Melassa di fichi Santomiele, altri descrittivi
di Marco Galetti
Sto piangendo.
Qui in Brianza quando arriva il momento lo capisci, non serve guardare fuori attraverso l’umido dei vetri perché l’umido, che non è soft ma nemmeno porn, ti avvolge, impregna l’atmosfera, entra nelle ossa dei primi bolliti, nelle piume degli uccelli e in quelle del piumone, questo paesaggio dal soffitto basso opprimerà per qualche mese i brianzoli meteoropatici costretti per scelta agli arresti domiciliari e mentre le nuvole stazionano e supervisionano a noi non resta che piangere.
Sto piangendo.
Cucinare per risollevare l’umore.
Un profumo autunnale avvolge le stanze chiuse con le barricate per proteggersi dall’umido, tutto trasuda, fumo e tradizione appannano la vista ma rendono nitidi i ricordi, le pentole dei bolliti sul fuoco hanno bisogno di un’attenzione alternata, tutti i piatti a lunga cottura, come la trippa, la cassoeula, la polenta, non devono essere seguiti continuamente, piatti di tradizione, nutrienti, economici, piatti poveri per poveri contadini che affidavano il paiolo al fuoco per potersi dedicare al lavoro nei campi per poi ritrovarsi, tutti insieme, a condividere la cena e le parole nelle corti lombarde del secolo scorso, quando le condizioni di povertà avvicinavano… sembra passato un secolo… da quando abbandonavo le pianure umide e nebbiose e transumavo tra le dolci colline senesi per trovare crostini neri, prosciutto di cinta, olio novo, pane senza sale, ragù a lunga cottura e a lunghissima persistenza palatale ed emozionale.
Sto piangendo.
Il bollito fuma, l’umore grigio fumo di Londra vira pericolosamente, il nero mi ricorda il cavolo dei minestroni toscani, tengo da parte le foglie più tenere, domani, sferzate di peperoncino, arricchiranno una pasta.
Oggi in Brianza c’è un incontro di cartello, sono solo a combattere contro l’autunno e la malinconia, dopo le lacrime versate col coltello tra i denti per pulire tutti gli scalogni che mi serviranno per un altro tentativo di genovese.
Brianzolate malinconiche pervadono corpo e mente, devo reagire e combattere, togliere il velo alla nebbia e l’umido dalle ossa e dagli occhi, le lacrime che pensano di farsi strada sul mio viso hanno usato un navigatore difettoso, scarto il mio regalo e sorrido mentre i raggi di sole cilentano targati Santomiele, attraversano le nuvole fino al mio piatto di bollito lombardo.
La melassa di fichi Santomiele, (Azienda Cilentana che è riuscita, riprendendo l’attività di famiglia e ricucendo lo strappo con la tradizione, a creare un brand tra i più esclusivi nel settore dei prodotti alimentari di nicchia) nasce da un lento processo di trasformazione, realizzato rigorosamente a mano, del fico bianco “dottato” del Cilento DOP essiccato al sole, un’eccellenza conosciuta a livello mondiale ma destinata a pochi fortunati.
Santomiele
Salita San Giuseppe
Prignano Cilento SA
http://www.santomiele.it/it/
2 Commenti
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Potrebbe essere un’idea.Sul maialino al forno più volte testato ma con il bollito non ci avevo mai provato.Stai a vedere che il nostro non ci abbia azzeccato!Al gusto rimanda immediatamente al fico infornato e,per i tanti chef che l’hanno adottato,merita un’alta classifica nel campionato giocato contro qualsiasi altro prodotto più blasonato.FM.
In etichetta a firma Santomiele, ampio margine di trattativa: formaggi freschi e stagionati, passati di legumi, risotti di mare, cacciagione, gelati, macedonie di frutta fresca, dolci e, appunto, bolliti