Dopo Masterchef Carlo Cracco sposta in Galleria a Milano la sua comoda, borghese e rassicurante berlina gastronomica di via Hugo
L’attesa sembra finita, Carlo Cracco è pronto a spostare il suo ristorante dalla storica sede di via Victor Hugo alla Galleria Vittorio Emanuele II. Un locale di oltre 1000 metri quadrati con annessa caffetteria e, anche se la data ufficiale non è stata ancora annunciata, alcune fonti vicino allo chef parlano di dicembre. Un ritardo rispetto a chi sper<va in settembre.
La curiosità è tanta, ovviamente, anche perché il ristorante Cracco è stata una “palestra” importante nel mio percorso di gourmet praticante. Erano gli anni in cui i blog gastronomici erano agli albori. La parte del leone la faceva il Forum del Gambero Rosso; di gastronomia si parlava una volta al mese quando usciva il “Gambero Rosso” e una volta all’anno per uscita di Guida.
La cucina italiana era in rivoluzione. Stava arrivando una nuova generazione di cuochi, che poi avrebbe lasciato un segno indelebile. Fulvio Pierangelini cucinava come un Dio a San Vincenzo, Vissani sempre in vetta, Marchesi all’Albereta, i Santini. Poi la nuova generazione che scalpitava: Cracco, Uliassi, Cedroni, Bottura etc. La critica gastronomica era un lavoro di pochi e i “foddies” in Italia si potevano contare.
Uno scenario molto diverso da quello attuale, non ho detto migliore, ma sicuramente diverso. Avevo letto più volte del cuoco vicentino sul Gambero Rosso e del suo fulminante “uno/due” nella guida Michelin, prima di allora riuscito solo a Gualtiero Marchesi – maestro di Carlo – a Bovesin de la Riva. Il ristorante di via Hugo era in società con la famiglia Stoppani e si chiamava ancora Cracco Peck.
Come spesso capita nella vita, oltre alla passione ed al lavoro ci vuole un po’ di fortuna. La mia fortuna, del tutto casuale, capita un pomeriggio piovoso a Norcia. Quel pomeriggio conosco un ingegnere romano, con la passione per i viaggi e la gastronomia: Luigi Cremona. Partecipiamo ad una cena insieme, quella sera, e durante la cena ascolto i commenti di Luigi sui piatti e sul cuoco.
Come al solito, molto diretto, chiedo “Cremona, ma questo cuoco è bravo o no?” Laconica la sua risposta “Si, è bravino, diventerà anche un buon professionista – così è stato – ma non è Cracco, per intenderci”. Mi serviva un input per decidermi ad andarci, che presto arriva “Ce devi anna’, pure perché non puoi parlare di un ristorante in cui non hai mangiato”. Da quel giorno ho sempre ascoltato i consigli di Luigi, un vero maestro per me.
La prima volta da Cracco è stata con gli amici di sempre, Carmine e Raffaele. Carlo, lo chef; Matteo Baronetto, il suo secondo; Davide Ostorero a dirigere la sala; Luca Gardini, il sommelier. Quella prima cena fu davvero fulminante. I toni acidi, le note amare, il lavoro sull’uovo. Una cucina italiana nuova prendeva forma e quel ristorante, in quel momento, dettava i ritmi, le mode, le tendenze; spingeva forte sull’acceleratore.
Ci sono tornato altre volte, una decina più o meno.
L’ultima a febbraio, dove, sicuramente, ho mangiato bene, ma non da “formula uno”: una comoda berlina, molto comoda, senza quel brivido “dell’alta velocità” che si vuol provare quando si va in certi ristoranti. Andrò al più presto nella nuova location, anche se sono un nostalgico e rimpiangerò le emozioni dei primi anni di Via Victor Hugo.