L’eterna giovinezza di Salvatore Tassa
Salvatore Tassa ha sempre l’entusiasmo di un ragazzino. Facebook qualche mese fa mi offriva uno spaccato della sua vita: stagista a Le Pavillon Ledoyen. Sarà uno scherzo? Invece no, uno tra i più grandi cuochi italiani, interprete della cucina di materia e di territorio, ha approfondito nel regno parigino di Yannic Alleno la tecnica della crioestrazione. Si tratta del metodo attraverso il quale, a freddo, si estraggono i sapori dagli ingredienti e sul quale già da tempo è a lavoro come notava Luciano Pignataro giusto un anno fa. Durante il mio pranzo domenicale, spaziando tra novità e piatti storici leggo nelle parole di Salvatore l’entusiasmo di chi ha lavorato per anni sulla concentrazione del gusto e ora ha approfondito ulteriormente la tecnica principe attraverso la quale il suo palato mentale si ricongiunge alla reale costruzione nel piatto.
Questo è Salvatore Tassa, il “cuciniere di campagna” come lui stesso ama definirsi, che continua ad inseguire il sogno di un ristorante estremamente personale a km “zerissimo”, incentrato su materie prime autentiche e su un rapporto con il mondo vegetale molto forte.
Partiamo con le cialde ai semi ed alle verdure disidratate, un suo classico benvenuto che non stanca mai. Sostituisce anche il pane che qui non è presente. Si prosegue con gli aperitivi che in realtà potrebbero diventare velocemente dei piatti per quanto sono complessi e definiti.
L’uovo selvatico con cetrioli e radici fermentate è un piatto che potrebbe dare battaglia alla più estrema delle cucine nordiche ma che non perde un istante il profumo del territorio grazie alle erbe che olfattivamente ci localizzano esattamente dove siamo. L’uovo è quasi un elemento in più perché il gusto intenso del vegetale esplode in freschezza, struttura e profumo lasciandogli solo il compito di avvolgere con una nota grassa.
L’orto, piatto storico tutto vegetariano. E’ terribilmente maschio. Di orti su e giù per lo Stivale ne vediamo da anni, spesso cercano una nota grassa in salse, o la complessità nella ricchezza degli elementi. Qui poche cose: patata, carota e asparago e una salsa di rapa rossa come condimento talmente intensa che poche gocce armonizzano il tutto e rendono ancora più terragno il piatto. Bel lavoro sulle singole consistenze delle verdure. Patata grassa, carota fondente, asparago tenero.
Si prosegue con la trota di Vallepietra, elegante, magra e cotta alla perfezione. Pelle croccante e saporita. In abbinamento erbe e varie puntellature di salse, gel e succo di pioppini. Ogni morso un gusto diverso, impossibile annoiarsi.
Arriva il piatto del viaggio: ravioli ripieni di mandorle con estratto di fiore di mandorlo e liquirizia. L’estrazione del delicatissimo aroma dai fiori richiede tempo. Un piatto di cervello, un gioco di eleganti equilibri sostenuti dalla temperatura tiepida. Dispiace che in pochi secondi si consumi la semplicità di un lavoro così complesso ed essenziale.
Il cannolo croccante è servito come secondo per me che non amo la carne. Un piatto appagante e ricco, leggermente desueto ma, considerando che ha più di venti anni, c’è poco da aggiungere.
L’agnello alle erbe è profumato, la carne è quella autentica di territorio, le erbe sono quelle di campo. Un piatto che lascia il segno per la sua forza e compostezza.
Altro passaggio tutto vegetale, su richiesta, un’insalata con erbette spontanee. Nessuna foglia è lasciata al caso, fanno capolino anche delle tenere succulente che arricchiscono di complessità qualcosa che teoricamente dovrebbe essere semplice e banale. Completano dei bon bon gelati all’olio d’oliva.
Si termina con dei dessert complessi e poco dolci, potrebbero essere a loro volta dei piatti. Chiusura leggera ed al tempo stessa fuori dagli schemi con gli ingredienti principali, cioccolato e banana, che riescono ad emergere esaltati da varie componenti tra il dolce e l’acido, con giochi di consistenze ben studiati ed appaganti.
Dopo dodici anni di giri per ristoranti stellati devo ammettere che spesso la monotonia di certi temi che si rincorrono da nord a sud, unita alla voglia di molti cuochi di stupire senza avere di fondo la necessaria base tecnica, mi fanno preferire una pizzeria ad un ristorante. Il pranzo da Salvatore Tassa, no. Non mi annoia. Ritrovo la voglia di trascorrere qualche ora seduta, mi abbandono al susseguirsi di piatti dallo stile personale tenuti insieme da tanto buon gusto. Mi rinfranco nella convinzione che l’età è un concetto vago, possono susseguirsi i compleanni ma una mente curiosa e appassionata è sempre la porta per l’eterna giovinezza.
L’ultima mia cena alle Colline Ciociare
Le Colline Ciociare
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Tel.: 0775.56049