Lo studio di una ristoratrice, la crisi della socialità? Offrire un sorriso può essere la soluzione?
di Francesco Costantino
La transizione digitale che sta “ci” sta attraversando, condiziona negativamente il comportamento.Agiamo ed interagiamo attraverso strumenti nati per altre funzioni. Veniamo a conoscenza di gioie e di dolori, dalla piazza virtuale, sembra che ci stiamo preparando ad un futuro di “solitudine”, dove il noi stesso, connesso ai nuovi device, si autososterrà. Penso al livello di frustrazione, quando ci si rivolge ad un customer care, senza poter interagire con un umano, che capisca le difficolta e che cerchi di aiutarti a risolvere il problema: l’impotenza che genera rabbia, rancore.
Alimentazione, outfit, intrattenimento: c’è l’App, c’è il delivery, c’è la consegna con il drone, c’è la stampante 3d, che fra poco sarà l’elettrodomestico principe della cucina.
Sarò io che sono nostalgico, ma bello della vita è viverla. Avere tutti questi servizi a disposizione è una buona cosa. Lo è, per chi non ha la possibilita fisica di deambulare, per chi vive fuori mano e non ha mezzi di trasporto, per chiunque ne abbia reale necessità. Ma vuoi mettere uscire e incontrare gente? La bella signora che si fa portare la spesa a casa dal garzone; provarsi un abito e chiedere approvazione con lo sguardo, dalla commessa (sperando di aver sconfinato nel bodyshaming). Avremo tutto il resto del tempo, l’eternità, per stare chiusi, godiamoci ogni goccia di vita: non ci sono seconde possibilità.
Usciamo e incontriamoci. Torniamo a toccare le cose prima di comprarle; scegliamo la cortesia e la gentilezza, perchè la gioia di un sorriso, scalda l’anima e nessun apparecchio elettronico può darci una scossa simile, se non il defibrillatore, ma a quel punto, anche no!
La premessa è lunga, ma concentra una serie di disagi che poi si riflettono sulle nostre azioni.
La ristorazione, ad esempio, vive un momento di profonda crisi di risorse umane, soprattutto quelle che hanno la sensibilità necessaria per rendere piacevole il tempo, che gli ospiti trascorrono a tavola.
E’ questo il focus di uno studio, condotto insieme ad team di professionisti, di una giovane imprenditrice de l’Aquila, che sulla filosofia del sorriso ha impostato la mission della sua azienda.
Massimiliana Ippolito, erede designata di una generazione di ristoratori, gestisce “lo scalco dell’Aquila”. Una galleria d’arte integrata al servizio, il bello al servizio del buono, ma c’è di più.
Sarebbe bello che questa filosofia trovasse proseliti, motivo per il quale pubblico parte dello studio, che può essere letto come manuale d’uso. A piè pagina (footer), i contatti per chi avesse voglia di approfondire il tema con l’autrice dello studio.
PROGETTO: CORSO DI FORMAZIONE PER LA GESTIONE DELLE RELAZIONI, APPLICATA AI SISTEMI DI RISTORAZIONE
Un corso di formazione collettivo, coadiuvato da un percorso terapeutico con uno specialista(psicologo/a), che aiuterà ad analizzare tutte le problematiche presenti tra i vari membri della squadra, che saranno in questo caso su una scala orizzontale, per capire come e dove è possibile migliorare i rapporti. Appare ora ovvio come, qualora si verifichino tutti i presupposti dei quali abbiamo parlato fino ad ora, si otterrà una squadra coesa, empatica, predisposta alla crescita.
