Mastroberardino, Coda di Volpe Avalon a Cortina


22 settembre 2001

Coda di Volpe a Cortina. No, non è il nome di una Bond girl delle Dolomiti, ma l’unica novità campana presentata a Vinovip durante la «degustazione delle aquile» organizzata nel rifugio sul monte Faloria. Ne ha fatta di strada questo vitigno povero: poco acido, troppo carico il colore, era usato dai contadini irpini per ammorbidire Greco di Tufo e Fiano di Avellino. Poi la svolta, nel Sannio, il fregio di una etichetta tutta per se, e la Coda di Volpe è diventata subito una valida alternativa ai vitigni nobili, il vino quotidiano da sorseggiare senza preoccuparsi della tasca. Domenico Ocone e Raffaele Troisi i pionieri, anche se a livello commerciale la diffusione si deve alle bottiglie affusolate scelte dalla Cantina del Taburno. Si era agli inizi degli anni ’90. Adesso la Coda di Volpe è rientrata nel progetto di recupero realizzato dalla Mastroberardino (via Manfredi, 75-81, Atripalda. Telefono 0825 614.111. Sito www.mastro.it) degli antichi vini pompeiani tra cui spicca il rosso Naturalis Historia ’97 che pure ha riscosso grande successo a Cortina. Questa Coda di Volpe si chiama Avalon (classificata Pompeiano Igt bianco) e fermenta in fusti di rovere dove poi viene affinata per altri due mesi. L’acciaio, sostiene Veronelli, innervosisce il vino ed è sicuramente vero: non bisogna essere certo grandi esperti per scoprire la differenza finale nel bicchiere tra acciaio e legno. Fortunatamente i produttori campani si stanno orientando, certo con grandi sforzi da sostenere, in questa direzione ma non c’è alternativa se si vuole restare ai vertici. Del resto, l’alluminio anodizzato può essere considerato un progresso rispetto alle finestre in legno? Certamente no, altrimenti Woody Allen non avrebbe messo il suo inventore all’Inferno.