Il cibo di Napoli in mostra, Magna come non l’avete mai vista
C’è tempo sino al 10 gennaio per godersi la Mostra AGroalimentare NApoletana (MAGNA) allestita nel complesso monumentale di San Domenico Maggiore, una sorta di “Padiglione Napoli” che tanto è mancato all’ Expo. Gastronomia napoletana, didattica interattiva, agricoltura, arte: argomenti diversi legati da un unico fil rouge, il cibo ed il suo percorso dalla terra al piatto. “La mostra nasce come punta di orgoglio, vuole parlare di ciò che non è stato detto all’Expo dove, purtroppo, si è mangiato napoletano ma non si è parlato né di Napoli né della sua cucina”, ci dice Marco Capasso, architetto, ideatore dell’evento ed esperto nella valorizzazione di beni culturali.
La visita della mostra comincia con la lettura del pannello introduttivo che ci invita a riflettere: “Qualcuno ci sa tradurre la parola “cibo” in napoletano?”. Già, perchè, a ben pensarci, “o mmagnà” è un verbo e non un sostantivo. Possibile che nel vocabolario della lingua napoletana manchi una parola così importante e decisiva per la vita di ciascuno di noi? Sì, perché il cibo a Napoli è filosofia di vita, racconta la vita e la città come forse in nessun’altra parte d’Europa.
All’inizio del percorso ci si ritrova nella sala “terra” ad attraversare un orto con erbe e spezie a rappresentare gli “odori” della cucina napoletana, ed un agrumeto classico di aranci e limoni di Capri e Sorrento. L’allestimento di un orto interno consente non soltanto di poterne sentire il profumo ma apre ad una vera e propria esperienza sensoriale visiva, olfattiva e tattile. Molteplici sfumature di verde delle foglie di basilico, salvia, timo, lattuga, finocchio, menta, erba cipollina, rucola, prezzemolo, spinaci e cavolfiore e tutte quelle specie vegetali nostrane familiari più da cotte che da crude perchè tipicamente utilizzate come condimento o contorno più che come piante ornamentali.
Come accade nella filiera di produzione agroalimentare in cui, dalla terra, i prodotti arrivano al “mercato”, così anche nel tour, dall’orto didattico, ci si sposta in un’area i cui protagonisti sono i banchi del ‘700 sui quali il cibo in offerta continua ad essere lo stesso di oggi. I banchi presepiali dei maestri Ferrigno e Di Virgilio, rappresentano il modo per valorizzare una delle arti “made in Naples” più importanti e per descrivere al meglio gli antichi mestieri che ancora oggi esistono nei nostri mercati, sopravvissuti all’avvento dei prodotti industriali. “O’ chianchiere” (il macellaio), “O pesciavinnalo” (il pescivendolo), “A castagnara” (la venditrice di castagne), “O’ cassaduoglio” (il venditore di olii e formaggi), “L’acquaiuolo” (Il venditore d’acqua), “O’carnacuttaro” (il venditore di trippa). A fare da sfondo a questi personaggi, un gioco di luci ed un video in cui si illustra la Napoli del ‘700 ed i singoli mestieri.
Il percorso continua e dal mercato si passa direttamente “nelle case”, un’area della mostra in stile Expo con la proiezione sul soffitto di ortaggi giganti in movimento. In questo ambiente, schermi interattivi con cenni sui prodotti tipici napoletani e video sulle terre di coltivazione, sulla cucina intesa come elaborazione del prodotto nel piatto e sui vigneti campani. I video sono tutti inediti e realizzati in esclusiva per la mostra.
Il tour ci conduce di fronte ad una grande tela di Francesco Celebrano raffigurante “Bacco e le stagioni”, nell’antico refettorio di San Domenico Maggiore, in cui si colloca l’area dedicata al tema “il cibo elevato ad arte”. Lo spazio è suddiviso in due aree, una contraddistinta da pannellature verdi con quadri di artisti dell’epoca e contemporanei, tutti rigorosamente napoletani, e che rimarranno per il tutto il periodo della mostra, ed un’altra da pannellature blu, con opere a ricambio mensile, su cui è esposta una personale del maestro Ernesto Tatafiore. In esposizione anche una T-Shirt di materiale vulcanico dedicata alla pizza, quadri dipinti utilizzando, come colori, caffè, pomodoro e vino rosso, e tanto altro. L’ installazione del giovane artista Arturo Ianniello ci invita alla riflessione conclusiva della nostra “magna” esperienza: cerchi di botte antichi a sorreggere una bilancia che porta il peso dell’azione dell’uomo sulla natura, purtroppo soccombente.
Prima di concludere il tour, ci fermiamo a vedere l’ultima sala in cui veniva proiettato un video didattico prodotto dall’osservatorio sulla dieta mediterranea. Non c’è che dire, quella di “Magna”, frutto dell’unione di intenti tra la Capware e l’associazione Guviden e con la collaborazione del Comune di Napoli, è una grande idea destinata a crescere ed a diventare una mostra agroalimentare permanente che possa dare, a chiunque fosse interessato, la possibilità di entrare nel complesso mondo del cibo partenopeo fatto di antiche tradizioni e innovazioni in cui la napoletanità è espressa egregiamente in ogni sua forma.
Un commento
I commenti sono chiusi.
Complimenti