Luigi Maffini: ho imparato a fare il vino con Luigi Moio
di Enrico Malgi
Due chiacchiere con Luigi Maffini che conosco da alcuni anni, tra una degustazione dell’eccellente rosso “Cenito” ed un’altra del superbo bianco “Pietraincatenata”
Da quando tempo la tua famiglia produce vino?
“Mio padre Pietro, che ha origini emiliane e di professione faceva l’agronomo, nel 1972 ha impiantato il primo vigneto in località Cenito di Castellabate. I vini prodotti venivano poi venduti sfusi al dettaglio. Si è andato avanti così per più di venti anni, fino al 1995, quando ho deciso, di comune accordo con mio padre, di prendere personalmente in mano le redini aziendali, dopo essermi laureato e specializzato”.
Quali studi specifici hai approfondito in proposito?
“Dopo la maturità scientifica ho conseguito la laurea in Scienze Agrarie ad indirizzo Tecnico-Economico all’Università “Federico II” di Napoli, per poi specializzarmi in Scienze Viticole ed Enologiche presso la stessa Università, sotto le direttive del professor Luigi Moio, vero luminare dell’enologia nazionale e mondiale, il quale poi mi ha sempre seguito, dispensandomi ottimi consigli”.
Qual è stato allora il primo vino che hai imbottigliato e quali quelli che sono venuti dopo?
“Dalla vendemmia del 1996 ho iniziato a imbottigliare il Kratos (che in greco vuol dire forza, potere), con uve fiano al 100%; e poi sono stati prodotti il Kleos (sempre in greco significa fama, notorietà), assemblato con 80% di aglianico e saldo di piedirosso; il Cenito, con aglianico tout court, che rappresenta il nostro cru; il Pietraincatenata, con solo fiano; il Passito Fiano e il Denazzano rosato da uve aglianico”.
Quanti ettari vitati hai a disposizione, quante bottiglie produci all’anno e quali vitigni hai impiantato?
“Agli iniziali quattro ettari vitati in località Cenito, sono stati aggiunti altri nove ettari nei pressi di Giungano ed altri cinque ettari sono in affitto. Inoltre vengono acquistate uve da vignaioli di fiducia in zone limitrofe, che seguo personalmente in tutte le loro fasi di coltivazione. Le bottiglie prodotte mediamente in un anno ammontano a circa 100.000 e i vitigni che ho impiantato sono il fiano e l’aglianico in massima parte e poi mi servo in minima parte anche della barbera e del piedirosso”.
Io so che alcuni tuoi vini – e segnatamente il Cenito e il Pietraincatenata – hanno ricevuto molti riconoscimenti a livello nazionale, da parte delle più autorevoli e prestigiose testate settoriali. Come spieghi tutto questo interesse della stampa specializzata nei tuoi confronti e che effetto ti fa ad essere considerato un caposaldo della vitienologia campana e meridionale?
“E’ vero che i miei vini hanno ricevuto molti attestati di merito e di questo vado fiero, perché questo vuol dire che il mio lavoro, e maggiormente quello che rappresenta per tutto il Cilento, viene finalmente rivalutato e ripagato, dopo gli anni bui del passato, in cui la produzione vitivinicola cilentana e meridionale in generale era scarsamente tenuta in considerazione. Ma per me il massimo riconoscimento è quello giornaliero di veder crescere la mia azienda con prodotti di alta qualità, che vanno ad incontrare il favore dei consumatori”.
In definitiva, quindi, quali esperienze professionali vivi o hai vissuto con maggiore soddisfazione?
“Le mie esperienze professionali sono quasi esclusivamente legate alla mia attività di viticoltore e di trasformatore di uve e, quindi, di “comunicatore” del nostro territorio. Prima d’iniziare l’attività vitivinicola, durante gli studi universitari mi sono dedicato al settore della riproduzione musicale, come le amplificazioni valvolari, i diffusori acustici ad alta efficienza ed altre cose di questo genere. Esperienze queste che oggi ritengo molto vicine al mondo del vino, legate da un filo conduttore: il piacere di un buon vino e il piacere di un buon disco, rigorosamente in vinile”.
Quando hai cominciato la tua professione chi hai preso a modello, a chi ti sei ispirato, insomma?
