L’ultima novità: vegetariani si nasce, non si diventa
La scelta che accomuna sportivi come Carl Lewis, cantanti come Paul McCartney e scienziati come Margherita Hack o Umberto Veronesi, di essere vegetariani potrebbe essere stata ‘agevolatà dal Dna. Come suggerisce uno studio della Duke university pubblicato dalla rivista Plos One una particolare combinazione di geni potrebbe infatti determinare l’avversione all’odore della carne cotta che molti tra coloro che scelgono di mangiare solo verdure portano tra le motivazioni.
I ricercatori hanno scoperto che il 70% della popolazione ha due copie funzionali di un gene legato all’odore dell’androstenone, un ormone tipico nei mammiferi maschi e soprattutto nel maiale, che non si trova negli animali castrati che normalmente sono in commercio. Uno dei motivi per cui l’ormone è stato scelto è che la percezione del suo odore può variare molto individualmente, da ‘nauseantè a ‘dolcè. Per testare gli effetti dei diversi genomi sono stati reclutati 23 soggetti, facendo loro annusare della carne di maiale cotta a cui era stata aggiunta la molecola, e dividendoli in sensibili e insensibili sulla base delle reazioni.
«Il risultato è stato straordinariamente chiaro – spiega Hiroaki Matsunami, che ha condotto lo studio – chi aveva due copie del gene era sensibile all’androstenone, mentre chi aveva una copia o zero no. Sarebbe interessante replicare l’esperimento in aree come il medio Oriente dove la carne di maiale è stata bandita da secoli, o dove non è mai arrivata come fra gli eschimesi».
Secondo l’esperto lo studio potrebbe dare un indizio sulla pratica vegetariana, perchè costituisce la prima prova che il Dna può influenzare la percezione positiva o negativa di un sapore: «Servono ricerche approfondite – sottolinea – ma i vegetariani potrebbero essere geneticamente predisposti ad essere ipersensibili all’odore della carne».
Il ragionamento, sottolinea lo studio, potrebbe essere rovesciato, con il cibo disponibile che influenza nel corso dell’evoluzione umana le mutazioni del Dna: «Ad esempio in aree dove la carne di maiale è la fonte primaria di cibo potrebbero concentrarsi individui che in cui il gene è ‘spentò – si legge nell’articolo – per scoprirlo sarà necessario studiare persone di differenti etnie e provenienze geografiche».
Una prima indicazione pratica dello studio è che la carne di maiale non castrato non avrebbe un grande successo sul mercato: «Inoltre – conclude Matsunami – il giudizio di chi controlla la qualità della carne potrebbe essere falsato dal Dna».
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