Lavorare in condizioni simili è un bel traguardo che non può non portare ad un ambiente lavorativo sereno, anche quando si tratta di massimi livelli di stress e competizione. Se i soggetti interessati in un sistema sono singolarmente soddisfatti di ciò che stanno facendo, ritroveranno questa soddisfazione anche al di fuori dell’ambiente lavorativo, ma la consapevolezza dell’importanza del proprio lavoro e del proprio apprendimento li porterà ad identificare il sistema del quale fanno parte come un sistema sano e quindi, con buone probabilità, si verificheranno le condizioni per le quali verranno a lavorare sorridendo. Quelli che seguono, gli altri punti essenziali su cui focalizzare l’attenzione: Gestione delle relazioni applicata ai sistemi di ristorazione
– La Filosofia del Sorriso -Sorriso e Architettura – Anche gli ambienti devono sorridere
– Calore, bellezza, stupore – Sorriso e Psicologia
Le Interazioni Brevi
– Empatia – Le Interazioni prolungate – Scontro e confronto – Leadership di un Maitre –
Lavorare Sorridendo: l’importanza della Formazione –
Le conclusioni di Massimiliana Ippolito
Immaginate di entrare nel locale più bello che possiate immaginare, che sia esso un bar, un ristorante, un bistrot o un hotel. Immaginate gli spazi di questo locale pensati apposta per voi. Voi siete gli unici clienti ideali del locale, è un regalo, è tutto vostro. Qual è il vostro colore preferito? Lo stile artistico che più vi piace? Il caffè come quello di mammà o un gusto nuovo da assaporare? Quale rivestimento dei divani e delle sedie vi fa sentire più a vostro agio? Guardate un po’, persino le poltroncine sono talmente ergonomiche da sembrare fatte su misura. Come vi sentite? Bello vero? Tutti sognano un posto del genere. Bene, immaginate ora di essere accolti da qualcuno che con una freddezza (no, non è sinonimo di professionalità) mai vista vi accoglie e vi dice di accomodarvi in un dato punto. Immaginate che a prendere l’ordinazione venga qualcuno che si dimostra (attenzione, non ho detto che lo sia) totalmente disinteressato ai vostri bisogni e a ciò che vorreste. Immaginate che arrivi qualcuno a servire il vostro caffè con distacco, perché tanto sembra che siate solo un numero. Sì, è vero, state bevendo il caffè che più amate in un posto che non potete non amare, ma poi? Sì, insomma, vi hanno spiato per mesi per creare quel posto magico, che creasse quel connubio tra palato e passioni, fatto su misura per voi, come un vestito di alta sartoria italiana.
Ma poi? Cosa rimane poi quando il caffè finisce? Vi immagino, a caffè finito, a tazzina ritirata, soli al tavolo: “Va tutto bene Signore?” “Si, grazie! I miei complim….” Niente. È già andato via. O al massimo avrà accennato un Grazie al volo. Beh, bello tutto, grazie a tutti, ma forse domani andrete di nuovo in quel piccolo bar tabacchi sotto casa. Sì, proprio in quello che vi fa quel caffè imbevibile che vi costringe a bere un sorso d’acqua dopo. Proprio in quel piccolo bar dove la signora ha la stessa divisa da anni. Quella signora che ogni mattina, che vi fermiate o meno, vi rivolge un saluto con la mano, che vi accoglie sorridendo. Un gesto che ormai date per scontato, che arriva da quel vecchio bancone scolorito, ma che ha un sapore autentico.
Quella signora che anche se non avete voglia di parlare chiede come stanno i bambini, a cui dà sempre un lecca lecca se li vede, anche se poi ve lo fa pagare. Quella signora che anche quando è stanca non manca mai di rivolgere un gesto o una parola gentile, anche a chi non conosce. E’ vero, avete ragione, quel caffè è davvero imbevibile, ma poi? Una volta che il caffè finisce, una volta che il luogo passa in secondo piano, cosa rimane? Beh, credo che i grandi locali che hanno fatto e continuano a fare la storia del Bel Paese non possano più andare avanti senza buttare un occhio a ciò che è stato e che per fortuna, da qualche parte è ancora. E’ necessario fare una precisazione però, perché quando parlo di grandi locali non parlo solo di guide e stelle.
Parlo di tutti quelli che effettivamente, grazie alla loro professionalità, tengono il vessillo della cucina e lo fanno con una consapevolezza giusta, ma che forse, a volte, sa di arroganza (superbia). Dobbiamo ricordare, tutti noi, oggi, che se esistiamo lo dobbiamo alle piccole trattorie, ai bar sotto casa, alle osterie sparse per tutta l’Italia, ma anche ai piccoli ristoranti che portano avanti una tradizione con fatica, a tutti quei locali che arrancano a volte per entrare in quegli olimpi che poi sempre divini non sono. Dobbiamo ricordare, tutti noi, che un sorriso è gradito anche al più burbero degli ospiti.
Con questo non voglio dire che dobbiamo metterci a parlare per 40 minuti con ogni ospite, insomma, staremmo anche lavorando, senza contare il fatto che magari non tutti hanno voglia di parlare; si deve sempre trovare il giusto compromesso ed equilibrio, tendendo conto di chi abbiamo davanti. Ma un sorriso, non costa nulla. Un sorriso, purché sincero, si nota anche sotto queste mascherine che oggi dobbiamo indossare, anzi, più che mai in questo periodo, un sorriso sa di abbraccio. Un sorriso è il miglior biglietto da visita che possiamo avere e pensate un po’: è anche gratis! E poi è anche una questione di educazione, se vogliamo dirla tutta.