Mario Pojer e i vitigni resistenti
Se ne fa un gran parlare: i vitigni resistenti attraggono sempre maggiore interesse in zone diverse d’Italia. Non a caso, quattro anni fa la Fondazione Mach lancia un concorso dedicato proprio ai PIWI (vini da vitigni resistenti) nonostante le resistenze lanciate da chi non vorrebbe un canale dedicato ma, al contrario, che si considerassero alla stregua di tutti gli altri. In ogni caso, io lo trovo un ottimo osservatorio, un’immersione in un mondo in crescita e da approfondire in tutti i modi possibili.
Il confronto con Mario Pojer (della Pojer e Sandri Pojer e Sandri) resta sempre illuminante, per carisma e preparazione ma anche per la continua sperimentazione che consente un aggiornamento concreto su temi non per forza legati al suo territorio,
tra la Val d’Adige e la Val di Cembra (Trentino Alto Adige). A Faedo nascono la maggior parte dei loro Classici: Nosiola e Traminer, Müller e Pinot Nero, Sauvignon e il rosato Vin dei Molini così come le due riserve più importanti: il Bianco e il Rosso “Faye”.
Non solo, i distillati sono frutto di un impianto di distillazione progettato internamente per un fine dichiarato: purezza e pulizia assoluta.
In occasione della mia ultima visita, sono quindi partita da un approfondimento su ‘Vin dei Molini’, incluso nella 100 Best Italian Rosé. È prodotto da uve Rotberger, incrocio fra Schiava e il Riesling Renano prodotto negli anni ’70 quando il mercato del tempo e del posto seguiva la tendenza dei molti tedeschi che chiedevano rosati morbidi spesso con residui zuccherini. Mario Pojer e Fiorentino Sandri vanno controcorrente non svolgendo malolattica e puntando sull’acidità senza residuo. Veronelli lo apprezza e la recensione su Panorama lancia il successo di Pojer e Sandri proprio con un rosato (e il Muller Thurgau). Mi sorprende l’assaggio dell’annata precedente alla corrente presente in guida: la 2022, dal colore ancora molto vivo; un naso intrigante che offre sbuffi di acqua di rose, roccia, lime, mela verde e accenni di mandorla amara accendo vagamente all’età. Al palato è dissetante grazie all’equilibrio tra tensione e finale sapido.
La discussione sui vitigni resistenti resta comunque quella più calda. Per Mario Pojer, i vitigni resistenti si propongono come una grande soluzione ai problemi che molti hanno sperimentato specialmente nelle ultime due vendemmie. Personalmente si è spostato in quota sperimentando anche il versante nord a condizioni che in passato erano letteralmente impensabili. Le sfide sono, tra le altre, anche legate alla grandine, molto più frequente, oltre che agli ungulati.
Da questi vitigni, sono già molto apprezzati i loro mossi da Metodo Ancestrale, Cremisi e Zero Infinito, ai quali si affianca una chicca come poche, difficile a spiegarsi ma strepitoso alla prova gustativa: Zero Infinito Perpetuo, classificato come macerato bio. Le uve resistenti utilizzate sono tre: Muscaris e Solaris sono attaccate da Botrite per un alcool potenziale fino a 19°, il Souvignier gris raccolto a novembre ma senza botrite (grazie alla buccia più spessa) è invece macerato per 5 mesi. Faranno insieme la fermentazione che parte con il lievito di Zero Infinito e poi la malolattica. Invece la maturazione avviene in botti da 2/3 Hl precedentemente utilizzate per illoro stesso Brandy secondo il metodo perpetuo partito nel 2009. Quindi dalla stessa grande botte si preleva solo una parte necessaria per l’imbottigliamento di quell’anno che sarà rimpinguata con vino d’annata.
Difficile raccontarne la qualità definita da complessità ed equilibrio. Il naso, reso penetrante dal soffio alcolico (siamo quasi a 16% abv) è reso ampio dalla stratificazione di note di frutta secca, liquore alla nocciola, agrume candito, resina e spezie orientali ma anche note floreali quasi a ricordare il moscato, poi albicocca in confettura e cenere spenta. Al palato è rotondo e ricorda il marsala ma l’importante acidità lo tiene su a raccontare un mix di sapori che però ha un filo conduttore come di sensazioni vulcaniche.
Ogni visita una scoperta, alla prossima allora!