Lettera al cuoco che verrà
di Marco Galetti
Caro Leo,
sono lo zio Marco dal monitor, ho visto la tua foto e il tuo desiderio futuro, ancora per un po’ sono io ad essere il più alto dei due, ne approfitto per guardare lontano in quella che sarà la tua direzione e quello che mi sembra di vedere non mi incoraggia, ma c’è un’età per i dubbi e le preoccupazioni, che fortunatamente non è ancora la tua, tu, per dirla alla Kerouac, non hai nessun posto dove andare, se non dappertutto.
So che hai intrapreso una strada che ti metterà presto alla prova, ma non quella televisiva del cuoco, anche se il cappello che porti con orgoglio è quello, spero tu abbia scelto di fare qualcosa che ti dia soddisfazione, lavorare non deve essere un peso, perché il peso e lo stress paralizzano corpo e mente.
Vorrei raccontarti una storia, di quelle che ti raccontavo al mare dopo cena…uno psicologo insegnava ai suoi studenti come gestire lo stress, prese un bicchiere d’acqua, lo sollevò e chiese loro quanto fosse pesante, tutti sbagliarono risposta.
Non conta il peso, ma il tempo che passi col bicchiere in mano, un minuto nessun problema, un’ora braccio dolorante, un giorno braccio paralizzato, cerca di sollevare quotidianamente un bicchiere che ti piace, a lungo andare la capacità di sopportazione diminuisce e il bicchiere diventa pesantissimo.
Chissà se la tua strada, sarà in salita o in discesa, comunque sia, dovrai trovare da solo il passo più adatto a te, forse un giorno farai parte di una grande brigata di cucina o spadellerai in una piccola realtà, se diventerai un numero uno o il secondo di qualcuno, poco importa, in fondo siamo tutti secondi a qualcuno, mi basterebbe saperti sereno, tra cuochi, fuochi e fiamme.
Caro futuro cuoco, serviranno dedizione, sacrificio e costanza, fuoco acceso, fuoco dentro e padella in mano, non servire mai pane raffermo, nel quotidiano c’è sacrificio ma anche amore e non abbandonare per illusioni televisive il tuo posto di lavoro,
Quando andiamo dal barbiere cerchiamo lui, non un’apprendista stagista che, per giunta, non si chiama Monica e nemmeno Lewinsky…se questa non la capisci chiedi tranquillamente spiegazioni al babbo.
Un abbraccio dallo zio (si fa per dire) Marco, ma in fondo, è come se lo fossi.
(parziale riproduzione di “piccoli cuochi crescono” già pubblicato su Armadillobar)
3 Commenti
I commenti sono chiusi.
questa illuminata lettera dovrebbero leggerla tutti i cuochi/chef italiani !
Grazie a Lei, Giulia
Chissa…….
grazie marcozzo
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