E’ giusto accettare i menu al buio di alcuni ristoranti stellati o aspiranti tali?


di Marco Contursi

Domenica a pranzo,ristorante stellato praticamente vuoto, 1 solo tavolo da due. Due menu fissi e niente carta. Altro ristorante stellato, un professionista va a prenotare per un pranzo con colleghi e si sente dire che c’è 1 solo menù fisso, costo oltre i cento euro, e che soprattutto non si possono conoscere, prima, i piatti, ma solo al momento della cena e si può solo mettere al corrente lo chef di eventuali allergie. Ovviamente non prenota.

E’ noto che molti ristoranti stellati propongano uno o due menù a prezzo e piatti fissi, senza più il menu a la carte. In alcuni casi, neanche i piatti vengono indicati ma si scopriranno man mano che verranno portati, durante il pasto.

Questo sia per offrire al cliente una esperienza completa, ma anche per ottimizzare i costi che in uno stellato sono veramente alti.

Ma il cliente? E’ giusto che non venga messo in condizione di scegliere? Ok, può dire se allergico ad alcuni cibi ma, ad esempio, io non prenderei mai il piccione, anche se non sono allergico, perché me lo devo ritrovare e pagare a caro prezzo? Oppure se alcuni abbinamenti non mi convincono, perché me li devo sorbire?

Soprattutto pagando certe cifre, è giusto privare del tutto il cliente della scelta o anche solo di sapere ad inizio pasto, cosa mi arriverà? Certo, può scegliere di non andare proprio in quel locale e molti fanno così visto che nelle mie ultime due esperienze stellate, in pratica si era solo noi.

Io credo che, anche se uno stellato è una esperienza molto diversa dalla trattoria, un luogo quindi in cui lo chef parli di sè attraverso i piatti, offrendo un viaggio emozionale nelle sue esperienze e nel suo talento, non si debba perdere di vista che il cliente è un essere senziente e pagante. Obbligarlo a non poter conoscere neanche i piatti, è scelte estrema che potrebbe non piacere a tutti. Oltretutto, qualche dubbio “giuridico” mi viene. Il menù è una proposta di contratto, come ha sentenziato la Corte di Cassazione :” La lista delle vivande consegnata agli avventori o sistemata sui tavoli di un ristorante equivale, ai fini che qui interessano, ad una proposta contrattuale nei confronti dei potenziali clienti e manifesta l’intenzione del ristoratore di offrire i prodotti indicati nella lista”.

Ora, ci può essere un contratto con un oggetto “sconosciuto” al contraente? Perché come faccio ad accettare se non so quello che mangio? Se ad esempio lo chef mi fa tutti i piatti a base di patate e alici, io potrei ritenere non congruo il prezzo. Diversamente sarebbe se ci fosse caviale e tartufo. Oppure, io potrei accettare un menu dove c’è 1 solo piatto con i funghi, pietanza che non amo particolarmente, ma non se ci fossero in tutti piatti, dolce compreso.

Ci sarebbe da discutere quindi, anche sotto il profilo civilistico, dell’opportunità di un menù senza i piatti, e non solo considerando il cliente come una persona che va a ristorante per fare una esperienza piacevole, e spesso lo scegliere è parte integrante della stessa.

Chi mi legge, cosa ne pensa?

8 Commenti

  1. Sono completamento d’accordo, anche sotto il profilo giuridico. Non mangio mai in ristoranti senza aver prima valutato pietanze e prezzi

  2. Mai sceglierò un menù al buio. Volevo andare da Contaminazioni a Somma Vesuviana, ma quando ho saputo che il menù viene fatto al momento dallo chef ed è a sorpresa per il cliente, ho desistito. Devo sempre sapere ciò che mangio e avere un minimo di scelta. Il menù fisso è solo per i viaggi in pullman, le caserme e i collegi.

  3. Credo che i ristoranti stellati oltre a proporre un menù qualitativamente eccellente, hanno come mission quella di creare una esperienza unica. Questo “appuntamento al buio” può risultare intrigante per chi vuole approcciare in maniera sperimentale al cibo. Il costo elevato di un ristorante stellato passa anche per queste cose. Ovviamente può piacere o no questo è relativo. Giuridicamente, andrebbero esposti per iscritto gli allergeni presenti nel menù (reg Ue 1169).

  4. Secondo me si può fare tutto, basta che ci sia una onestà intellettuale e Etica e cura del cliente. I media di settore devono fare la loro parte e aiutare il cliente a districarsi e a farsi un’idea. Il problema è: ci si può fidare della competenza e della buona fede dei nostri medium? Il caso di bros è significativo, e secondo la mia opinione, è la punta di un iceberg della cattiva e mala informazione. C’è voluta una blogger americana a dichiarare che il re è nudo (e ne sta subendo le conseguenze moleste sui socia ad opera di PR e social manager “aggressivi” probabilmente fascisti, forse) Poi chi vuol intendere intenda.

  5. Rinuncio al pranzo, per non essere costretto a mandare indietro piatti non graditi e pagati.

  6. La stella, oggi più che in passato, è un riconoscimento a chi offre una gastronomia di livello ma soprattutto “dialettica”, in costante rapporto con il cliente, l’ambiente, la natura, il territorio. Fare la “star”, inteso nel senso di fare divismo, di essere snob, individualista, solipsistico, non è al passo con i tempi.

  7. Lo chef è libero di non esporre i piatti del menù ed il cliente è libero di non andarci. Credo che in qualsiasi attività che si rispetti il rispetto per il cliente sia alla base.

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