Chef sotto le stelle| Mauro Uliassi, folgorato sulla via di Ferran Adrià
Oggi sul Mattino abbiamo pubblicato la prima di nove interviste dedicate a grandi cuochi e il loro rapporto con l’estate. Una scusa per uscire dalle banalità trite e ritrite. Non potevamo non cominciare da Mauro Uliassi
di Luciano Pignataro
«Ho 60 anni ormai, ma c’è solo una estate in cui non ho lavorato. Era il 1983, andai, come si dice dalle nostre parti, a tutta figa e pesce fritto».
Attenzione, non fu sesso e rock and roll per Mauro Uliassi, due stelle Michelin a Senigallia, da sempre in testa alle classifiche anche per le guide italiane. No, lui che aveva sempre lavorato quella estate aveva conosciuto l’attuale moglie Chantal e, completamente cotto non dal sole ma dall’amore, decise di concedersi una lunga pausa.
E dove scappasti con Chantal?
“Dove,se non al sud? A bordo della mitica “due cavalli” della Citroen un vero e proprio totem generazionale quanto i pantaloni a zampa d’elefante, la musica dei Pink Floyd, arrivammo in Salento, e di lì, attraverso il Metapontino, anche in Cilento, quello del mitico Club Mediterranee a Palinuro che all’epoca era un riferimento per tutti i giovani in cerca di emozioni. L’avevo conosciuta proprio quell’anno mentre lavoravo da Fauchon a Place de la Madeleine a Parigi e durante una festa l’avevo rubata a un altro.
E oggi ti piace sempre viaggiare?
“Tantissimo! Non ho perso il gusto dei viaggi al Sud, ne ho fatto un in Sicilia dove non ero mai stato nel 2015. Ma i sapori siciliani li avevo incontrati qualche estate precedente. Pensa, ho letteralmente sentito il profumo della Sicilia e da lì l’infatuazione, la prima volta a Tokio. Bizzarro no? Era il 2002 ed ero al seguito di Gianfranco Vissani con altri cuochi: Igles Corelli, Paolo Vai, Peppino Tinari, Valentino Marcattili, Salvatore Tassa, Salvatore Balzano e Nino Graziano da Palermo, primo 2 stelle Michelin in Sicilia. Dovevamo fare l’apertura dei mondiali di calcio. Ognuno di noi aveva portato delle cose da preparare e quando nelle cucine dell’Hilton del Sol Levante, abbiamo aperto le valige, il profumo emanato dei prodotti di Nino, mi fece letteralmente voltare e mi attirò come una calamita. Nino, fiero per la mia curiosità, mi disse semplicemente: sai Mauro, in Sicilia il sole è diverso e arrotonda e intensifica tutto verso l’alto».
E le altre estati?
“Sempre di duro lavoro. Prima da ragazzino quando, finita la scuola, ero impegnato nel bar di famiglia, il Bar Uliassi, assieme al papà Franco e alla mamma Bianca. Genitori fantastici che avevano imposto il ritmo familiare: dovevo tenere puliti cucina e piatti in casa, poi andare al bar. Me ne liberai andando alla scuola alberghiera e iniziando a passare le estate come barman sulla riviera romagnola. Certo, l’impegno era forte, si andava a dormire all’alba e poi si recuperava un po’ nel pomeriggio, ma sempre meno di quello della gavetta di casa”.
Le fantastiche estati della Riviera Adriatica
“Furono tre, quattro estati bollenti sulla spiaggia di Riccione, poi nel 1980 mii toccò il servizio militare e dal 1981 iniziarono le frequentazioni francesi a Saint Tropez di cui ho un ricordo preciso: la barca del direttore d’orchestra von Karajan i cui marinai erano vestiti come quelli del film Querelle de Best di Fassbinder. Non sono tutti ricordi tranquilli, per la verità, per degli scontri con qualche banda di bulli, ma alla fine nulla di veramente grave, solo tanta paura”.
Ma quando hai deciso di diventare cuoco? Quando cucinasti per Chantal?
“Ma lo spartiacque è stata lei Chantal, la prima persona per cui ho cucinato con il cuore. C’è modo e modo per interpretare questo lavoro. La vera svolta è pensare alle persone per cui lo fai, non a te stesso. Solo così si aprono le porte alla curiosità, si sviluppa la propensione all’ascolto. Si ero iscritto a Sociologia, ma la strada viene segnata da stage all’estero, in Francia per le basi.
Il tuo grande amore è Ferran Adrità, dopo Chantal si intende. Perché?
“Dopo aver letto un articolo di Davide Paolini andai subito a provare El Bulli e rimasi sconvolto per la capacità di reinterpretare la materia, dall’energia della cucina. Ferran ha codificato i suoi 38mila piatti e per me è stato un cambio radicale di prospettiva, ha cambiato il mio modo di pensare su tutto quello che avevo visto, è stato lo stimolo a sperimentare e a provare nuove strade per fare esprimere la materia, i prodotti».
In Italia non abbiamo avuto questa rivoluzione.
“Tanto rispetto per Marchesi ma con Ferran ci siamo trovati di fronte a qualcosa di completamente nuovo. E in Italia qualcosa di simile si è visto con Gianfranco Vissani, il più grande cuoco creativo degli anni ’80 e ’90. Però mentre Marchesi è stato un caposcuola, lui no, è stato frenato dal fatto di essere egocentrico».
Vengono così poste le basi culturali per la tua vera svolta che ti porta ai vertici della ristorazione italiana, un cuoco ecumenico però, amato sia dai gourmet raffinati sia dalla clientela normale.
«Siamo un paese straordinario, ogni regione è una miniera d’oro di sapori, profumi e tradizioni a cui attingere nel nostro lavoro. Ma il destino delle mie estati resta lo stesso, da giovane come da chef famoso e rispettato: lavoro, lavoro e ancora lavoro. Del resto il ristorante è proprio sulla spiaggia di Senigallia e non potrebbe essere diversamente.
Nel 1994, quattro anni dopo l’apertura del ristorante, arriva la prima stella Michelin. «Confesso che quando ce lo comunicarono non capii fino in fondo quello che era successo. Ma è stato fondamentale per investire non più solo nella cucina, ma anche nella sala, nelle attrezzature, nel personale».
Tanti sacrifici e impegno, la seconda stella arriva nel 2008 e stavolta ti coglie ben consapevole della responsabilità che comporta questo riconoscimento.
«Estate di lavoro, certo ma è quello che si fa nel corso dell’anno che conta molto: girare, scambiarsi opinioni, studiare sempre piatti che siano all’altezza».
Dietro Mauro Uliassi la forza dell’Italia, la famiglia. Sua sorella Catia, regina della sala e il figlio Filippo. Forse è venuto per lui di passare le estate divertendosi. Cioè divertendosi lavorando grazie alla maturità che regala il giusto senso alle cose.