Maurizio Gily e il sistema vino italiano senza palle
Da piccolo, quando la tv era in bianco e nero, mi piacevano i documentari di Folco Quilici. Ne ricordo uno, sulla migrazione degli gnu: si riuniscono nel Serengheti ogni anno oltre un milione di esemplari e iniziano la loro spettacolare marcia durante la quale molti muoiono per la stanchezza, altri sono divorati dai carnivori, alcuni affogano. Ma sono talmente tanti che alla fine quel che conta è arrivare alla meta e riprodurre la specie.
Potrebbe essere un po’ la metafora del sistema vino italiano. O almeno quella che mi è venuta in mente seguendo il caso Gily dopo aver condiviso l’appello di Slow Wine a raccogliere 15mila euro per sostenere le spese legali contro un giornalista collaboratore esterno al settimanale che invece di difendersi con la penna lo ha querelato: Paolo Tessadri.
In sostanza Gily ha perso in primo grado in sede civile per aver usato parole molto forti contro chi aveva fatto l’inchiesta Velenitaly.
Ricordiamo tutti quei giorni a Verona, le infuocate parole dell’allora presidente Castelletti, le querele annunciate di cui è piena l’Italia.
Quando Slow Wine ha lanciato l’appello, ho pensato: in poche ore si raccoglieranno pure 15mila euro. Molte aziende sganciano migliaia e migliaia di euro per fare pubblicità, alcune anche 500 euro per far assaggiare un solo vino a Pinco Pallo, cosa saranno mai 15mila euro per i potenti consorzi del Prosecco, dell’Amarone, del Soave, del Barolo, del Brunello, del Chianti, del Lambrusco e via discorrendo? Cosa saranno mai per enologi di grido, per critici e giornalisti che campano grazie al sistema vino? Per Ais, Bibenda, Onav, Fisar, Assoenologi, Federvini, Unione Itaiana Vini, Federdoc?
La partenza in effetti è stata a razzo ma oggi, a ben due settimane dal lancio, siamo al 71% dell’obiettivo. Scorro l’elenco di chi ha versato qualcosa e vedo che si tratta di appassionati, alcuni giornalisti, di alcuni blog (Internet Gourmet, Percorsi Divino, Intravino), della Fivi che ha simbolicamente versato un euro per ogni associato e di qualche produttore più sensibile.
Bene, qual è la lezione? Molto semplice: si capisce che non esiste un sistema vino, una lobby pronta a tutelare i propri interessi collettivi, ma che ciascuno è assorbito da se stesso e dai suoi problemi, tanto poi io speriamo che me la cavo. In Italia esistono i gruppi di pressione dei boiardi di Stato, dei costruttori, dei bancari, degli assicuratori ma non quella del settore primario che guida l’export in costante crescita e che crea valore.
Ok, questo è un problema molto grande, ma allora vado oltre nel ragionamento e mi lancio in quello della opportunità. Se io fossi stato presidente o direttore di un consorzio o di un grande gruppo, avrei fatto la corsa per staccare l’assegno intero per avere un ritorno mediatico pari almeno al triplo della cifra investita.
Invece no, nessuno ha fatto questo ragionamento. La rabbia di Velenitaly è stata assorbita dai bonifici dei clienti americani e asiatici tanto poi, sì, ci vediamo tutti al prossimo convegno per dire che siamo incapaci di fare sistema e che è tutta colpa della burocrazia.
Tanto non sarò io lo gnu ad essere divorato, ma l’altro.
Ps: sinora si ha un solo esempio di reazione collettiva ad un attacco brutale. Quello dei vignaioli naturali contro l’editoriale del Gambero. Ecco un esempio in cui si sono mostrati gli attributi decidendo di non mandare i vini alla guida. Sarà un caso che molti di loro hanno inviato il loro contributo a Gily?
4 Commenti
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Caro Luciano le considerazioni che hai fatto tu sono le medesime che abbiamo fatto noi piccoli addetti al settore. la totale assenza di grandi nomi, di grandi aziende, di grandi consulenti e di grandi opinion leader è disarmante. in questo mondo parliamo tutti di fare gruppo di unirci per migliorare noi stessi ed il sistema ma quando arriva l’opportunità per farlo tutti hanno paura che anche una battaglia giusta possa diventare un boomerang che potrebbe compromettere il loro business. La crisi e le difficoltà del nostro mondo sono spesso da imputare a noi stessi; queste battaglie vengono combattute solo da chi a questo mondo vuole bene.
Grazie Luciano. Bisogna però dire che molti vignaioli, alcuni dei quali so benissimo non navigare nell’oro, hanno messo mano al portafoglio, e qualche azienda di media e grande dimensione (non molte) ha fatto la sua parte. Unavini e Vignaioli Piemontesi mi hanno supportato in parte nelle spese per il processo di primo grado ma, comprensibilmente, mi hanno detto che se volevo proseguire nella causa l’avrei fatto a mie spese. Altri contributi da produttori organizzati, a eccezione della FIVI (molti associati alla quale hanno pure contribuito a titolo personale) non ne abbiamo per ora visti. Tra l’altro sottolineo che la FIVI ha scelto di non fornire ai soci servizi a pagamento per non correre il rischio di diventare “struttura” e restare sempre e solo rappresentanza dei bisogni del settore, quindi di fatto di “soldi veri” non ne ha e ciò nonostante si è esposta, economicamente e con le loro facce. Sono dei galantuomini. Anche quando sono signore, come Matilde Poggi, presidente.
Caro Luciano ho visto il post, e saputo della sottoscrizione, domenica prima di partire per Mosca per lavoro. Li’ insieme al Direttore Generale della cooperativa Vi.V.O. Cantine abbiamo deciso di contribuire con 1.000 euro come gruppo (Vi.V.O. + Bosco Viticultori). La cosa paradossale e’ che hai tempi io non ho condiviso piu’ di tanto lo stracciarsi le vesti dell’eno-mondo, ma questo non rende meno doveroso il sostegno a Maurizio, che si e’ speso davvero e non solo nelle intenzioni. Speriamo che qualche collega ci segua e si chiuda la raccolta. Tanto per dire, senza volerne a Pavanello che stimo, Unione Italiana Vini con i tuoi oltre 500 soci dove sei?
Bravo Lorenzo