“La maggior parte delle mie “ispirazioni” sono legate ai miei studi universitari ed al mio “professore” ed amico Luigi Moio”.
Cosa ne pensi della viticoltura attuale in genere e particolarmente di quella campana e cilentana?
“La moderna viticoltura ha sicuramente fatto passi in avanti, grazie alle tante ricerche di selezione di nuovi cloni per i nostri vitigni e anche per tutto quello che riguarda le tecnologie applicate al vigneto. In relazione alla viticoltura campana e, nello specifico al nostro territorio del Cilento, credo che si possa e si debba fare meglio e di più. Ritengo, infatti, che esistano ancora notevoli margini di miglioramento, viste le grandi potenzialità dei nostri vitigni”.
Quali i tuoi progetti per il futuro?
“Il futuro è segnato sempre dalla stessa strada da percorrere e ripercorrere all’infinito vendemmia dopo vendemmia, cioè il massimo impegno a 360 gradi, per cercare di ottenere sempre migliori risultati. Naturalmente ho anche in progetto, come work in progress, l’impianto di nuovi vigneti e la realizzazione della nuova cantina, che già sta nascendo”.
Finisce qui questa interessante, piacevole, rilassante e istruttiva conversazione con Luigi Maffini. Un personaggio positivo e di spicco del nostro tempo e del nostro territorio, che qualcuno in passato ha definito spigoloso e non molto disponibile al dialogo. Ebbene, se questa è indisponibilità a dialogare ne vorrei altri mille come Luigi da intervistare!
Prima di lasciare il ristorante rivolgo un’occhiata in giro e mi accorgo che i commensali hanno consumata tutta la cena e, naturalmente, si sono scolate tutte le bottiglie di vino che aveva portato Maffini (oltre al Cenito e al Pietraincatenata, anche il Kratos e il Passito). Io sono rimasto quasi all’asciutto, ma tant’è! Sicuramente ne è valsa la pena di rinunciare parzialmente alla cena conviviale, per chiacchierare con il nostro ospite.
*Estratto da un articolo pubblicato su Cilento Tempi diretto da Filiberto Passannanti
14 Commenti
I commenti sono chiusi.
grande Gigi…….grandi Vini!!!!!!!!!!!!!!
Che dire di quel vignaiuolo cilentano della buonora!?Che e’ un grande,che i “suoi” vini sono semplicemente un’emozione…ne cito solo uno perche’ ci vorrebbe tanto per dilungarsi senza mai stancarsi…Cenito 2005,punto…trattengo il fiato….davvero difficile trovare di meglio dall’aglianico in quell’annata cosi’ calda che se hai sbagliato mezza mossa o ti ritrovi una marmellata o una falegnameria…dunque,Cenito 2005 equilibrio,materia ,struttura e addirittura eleganza,terziari che appena cominciano a fare capolino,da stappare un po’ prima della degustazione,ma anche da conservare(sic!!!)per testarne lo sato evolutivo che io credo vi sorprendera’ comunque…godetevelo con un ragu’,con gli mbrugltielli,da solo o con un sigaro…grazie Giggi’…
Ho grande curiosità per questo uomo del vino, del quale apprezzo molto i vini. Il Pietraincatenata è uno dei miei bicchieri più cari. Lo si vede poco in giro, e questo mi fa pensare che sia uno schivo che lavori sodo in cantina e in vigna. Ogni volta che sono nel Cilento penso di alzare il telefono per fare un salto da lui. Un giorno lo farò.
