L’uomo cucina, la donna nutre 4- Angelina Ceriello de ‘E Curti a Sant’Anastasia
Ristorante ‘E Curti a Sant’Anastasia
Via Padre Michele Abete, 6
Tel. 081 897 2821
Sempre aperto, la domenica solo a pranzo
Chiuso lunedì
Potrebbe essere Rosa Priore in “Sabato, domenica e lunedì “di Eduardo de Filippo oppure Francesca Montorsi, la protagonista del celebre “Francesca e Nunziata” di Maria Orsini Natale: come questi indimenticabili personaggi, entrambi interpretati da una magnifica Sofia Loren, Angelina Ceriello – conosciuta come Angelina de ‘E Curti – è una matriarca il cui potere deriva dall’aver compreso il valore del cibo con tutto il suo carico di storia, memoria, simbologia, tradizione; cibo che, oltre ad essere il collante per la famiglia diventa una sorta di forza centripeta per il territorio. Non si può dire di conoscere la cucina campana più autentica se non si è passati almeno una volta nella sua osteria che l’anno prossimo festeggerà i 100 anni di attività.
Siamo a Sant’ Anastasia, alle pendici del monte Somma a pochi metri dal santuario della Madonna dell’Arco, veneratissima icona della fede partenopea e vesuviana. Un intricato gomitolo di vicoli, edicole votive, bassi e portoni nobiliari dal 1924 fanno da cornice all’Osteria ‘E Curti, che una volta si chiamava la Cantina dei Curti e ancora prima “‘O monaco”.
Tutto è iniziato con i fratelli Antonio e Luigi Ceriello, fratelli del padre di Angelina, due nani – curti nel linguaggio corrente da cui il nome dell’osteria – che si sono trasformati negli anni Cinquanta, precisamente nel 1952, da presentatori di spettacoli circensi in osti, avendo ricevuto in eredità dallo zio Luigi (‘o monaco) che aveva preferito i piaceri terreni a quelli dello spirito, la cantina dove oltre alla somministrazione del vino, si offrivano agli avventori piatti freddi a base di salumi e formaggi accompagnati, talvolta, da sottoli rigorosamente fatti in casa.
Ma nel loro girovagare, i curti avevano acquisito un enorme bagaglio di tradizioni enogastronomiche che inevitabilmente hanno rafforzato in loro la convinzione che quella dell’osteria fosse la strada giusta.
E proprio nel ’52 (cioè contemporaneamente all’apertura) all’età di solo nove anni entra in scena Angelina la cui storia è imprescindibilmente legata a quella dell’osteria: ‘E Curti è Angelina e viceversa.
La sua è un’infanzia che ricorda una favola antica o, meglio, una rappresentazione di edoardiana memoria: c’è un cortile comune a varie famiglie, c’è la nonna che detiene ricette antiche e segretissime, ci sono gli zii che fanno sempre capo alla casa paterna, c’è anche zia Assuntina (sorella dei curti) che, pur di accudire i due fratelli nella cui orbita girava tutta la famiglia, non si era mai sposata. Era una raffinata maestra di ricamo, e per questo molto rispettata in paese, ma all’occorrenza non disdegnava di aiutare i fratelli nell’attività, anche se preferiva svolgere ruoli secondari.
Ma ad eleggere sin da subito Angelina come sua preferita fu Luigi, la figura carismatica della cantina, avendone intuito le potenzialità, la sua passione per la cucina, la propensione all’accoglienza, la capacità di relazionarsi con gli altri, l’attitudine ad insegnare e a gestire cucina e sala, senza mai dare l’impressione che fosse lei a detenere lo scettro del comando, tutte qualità che ancora oggi caratterizzano questa signora ottantaduenne dai dolcissimi occhi cerulei, la pelle diafana e le piccole mani che con il loro gesticolare garbato disegnano i pensieri mentre ci racconta cosa rappresenta per lei la cucina.
