LSDM Roma, Pasta Revolution di Eleonora Cozzella, Peppe Guida, Cristina Bowerman
Pasta Revolution, la pasta conquista l’alta cucina
Può la pasta secca, alimento imprescindibile della tradizione italiana (soprattutto al Sud), essere rivoluzionaria? Si, se a ripensarla, elaborarla, cucinarla sono cuochi coraggiosi e consapevoli, a volte anche irriverenti ma spesso geniali. Su questo assunto – e su 8 edizioni di Identità di Pasta, la giornata dedicata del congresso Identità Golose, da lei moderate – si basa il bel libro Pasta Revolution di Eleonora Cozzella, edito da Giunti.
Rivoluzionaria anche lei, sottolinea Luciano Pignataro, a cimentarsi appunto su un pilastro della cucina italiana, quasi sacro, che però ricorre poco sulle tavole dei grandi ristoranti e anche ai congressi gastronomici. «Le difficoltà nel proporre piatti a base di pasta secca al ristorante sono molteplici – conferma Eleonora – Innanzitutto appunto perché è un prodotto quasi sacro, e appartiene ai canoni della cucina di famiglia di ognuno di noi, per cui è raro che qualcuno ammetta che un piatto di pasta preparato dallo chef è migliore di quello di casa. E poi la pasta è un piatto semplice, quasi “banale”, che poco si presta a interpretazioni creative e sconta una “doppia natura”: è un prodotto già trasformato ma allo stesso tempo non finito, quindi non è vista né come materia prima “tal quale” né totalmente come opera del cuoco.
Negli ultimi anni, però, alcuni chef hanno iniziato a riflettere su questo e hanno provato a trattare la pasta come fanno, ad esempio, con il formaggio; altro prodotto dell’uomo che però viene impiegato in tanti modi e diventa ingrediente del piatto e non solo una “base bianca” su cui mettere una salsa, come invece spesso viene intesa la pasta». Non è un caso infatti, sottolinea ancora Eleonora, che di solito quando si parla di ricette di pasta si intendano ricette di condimenti mentre la preparazione della pasta viene relegata a poche righe “standard”. Ne libro invece, dopo un excursus sugli aspetti storici, sociali e culturali della pasta, sono raccolte 40 ricette – selezionate tra le circa 160 che l’autrice ha visto e assaggiato in 8 anni, in base appunto al loro essere “rivoluzionarie” – che raccontano appunto l’evoluzione della pasta e le sue possibili interpretazioni innovative. Ricette a volte semplici e replicabili, più spesso ardite e complesse perché frutto di studio e sperimentazione che ne scandagliano possibilità e aspetti reconditi, dalla cottura “estrema” (attenzione: non si parla di pasta scotta ma “surcotta” per scelta) che la rende materia plasmabile o farcia, fino alla reidratazione a freddo. Alla base resta però sempre il grande rispetto per questo prodotto così importante, la cui qualità è fondamentale per la riuscita del piatto, e la conoscenza della materia: «Puoi apprezzare quello che è rivoluzionario solo se conosci bene il tradizionale» conclude Eleonora Cozzella e non a casa accanto a lei, pronto a prendere in mano la padella, c’è Peppe Guida, grande interprete della pasta secca in tutte le sue sfumature, tradizionali e avveniristiche. «Uno dei pochi – dice Eleonora – che vince sempre la scommessa sul paragone con la cucina di casa!».
Peppe Guida, se la pasta diventa pastiera
Difficile dire se il piatto presentato al Baglioni da Peppe Guida – grandissimo interprete della pasta secca ma anche di tanti altri prodotti della sua terra, dal pesce ai formaggi come ricorda Lorenzo Sandano nell’introdurlo al pubblico romano – sia più tradizionale o innovativo. Di sicuro rivoluzionario nel mettere insieme due capisaldi del patrimonio gastronomico campano, la pasta e la pastiera, in perfetto equilibrio tra dolce e salato.