Davvero un produttore poliedrico, rosso e bianco sempre da ricordare. Vero, si vede poco in giro
provati .buoni. poi chissa’ perche’ , mi fa simpatia :-))
Facciamo un pò di conta, in attesa che si pronuncino Luciano, Lello, Giancarlo im modo meno stitico e qualcun altro. A Giulia dico ha ha fatto bene a citare i “dioscuri” della vitienelogia cilentana. Però io ci metterei anche un terzo, cioè Rotolo che sforna delle chicche, giocate sempre sul binomio Aglianico-Fiano (Santa Sofia) niente male. A Domenico rispondo che il millesimo del 2005 del Cenito è stato molto buono, anche se io preferisco qualche altra annata. A Monica dico che fa bene a preferire il Pietraincatenata, ch è sicuramente il miglior fiano del Cilento e anche tra i migliori della Campania, checché ne pensi e dica Lello Tornatore… Pochi giorni fa, col gruppo di “Go Wine” siamo stati a cena con Luigi, il quale tra i vini che aveva portato, ci ha fatto assaggiare un Pietraincatenata del 2004 non più in commercio. Ebbene è stato veramente fenomenale. Qui ha ragione Luciano – e se permettete anch’io che vado dicendo queste cosa da moltissimi anni – il Fiano è il vitigno a bacca bianca autoctono più longevo d’Italia. E secondo me il vino che se ne ricava è tra i migliori d’Italia e anche in parte della Francia…
Allora, carissimo Enrico, lo so che in lingua italiana “allora” è conclusivo, però per noi meridionali i discorsi più impegnativi si iniziano con “allora”. A me, il “Pietraincatenata”, piace tantissimo(così come stimo molto Luigi Maffini, per la sua professionalità ma soprattutto per la sua umiltà) ed è sicuramente il miglior Fiano del Cilento. Non puoi affermare che il Pietraincatenata è uno dei migliori Fiano della Campania a meno che tu non riconosca che è il migliore Fiano nella sua categoria, il che significa che è il migliore in un confronto tra due o massimo tre vini. Bella forza!!! Se invece intendi paragonarlo ai Fiano di Avellino D.O.C.G. mi corre l’obbligo, non me ne volere,di rifarti la ripetizione di algebra :non si possono sommare le cipolle alle carote, cioè non si può paragonare due vini ottenuti da due terroir completamente diversi e da uve che in comune hanno solo una parte del nome( se insisti dovremo chiedervi di non utilizzare più ” l’appellation” Fiano ). Capisco il tuo fervore nel perorare la nobile causa Cilentana, e ti ho già dato atto che questo ti onora, ma io pur essendo irpino non mi sognerei mai di paragonare i fichi di S. Mango ( Av), seppur della stessa cultivar e seppur ottimi e famosi, alla stupenda supremazia dei fichi del Cilento dei quali ritengo non ci sia pari in Italia.
Enrico, questo significa che quando ci vedremo io penserò al Fiano di Avellino, tu dovrai portare, oltre all’ottimo Pietraincatenata del galantuomo di Maffini, anche i fichi del Cilento!!!
Ti abbraccio.
ti propongo di saggiare anche il fiano di san giovanni
allora, per essere meno stitico come dice tu, posso solo dire che anche per me il vino citato da luciano mi piace molto. non ricordo pero’ le due annate bevute di recente. sono piu’ un appassionato di rossi e ultimamente con le bollicine , che mi creano meno problemi, dopo. io qui spero di aver portato un’ unghia in piu’ riguardo ai ristoranti, per esperienza e passione. con il vino ho sempre avuto problemi nelle percezioni. e non mi e’ mai piaciuto il tono di autoreferenzialita’ e autocompiacimento che per solito trovo in molti soloni e sommelier . infatti adoro le fantastiche imitazioni del sommelier albanesiano. poi, probabilmente, la colpa e’ TUTTA vostra, naturalmente in senso lato, perche’ quando scrive il guardiano, DEL QUALE ONESTAMENTE NON PENSAVO DI LEGGERE UN SOLO RIGO, mi appassiono e mi interesso molto di piu’. ovviamente la battuta sul fatto che mi faccia simpatia maffini si riferisce ai cognomi.
mi permetto anche di dire una cosa : SIGNORI PRODUTTORI CHE SICURAMENTE LEGGETE, PERCHE’ NON INTERVENITE MAI DICO MAI A DIRE LA VOSTRA ? ci sara’ pure qualche affermazione che vi sembra fuori posto, sbagliata. qualche notazione tecnica che richiede una precisazione. lavorare la terra, seguire le stagioni, veder crescere l’uva ,vendemmiare, gli odori , la luna, la cantina. deve essere cosa meravigliosa. ma il mondo va avanti e non sempre inmodo sbagliato . IL WEB ESISTE ED E’ VIVO, CAZZO. venite qui , per favore ,diteci qualcosa. spendete un’ora al giorno.
ps . ovviamente non mi riferisco solo a maffini ,e’ chiaro.