<< Ho sempre cucinato con serenità e coscienza. Resto esterrefatta quando molti ragazzi che si sono avvicendati qui da noi mi hanno raccontate di cucine dove si litiga, si vuole prevaricare il collega di turno, addirittura si arriva alle mani, tutto questo è assurdo: la cucina vuole tranquillità. Cosa importa se un piatto esce cinque minuti prima o dopo? E poi ci vuole coscienza, a cominciare dalla scelta della materia prima che deve essere buona ma soprattutto quanto più naturale possibile a tenendo conto innanzitutto stagionalità. Dalle nostre parti si dice che “i ferri fanno il mastro”, che, traslato, vuol dire: le carni, le verdure, il pesce di ottima qualità fanno il cuoco. Cucinare con serenità e coscienza vuol dire amare il prossimo, avere per l’altro lo stesso amore che si ha per stessi>>.
Angelina porta avanti una cucina quasi “evangelica” alimentata (anche) da una fede incrollabile – per tanti anni ha insegnato catechismo ai bambini della parrocchia -, soprattutto verso la “sua” Madonna dell’Arco. Ci ha raccontato che sin da bambina si prende cura delle edicole votive del rione quando la mattina esce per fare la spesa.
Non è stata certamente una vita facile la sua, ci sono stati i periodi bui legati al periodo della contaminazione legata allo scoppio della centrale di Chernobyl, oppure a quello della mucca pazza, gli avventori erano quasi inesistenti, ma lei con l’appoggio del suo amato Carmine D’Alessandro con il quale ha condiviso cinquant’anni di vita matrimoniale, non si è mai arresa.
‘E Curti ha retto anche l’urto dei momenti bui della ristorazione italiana tradizionale, quando imperversavano le farfalle con la vodka o le penne panna e gamberetti, capisaldi della cucina anni ’80, proprio grazie al fortissimo legame con le tradizioni e con il territorio che rendono la cucina dell’osteria una prosecuzione di quella di casa.
Ancora oggi se volete diventare immediatamente antipatici ad Angelina dovete parlarle della panna e forse anche del burro. A dire il vero, anche il riso non le è particolarmente gradito, così come i cibi “in bianco”.
<< Ma cosa è questo uso della panna? Serve solo a coprire i sapori, io non la voglio vedere nemmeno nei dolci – ci spiega irritata -, così come quest’usanza di friggere l’olio con l’aglio o con la cipolla prima di aggiungere gli altri ingredienti. Qui si cucina in cassuola, cioè tutto a freddo, a cominciare dal ragù. Il mio è realizzato con passata di pomodorini del piennolo e muscolo di vitello, sono questi i doni del Vesuvio e noi dobbiamo valorizzarli. E vi assicuro che non è “carn cu ‘a pummarola” come direbbe De Filippo>>. Viene fuori, così, il sergente che è celato in questa signora che ha le fattezze di una bambola di porcellana.
La riapertura post pandemia ha visto il trasferimento dell’osteria in locali molto più spaziosi, praticamente di fronte alla sede storica. L’ingresso è costituito da un ampio giardino arredato con tutti i simboli della cultura partenopea più verace: i corni scaramantici di Ferrigno fanno da centrotavola insieme a colorati fiori di campo, su una parete in bella mostra la gabbia degli uccellini, di fronte un quadro della Madonna dell’Arco. Sacro e profano, l’eterna contraddizione napoletana estesa anche ai paesi vesuviani.
In fondo s’intravede la cucina con la centenaria batteria di pentole in rame che secondo Angelina è l’unico materiale capace di condurre il calore in maniera ottimale. È il suo regno.
La sala da pranzo interna, calda ed essenziale anche nella mise en place, è impreziosita dalla presenza di una bellissima piattaia fine Ottocento dove sono esposte le statue del presepe napoletano, sempre firmate Ferrigno, che rappresentano Angelina affiancata dalla regina Elisabetta e, un paio di centimetri più dietro, Carmine D’Alessandro. Sarà un caso?
Da qualche mese ad affiancarla in cucina c’è la figlia Sofia (Angelina preferisce una brigata formata da donne) che dopo gli studi all’estero, in Inghilterra, si occupa a tempo pieno de ‘E Curti, la sala è invece gestita con rara competenza dal marito di Sofia, Roberto Marrone.
