Mènage a Catania – Celebrazione del fuoco e della carne insieme ai vini di Serafica
di Francesco Raguni
Di recente, ha aperto nel cuore della città di Catania, in una delle vie adiacenti a Piazza Università, un ristorante gestito da tre giovani ragazzi che, dopo diverse esperienze all’estero, hanno scelto di tornare ed investire in Sicilia. E così Michele Smantello, Luigi Sutera e Giorgio Carlisi hanno dato vita a Mènage. Lì dove un tempo sorgeva lo storico bistrot “Turi Finocchiaro”, oggi si trova un locale che si snoda su due piani: sotto si ha la cantina ed i tavoli del ristorante, con cucina e frigo delle carni a vista; sopra invece si trova il cocktail bar.
“Abbiamo puntato tutto sulle nostre passioni e sulla voglia di fare qualcosa di bello nella nostra terra, è finita l’epoca in cui per avere successo dovevi emigrare e restare tutta la vita lontano da casa. Adesso il futuro è qui. Viaggiare e fare esperienze all’estero è importantissimo, ma bisogna tornare, credere nelle proprie idee e investire in quest’isola” raccontano i tre.
Ognuno di loro ha scelto di fare tesoro delle proprie esperienze e metterle al servizio di Catania: in cucina c’è Giorgio, ex studente di medicina che ha scelto di cambiare rotto e investire tutto sulla cucina, lavorando anche in stellati come Berton, in cantina Michele, formatosi nel City Social di Londra, e al bar Luigi, che ha lavorato per anni nel settore a Barcellona. I risultati, inoltre, non hanno ritardato: il locale è stato segnalato all’interno della Guida Michelin.
Al centro del menù – come ha affermato lo stesso chef, in occasione di una serata realizzata per abbinare la propria cucina ai vini della cantina “Serafica” – vi è non solo la brace, ma anche la volontà di utilizzare tutte le parti degli animali, scelti tra l’altro da loro stessi in un piccolo allevamento in provincia di Caltanissetta. Emblema di ciò sono la lingua e la punta di petto, rispettivamente un antipasto e un secondo presenti in carta. Probabilmente questa scelta dedicata al quinto quarto è anche destinata ad espandersi. Presenti anche le contaminazioni, c’è infatti un importante richiamo alla Langa, con il vitello tonnato e i bottoni al brasato.
Interessante la cantina, che consta sia delle classiche etichette siciliana, sia di alcune più di nicchia, anche per gli amanti del vino naturale. Fuori Sicilia si trova – oltre ad un po’ di Piemonte e Veneto -tanta Toscana. La ricerca ovviamente non si ferma qui, dato che le etichette sono destinate ad aumentare, anche con referenze più particolari, come ci racconta Michele stesso, svelandoci l’imminente arrivo di un Petit Verdot toscano affinato in anfora a 30 metri sotto il livello del mare.
La serata dedicata, comunque, ha avuto inizio nel piano dove si trova il lounge bar. Travi, sculture e affreschi in stile liberty (risalenti agli ‘anni 30 e firmati dal pittore Giuseppe Barone) accolgono chi vuole provare la filosofia di mixology di Luigi. Un’ode all’arte che prosegue poi al piano di sotto, con dei suggestivi tetti a volta all’interno della sala.
La cena dedicata ha visto quattro portate abbinate a quattro vini. Il primo piatto è stato l’Uovo Nero Barzotto, accompagnato da una spuma di parmigiano e piselli al limone, una portata con una grassezza ed una tendenza dolce importante.
In abbinamento è stato servito l’Etna Bianco “Grotta della Neve”, vino dalla spiccata venatura sapida e acida, capace di bilanciare la portata accoppiata. Il nome del vino trae origini da una grotta presente sul vulcano etneo, in passato usato come neviera.
È seguita poi probabilmente il piatto più interessante della serata: la lingua laccata, accompagnata dalla classica salsa verde e dalle susine. Piatto completo, desueto per un ristorante del centro, ma che comunica in maniera chiara la filosofia di cucina dello chef. In abbinamento è stato proposto “Versante Sud”, il macerato di Serafica.
Proveniente dalla così detta “Vigna maritata”, vigna dove si possono rinvenire diverse varietà di uve, riposa 28 giorni sulle bucce, assumendo un colore dorato vivace. Al naso rivela qualche nota fumé. Si tratta di un macerato differente – per scelta del produttore, che ha voluto un vino più “pulito”, come racconta lui stesso durante la cena – dai cugini più estremi, ormai presenti non solo in Friuli, ma anche qui in Sicilia.
Sono poi stati serviti in coppia ai due vini restanti, cioè “Mirantur” rosso e l’Etna rosso “Grotta della Neve”, il primo e il secondo. Al naso fruttato e alla freschezza di Mirantur, un nerello cappuccio in purezza che affina soltanto in acciaio è stato abbinato un risotto alle erbe con barbabietola e olio alla cicoria.
Il vino è stato capace di contrastare la nota acida, totalmente dominante nel piatto, considerando le diverse preparazioni in cui è presente l’aceto (soprattutto nella barbabietola, che è lasciata macerare diverse ore a contatto con questo). All’eleganza dell’Etna Rosso, che affina per 12 mesi in botti di rovere francese, invece, si è abbinata la punta di petto in salsa teriyaki, altro piatto dove si è visto riemergere il legame del ristorante con la brace.
Ci si augura che iniziative così non siano sporadiche, anzi, vengano ripetute così da poter creare un raccordo sempre più forte tra la Catania gastronomica e l’Etna enoica.
Mènage – Cellar/ Restaurant/ Lounge
Via Euplio Reina n. 13, Catania
Orari: Lunedì – Domenica a cena (18:00 – 01.30), Sabato e Domenica a pranzo (12 – 15), martedì chiuso
Tel: +39 095 097 2933
Mail: [email protected]