ps 2 : ma quanti anno hai ,malgi . secondo me trentaduemila , anche se ne dimostri al max 60 :-)))
Hai fatto una domanda da un milione di dollari, Maffi. Bravo!. Ci avrò ragionato mille volte sulla spropoprzione tra contatti e commenti. Dei produttori, poi, non ne parliamo. Anche se qui, di commenti, ce ne fossero 100,pensa, non sareebbe nulla in confonto ai 3000 utenti unici che fa di sicuro il sito. Io credo sia questione di timidezza, dell’italica paura di essere giudicato. Tanto è vero che i blog e i social network non nascono nello Stivale originariamente. Per un compatriota le parole si pesano, gli interventi devono essere importanti, risolutivi. Non essere trash, è legge, pensa il silenzio per sempre. Mica come fa Maffi due che non fa altro che dire cavolate! Il mio invito è, nei limiti della educazione, è a dare sempre il proprio contributo. C’è molto di interessante in un commento di un utente che ci pensa da un pò, sensa contare che se uno scrive un post è per sentire che ne pensano gli altri . @Enrico: ci troviamo d’accordo. @Luciano: anche a me piace molto il Kratos. Parlavo del Pietraincatenata, del quale mi imbambola già solo il nome, perchè a mio gusto è davvero unico. Io, poi, me li bevo tutti. : ).
Sono molto contenta di questa intervista a Luigi Maffini: per me è davvero un personaggio misterioso che mi riproponevo di scoprire di persona.Grazie.
va beh. ho capito… che allora facciano un intervento, come dici tu ,risolutivo.
od anche solo un : grazie pischi , oltre che essere semignocca sei pur brava .
a proposito . inquietante ed intrigante quel tuo : ” parlavo del pietraincatenata, di cui mi imbambola solo il nome” !!!!!
(questa e’ di maffi due e forse perfino tre)
Io sono bianchista e trovo il Kratos (2001, 2004 e 2008) tra i bianchi più eccezionali mai prodotti al Sud per finezza ed eleganza.
Sono meno appassionato del Pietraincantenata, di cui amo la versione 2007
Il Cenito è ancora indecifrabile: presto organizzeremo una verticale in quel di vallo della Lucania e avremo modo di parlarne
Luigi e la moglie raffaella sono una splendida coppia e la loro attività rende onore al Cilento
@ Lello, stiamo sbattendo la testa da un pò di tempo e non riusciamo a capirci, nonostante l’instaurazione di un certo feeling tra di noi. Forse è colpa mia che non riesco a spiegarmi bene. Ripeto: il Fiano di Avellino Docg è un conto e il Fiano del Cilento o di altre località è un altro e forse fino a qui ci capiamo. Io non ho mai affermato che quello del Cilento sia superiore a quello irpino. Però, mi permetti di dire che comunque il clone varietale cilentano riesce abbastanza bene e non soltanto con Maffini?
Detto questo, dobbiamo soltanto organizzarci per un incontro speciale, va bene?
@ Giancarlo, tu sei veramente un birbante bergamasco-versiliese travestito da scugnizzo napoletano. Per gli anni che porto sono d’accordo con te: la foto riprodotta in compagnia di Maffini non mi fa giustizia. In effetti sei andato molto vicino: ne dimostro trentaduemila, ma ne ho appena 85 (sic!). Scusa, perché tu non appari mai, che cosa vuoi nascondere?Ti prego di rispondere con cortesia e gentilezza (qui ha ragione Monica: bisogna sempre usare un linguaggo appropriato…) Per quanto riguarda l’intervento personale di Maffini, o di un altro produttore, ti dico che proprio stamattina, prima di sbracarmi sulla spiaggia di Ascea Marina, mi sono sentito con lui. Volera veramente fare un commento, ma poi, dato il personaggio umile, schivo e laborioso, ha preferisso glissare per il momento. Forse interverrà più in là. Abbracci.
Va benissimo, non bene, caro Enrico, almeno quello che hai scritto adesso, non quello che avevi scritto prima!!! Per l’età, io credo che Maffi volesse scrivere trentadue ma per la fretta gli è sfuggito il …duemila!!!
P.S. Non dimenticare i fichi del Cilento. Affettuosamente Lello