Al primogenito Vincenzo spetta la produzione e la commercializzazione del famoso Nucillo, prodotto pochi metri più avanti del ristorante. La ricetta è la stessa della nonna di Angelina: mallo di noci, cannella, chiodo di garofano, filtrato con i panni di Tela d’Olanda, la stessa usata per i corredi di una volta, in omaggio a zia Assuntina la ricamatrice. Squisito.
A proposito del Nucillo esiste una legge di famiglia a cui non si può derogare: la ricetta viene tramandata solo alle donne, neanche a Vincenzo che ormai da anni è uno dei più importanti produttori di questo liquore è dato conoscerla.
Cosa cucina Angelina de ‘E Curti
Tra gli antipasti, buonissimi ed asciutti i fritti, dalla montarina (una nuvola) al crocchè, alle paste cresciute. .
Ma il vero piatto forte è la minestra maritata che troverete da fine novembre ad aprile. Le verdure sono scelte con grande cura ad una ad una, da Angelina in persona, così come la selezione di carne di maiale proveniente da animali locali. la ricetta è fedele a quella codificata da Ippolito Cavalcanti circa tre secoli fa.
Da provare la zuppa di fagioli Dente di Morto con funghi chiodini, oltre agli ottimi formaggi e salumi
Piatto principe dei primi (dal nome provocatorio) è sicuramente ‘o sicchio d’ ‘a munnezza, spaghetti con noci, nocciole, uva passa, olive di Gaeta e pomodorini del piennolo, in sostanza tutto quello che avanzava dalla tavola natalizia. Angelina ci racconta che anche questa è una ricetta di famiglia preparata ogni settembre quando Luigi ed Antonio tornavano dalle loro tournee circensi a Sant’Anastasia, per far assaporare loro in anticipo i piatti della tradizione natalizia.
Da manuale il capretto o agnello con i piselli. Ricordiamo che il loro allevamento appartiene alla tradizione di Sant’Anastasia come il baccalà, invece, è tipico di Somma Vesuviana.
Se siete fortunati potrete trovare gli stintinielli, involtini d’intestino di capretto cotti con il leggendario sugo di pomodorino del piennolo.
Baccalà e stoccafisso qui diventa ‘sontuoso’ come scrive l’antropologo Marino Niola, sia arrecanato, cioè con il pomodoro e l’origano, che alla vesuviana, in bianco con le olive di Gaeta.
A conclusione il pasticciotto di Sant’Anastasia: ricotta di fuscella, zucchero e uova.
Sostanzialmente il dolce non è altro che la base dei dolci napoletani: se vi si aggiunge la semola si ottiene il ripieno della sfogliatella, se si unisce il grano cotto quello della pastiera.Buona anche la caprese realizzata con il cioccolato al nucillo di Vincenzo, opera di Sofia.Poi c’è il tiramisù rivoluzionario (e rivoluzionato) di Angelina: caffè fatto con la Moka, ricotta sempre di fuscella e biscotti Maria. Lei si rifiuta di chiamarlo Tiramisù gli ha trovato un altro nome: il bianco e marrone.
“D’altra parte, cosa è questo mascarpone? – si chiede Angelina dandosi anche una risposta-, una cosa “straniera” che nemmeno sappiamo come è fatto, centomila volte meglio la nostra ricotta!”
Come dare torto a donna Angelina, una delle ultime appassionate custodi della straordinaria cultura gastronomica campana?
Ristorante ‘E Curti a Sant’Anastasia
Via Padre Michele Abete, 6
Tel. 081 897 2821
Sempre aperto, la domenica solo a pranzo
Chiuso lunedì
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
Un commento
I commenti sono chiusi.
All’offerta dell’amaro a fine pasto o,come in questo caso del Nucillo,la mia risposta da anni è sempre la stessa:quando si mangia bene non si ha voglia di digerire.Ed è solo grazie al fatto che qui si mangia benissimo che almeno una parte del miglior liquore a base di noci che io abbia mai assaggiato può essere messa in commercio e non consumata interamente nel loro ristorante.FRANCESCO