Gli spaghetti maxi di Gragnano del Pastificio dei Campi – scelti per il loro spessore ma pazientemente spezzati a mano nella grandezza desiderata dallo chef da alcune affezionate amiche – vengono cotti in una soluzione fatta al 50% di acqua e al 50% di latte di bufala, come anche il grano che viene lasciato
leggermente al dente, come qualcuno usa fare anche per la preparazione della pastiera tradizionale perché si senta sotto i denti. A pasta e grano, Peppe unisce la ricotta di bufala e il tuorlo d’uovo ottenendo un composto del tutto simile a quello che si usa per farcire il tipico dolce pasquale ma senza componente dolce e con una sapidità appena accennata, in cui il sapore della bufala è quello che tiene insieme il tutto. Peppe assaggia più volte per controllare l’equilibrio e, da cuoco abituato a stare più in cucina che sotto i riflettori, sottolinea: «Non riesco a capire come si possa fare un buon piatto senza assaggiare».
Sopra ogni piatto, con pazienza e grande cura, lo chef grattugia la scorza di agrumi freschi del suo giardino sorrentino – mandarino, arancio, cedro e limone – il cui profumo si spande per tutta la sala; altra sua grande passione, gli agrumi, che lo chef usa spesso e volentieri anche dove meno ce lo si aspetterebbe: «Provate a fare una gricia con il lime e vedrete!». Infine, a marcare il lato dolce del piatto, qualche seme di vaniglia e una spolverata di cannella. Il risultato è un piatto per nulla stucchevole, sul filo del rasoio tra sapido e dolce, che cambia sfumatura a ogni morso rivelando a tratti le note agrumate, a tratti quelle dolci che si affiancano al gusto della ricotta. Sullo sfondo, la pasta dalla cottura semplicemente perfetta che mantiene tutto il suo carattere.
Cristina Bowerman, aperitivo mangia&bevi
È Cristina Bowerman a chiudere la prima giornata di LSDM a Roma e, visto l’orario, ha l’eccellente idea di proporre un aperitivo più che un vero e proprio piatto. «Alla mia quinta partecipazione, volevo fare qualcosa di diverso e anche di divertente; ho iniziato a pensare a cosa rimanesse di inesplorato cercando di proporre allo stesso tempo qualcosa di leggero e poco impegnativo, adatto a chiudere una giornata densa come questa. Così mi è venuto in mente di giocare con l’aperitivo ma per carità, non chiamatelo apericena! » scherza la chef pugliese, moderata da Luciano Pignataro. Estrosa e meticolosa al tempo stesso, sempre pronta a studiare in profondità quello su cui decide di cimentarsi, la Bowerman arriva dunque in sala accompagnata dal barman Riccardo Gambino.
Insieme, hanno messo a punto un aperitivo “magia&bevi” dove la mozzarella è protagonista, strizzando l’occhio ai classici spiedini di bocconcini e pomodorini che imperavano nei buffet di qualche decennio fa e non sono mai scomparsi del tutto. «Sono partita dal cocktail: cosa c’è di più classico di un Martini? Ho chiamato in aiuto Riccardo proponendogli di crearne uno dove entrasse anche la mozzarella o meglio, una sorta di estratto ottenuto lavorandola al Bimby con latte di bufala e acqua di governo per esaltarne l’acidità. Ne è stato entusiasta». Nasce così – utilizzando tra l’altro anche prodotti di “scarto” della mozzarella in sintonia con la filosofia attenta agli sprechi alimentari che contraddistingue la chef e molti altri colleghi intervenuti a LSDM – l’inedito “Mozzarella Martini” con aggiunta di “acqua di mozzarella” che viene servito con un bocconcino di mozzarella immersa in acqua di basilico e accompagnato da aria al basilico. Lei, dal canto suo, ci abbina una sfera liquida di caprese, realizzata frullando pomodori semisecchi con latte di bufala e un po’ dell’acqua di bufala di cui sopra e versando il composto filtrato in degli stampi in silicone: la caprese in un boccone, da accompagnare con un sorso di Mozzarella Martini. Signori, l’aperitivo è servito.