Volete aprire il ristorante a casa? O lo fate in nero o la legge Home Restaurant ve lo proibisce
di Laura Guerra
“E’ una legge che fa brindare solo le lobby dei ristoratori e che lascia l’amaro in bocca a chi vede vanificati due anni di sforzi diretti a trovare delle regole giuste e corrette per tutti. Una legge che impone tanti e tali controlli e limiti che porterà inevitabilmente alla rinuncia di tantissimi aspiranti cuochi casalinghi, soprattutto quelli che più avrebbero portato lustro ed esperienza al settore dell’accoglienza culinaria domestica”. Così Giambattista Scivoletto che a Modica ha fondato HomeRestaurant.com, piattaforma internazionale di Home Restaurant che verrà lanciata nei prossimi mesi con già 9000 iscritti da tutto il mondo.
La legge, appena approvata alla Camera con 326 voti favorevoli comincia a normare il fenomeno della ristorazione casalinga. I criteri cui si ispira sono fortemente restrittivi: autorizza un massimo di 500 coperti all’anno, un guadagno non superiore a 5mila euro annui, impone l’uso di piattaforme digitali per organizzazione, prenotazione di eventi gastronomici e loro pagamento esclusivamente attraverso sistemi elettronici e dunque tracciabili. La norma impedisce, poi, fare attività di home restaurant in un bed and breakfast, obbliga ad un’assicurazione sia sulla casa che per la copertura dei rischi derivanti dalla sua attività e introduce la “Scia”, ossia la dichiarazione di inizio attività commerciale al presso il comune di appartenenza.
Troppa burocrazia in contraddizione con lo spirito della sharing economy che si basa su una regolamentazione più leggera e che continua Scivoletto:
“E’ un settore che se si sviluppasse senza tutti questi limiti non intaccherebbe quello della ristorazione classica, la quale con 76 miliardi di volume d’affari nel 2015 schiaccia con ordini di grandezza a quattro zeri il probabile volume d’affari degli home restaurant; invece il relatore della legge (Angelo Senaldi Partito Democratico) è stato sordo alle istanze di 5.000 firmatari degli appelli che chiedevano regole semplici in linea con le raccomandazioni tanto dell’Europa quanto del ministro dello Sviluppo Economico.
Rimaniamo nella speranza che il Senato – conclude – possa apportare delle modifiche accogliendo lo spirito positivo che contraddistingue l’home restaurant: mangiare in casa piatti che conservano il sapore della tradizione ed essere soprattutto al Sud – spesso ingiustamente accusato di essere assistito e passivo _ un’occasione di sviluppo integrata nella filiera turistica ”.
Un commento
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Qualcosa mi sfugge… dove sarebbe lo scandalo, la vessazione, l’approccio da regime sovietico ? Solo perché, giustamente, si regolamenta in modo fermo l’aspetto fiscale, imponendo, ancora una volta giustamente, sistemi di pagamenti tracciabili e ricavi non superiori ai 5.000 euro annui, limite peraltro che già esistente da anni, relativo alle prestazioni occasionali, come appunto è, nello spirito, l’Home Restaurant ?
L’assicurazione ? Più che giusto, direi, visto che chiunque si avventurasse in una tale attività immagino la farebbe comunque, visto che nessuno vuole vedersi costretto a pagare di tasca propria, che so, i danni derivanti da un ospite che ti scivola in salotto.
Leggo che Scivoletto tira in ballo lo “sviluppo”, come se una condizione per esso sia la non regolamentazione, che invece è fondamentale in qualsiasi stato democratico, dove diritti e doveri devono essere uguali per tutti (vi prego, non aprite ora una polemica su questo punto :-))
Certo, forse c’è un pelino di burocrazia, ma sinceramente basta con questa storia delle lobby che bloccano tutto. Fino adesso l’Home Restaurant è sfuggito a qualsiasi regolamentazione, fiscale o sanitaria che sia. Direi che è giunt oil momento di porre rimedio.
Un saluto.