Merano WineFestival: summit sul futuro del vino tra cambiamenti climatici, nuove opportunità nella produzione e aspettative dei consumatori
Tavola rotonda Teatro Puccini 2018
Sabato 10 novembre – ore 15.00
Relatori
George Kaiser
Luigi Moio
Matilde Poggi
Walter Massa
Adua Villa
Stevie Kim
Oscar Farinetti
Joe Bastianich
Luciano Pignataro
Andrea Gori
Luciano Ferraro
Luca Gardini
Presenta: Helmuth Köcher
Moderatore: Franz Botrè
Il tema:
Cambiamento Climatico – entro il 2050 spariranno dal 25% al 73 % delle aree vitivinicole storiche
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Un gruppo di ricercatori, guidati dal climatologo Lee Hannah, climatologo di Conservation International, Arlington in Virginia, ha elaborato un modello previsionale dei possibili impatti del cambiamento climatico sulla vinificazione. Il risultato di tale studio mette in evidenza il fatto che le regioni vinicole più importanti del mondo, dal Cile alla Toscana, dalla Borgogna all’Australia vedranno diminuire le loro aree coltivabili dal 25% al 73% entro il 2050, e ciò costringerà i viticoltori a piantare nuovi vigneti in ecosistemi precedentemente indisturbati, a latitudini più alte o altitudini più elevate, eliminando le specie vegetali e animali locali. Da diversi anni oramai la pratica della viticoltura ha già raggiunto il 59° Nord longitudinale a Gvarv nel Telemark in Norvegia corrispondente al paese di King Salmon in Alaska rendendo sempre più difficile la viticoltura nei territori superiore al 35° Nord equivalente alla Grecia.
“Man mano che nuove aree si renderanno disponibili e idonee alla produzione del vino, si avranno pesanti ripercussioni sugli habitat della fauna selvatica. Il bacino del Mediterraneo, per esempio, è Ppatria di più di 12 mila piante autoctone che non crescono in nessun’altra parte del mondo. Due terzi degli anfibi, metà dei suoi rettili e un quarto dei suoi mammiferi anch’essi sono unici della regione. “Dopo l’abbattimento della vegetazione autoctona, i campi arati, fertilizzati, cosparsi di fungicidi e preparati per la piantumazione dei vigneti, non saranno mai più un habitat ospitale per molte piante o animali”.
Tutto ciò va in direzione contraria all’attuale trend generale del mercato: negli ultimi 3-4 anni si riscontra maggiore attenzione verso un vino più naturale e quindi meno chimico, meno elaborato in tutte le fasi di produzione a partire dalla coltivazione del terreno.
Un’altra realtà già presente è che con il graduale aumento delle temperature nei territori autoctoni, la vigna è soggetta a differenti rischi: nuove malattie, inondazione ed erosione dei suoli dovuto ad acquazzoni torrenziali, gelate ricorrenti in primavera e aumento della muffa sulla vigna. Questo significa che la produzione di vino di qualità richiederà sempre di più l’impegno di anticrittogamici e un impatto maggiore in cantina, quindi sempre meno natura.
Inoltre, il clima più caldo favorisce la maturazione più rapida dell’uva e quindi la viticoltura ha bisogno di una vendemmia più precoce, considerando che gli acidi contenuti nell’uva vengono progressivamente sostituiti dallo zucchero. In media si calcola 17g di zucchero per generare 1 grado di alcool. La conseguenza più pesante in questa situazione è un’uva più zuccherina e un vino più alcolico. Riscontriamo già oggi un aumento di 1% alcolico nei vini qualitativamente più importanti negli ultimi 20 anni che sono passati da 12,5 % a 13,5%. Anche qui però il trend dei consumatori va in direzione contraria: il mercato richiede sempre di più vini leggeri, meno alcolici, di pronta beva.
Lo scenario fin qui accennato è già attuale, è documentato, accertato. Non solo tesi, ma realtà!