, sostanziale. Buona la persistenza finale. L’aggiunta di solo mosto fresco quale liqueur de tirage, costituisce la scelta innovativa e controcorrente voluta dal giovane produttore per mantenere integra l’espressività della cultivar. Mentre affondo il naso nel calice, mi piace osservare la chiarezza informativa della controetichetta, trasparente ed esaustiva nei contenuti. Sono dettagli, questi, che ammiro e lodo, in un produttore, perché espressivi dell’amore per il suo lavoro e del rispetto verso l’utente finale. Nel 2008, la prima annata di questa bollicina, sono state prodotte solo 1000 bottiglie. Poi 3000 nel 2009 e 6000 nel 2010. Il 2011 vedrà crescere la produzione con circa 13000 bottiglie.
Terzavia è un brand innovativo, espressione di quella che è effettivamente la terza società del gruppo De Bartoli ma nella fantasia di Renato e dei suoi fratelli vuole rappresentare soprattutto un modo alternativo di fare vino partendo da particolari selezioni di uve e metodi naturali. Ancora, costituisce, curiosamente, il terzo modo di proporre, in termini storici, il vino da uve grillo: Marsala, vino bianco secco e… spumante! Mentre pranziamo insieme ci troviamo d’accordo su molti aspetti del mondo del vino, prima fra tutti una questione a me tanto cara: il tappo a vite o in vetro (quest’ultimo considerato dai De Bartoli come una sorta di “abito da sera” delle chiusure, un modo alternativo al sughero e al tempo stesso elegante).
Altra questione condivisa riguarda quella cattiva abitudine, sempre più diffusa, a voler bere vini bianchi tassativamente troppo giovani, nella convinzione assoluta (ma errata) che l’ultima vendemmia imbottigliata sia la migliore da bere. Un luogo comune difficile da rimuovere, infondato e fuorviante.
Ad un certo punto mi viene servito nel piatto un succulento “caddozzo” di salsiccia spadellata, e vengo invitato ad “innaffiarla” con l’ormai leggendario Vecchio Samperi Ventennale, da molti appassionati riconosciuto come il nonplusultra dei Marsala, frutto naturale di uve grillo di elevato grado Babo ed ottenuto senza alcuna fortificazione (e soprattutto, senza denominazione in etichetta, dunque fuori disciplinare): rimango colpito dall’abbinamento suggeritomi, decisamente piacevole e sorprendente…
Da parte mia, ho più volte proposto il Marsala vergine (freddo) come aperitivo, o il semisecco in abbinamento alla bottarga di tonno, ma finora solo qualche turista ha colto con entusiasmo suggerimenti di questo tipo… E’ evidente che c’è ancora molta strada davanti a noi…
Marco De Bartoli & C. s.r.l. – Contrada Fornaia Samperi, 292 – 91025 Marsala (TP). Tel. 0923 962093 – Fax 0923 962910 – [email protected] – [email protected] – Enologo: Renato De Bartoli – Estensione vigneti: 20 ettari, di proprietà (di cui 12 a marsala ed 8 a Pantelleria) – Terreno: sabbioso calcareo – Vitigni: grillo, zibibbo – Età media dei vigneti: 20 anni – Primo millesimo imbottigliato del Terzavia brut: 2008 – Numero bottiglie prodotte (2009): 3.000.
Un commento
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Grazie a te, Giulia, per il tuo affettuoso contributo. Un abbraccio.