Melegatti in crisi, la fine del Pandoro industriale e di un’epoca che adorava i grandi numeri
Melegatti, improvvisamente, scalzò Motta e Alemagna. Il Pandoro come alternativa al Panettone. Era l’Italia del boom anni ’60, quando la grande industria del Nord universalizzò alcune abitudini alimentari trasformandole in un bisogno nazionale.
Nella Napoli degli struffoli, dei susamielli e dei rocccocò, nella Sicilia dei cannoli e delle cassate arrivarono i panettoni industriali e poi il pandoro. Ed era un segno di benessere averli a casa, bombardati dalla pubblicità di Carosello e degli spot in tv.
Poi queste aziende per andare avanti hanno dovuto adottare i dolci dei territori che avevano conquistato e colonizzato usando i supermercati come caserme di occupazione. Nacque così la Pastiera Melegatti che nulla aveva del dolce napoletano e che ha fatto la fine che ha fatto nonostante il sounding coccolante.
Oggi questa notizia chiude davvero un’epoca. La campana a morte è stata suonata da un post omofobo Melegatti che ha fatto scalpore nel 2015.
Ecco la notizia:
Melegatti è l’azienda che ha «inventato» il pandoro, brevettato da Domenico Melegatti nel 1894, ma dopo 123 anni lo storico marchio del dolce natalizio rischia di avere problemi produttivi in vista delle prossime festività. A denunciarlo sono i lavoratori dell’omonima azienda veronese, in maggioranza donne, che stamane hanno manifestato davanti al municipio di San Giovanni Lupatoto. I dirigenti sindacali e i componenti della Rsu hanno incontrato il sindaco Attilio Gastaldello che si è attivato per un incontro con la proprietà. I dipendenti criticano l’azienda per il mancato pagamento degli stipendi degli ultimi due mesi e perché le carenze sul fronte degli approvvigionamenti di materia prima metterebbero in crisi la produzione.
Il significato di questa crisi è evidente: “Noi – disse in un comvegno Sal De Riso – abbiamo sconfitto i panettoni artigianali. Noi possiamo venderli bene, loro fanno la guerra nei discount a pochi euro”.
Già, l’industria insegue per forza una logica della riduzione dei prezzi e dunque dei costi e dunque della qualità. La lezione di questi anni nell’alimentare italiano va in senso esattamente opposto. In un dibattito di qualche anno fa sul costo della pizza alcuni osservarono che rinunciare a 30 centesimi di margine a pizza per 4000 pizze alla settimana comportava guadagnare circa 60mila euro in meno l’anno. Perché, ci si chiedeva, rinunciarci visto che il pubblico viene lo stesso?
La risposta è in questa crisi Melegatti. Perché possono nascere improvvisamente 90 artigiani di qualità che riescono a vendere meglio di te perché garantiscono la qualità. E tu i tuoi 90 operai sarai costretto a licenziarli.