Macchialupa, due bianchi e una caprese


24 agosto 2002

Cosa bere su mozzarella (o fiordilatte) e pomodoro, il piatto simbolo dell’unico Ramadan occidentale, cioé le ferie estive italiane? Difficile rispondere perché il loro è un amore eterno, non si lasciano mai: dalla pizza ai sofficini ogm della grande industria, coperti impudichi solo da una foglia di basilico o lascivi su un letto di melanzane. L’acido equilibra il grasso, l’amarognolo il dolce e come in ogni rapporto che funziona non c’è terzo che li possa distrarre l’uno dall’altro. L’unica soluzione è abbinare un vino capace di accompagnarli discretamente preparando il palato al boccone successivo. Ed ecco, cari seguaci di Bacco ancora sbracati sul bagnasciuga, l’ultimo consiglio per questo scampolo di Ramadan: due bianchi di Macchialupa, giovane azienda nata l’anno scorso tra Avellino e Benevento, a Chianche di San Pietro Irpino (tel. 0825 996396, www.macchialupa.it). Angelo Valentino, dopo aver accompagnato la nascita e l’ascesa di Caggiano (occhio ai tre bicchieri…) spicca il volo da un territorio particolarmente vocato al greco di Tufo, sette ettari e una cantina in fibrillazione edilizia proprio come quando lo conoscemmo otto anni fa da Antonio a Taurasi, il tutto in società con Giuseppe Ferrara. Fermentazione classica in acciaio (idem per il fiano), affinamento in bottiglia, ed ecco i due bianchi affacciarsi sul già ricco panorama irpino, piccoli produttori crescono. Impegnano Angelo anche un fiano passito da ricordare e la collaborazione con De Angelis a Sorrento dove attendiamo con ansia la prossima rivoluzione campana. «Ben scavato vecchia talpa!» esclamiamo con il buon, caro, vecchio Karl. E l’Aglianico Macchialupa? Magari su una fettina di podolico o pecorino stagionato accompagnata da un pomodoro secco anziché da tutte queste marmellatine trendy e insopportabili servite improvvisamente dappertutto con i formaggi. L’ultima prova di una coppia nel frattempo anziana, nel piatto un amore eterno buono per ogni età. Così parlò Plinio il Vecchio.