Le Restaurant de Jean-François Piège: la cucina delle emozioni
Venti posti al primo piano del 79 di rue Saint-Dominique a Parigi, questo è il regno di Jean-François Piège. Dopo le esperienze al Plaza Athénée e a Les Ambassadeurs à l’Hôtel de Crillon come executive nei ristoranti diAlain Ducasse, la nuova avventura in questo ristorante che porta il suo nome, aperto nel 2011, alla soglia dei quarant’anni.
La partenza è stata di quelle a razzo, Michelin Francia gli assegna direttamente le due stelle. Una piccola premessa per raccontare di uno chef di cui avevo letto spesso, ma pranzare in questo locale è una di quelle esperienze che mi porterò dietro per parecchio tempo.
Per mangiare qui bisogna seguire la “la règle du je(u)” in pratica una carta che prevede antipasti e dolci scelti dallo chef, che cambiano secondo la stagionalità, poi si può scegliere tra quattro ingredienti (da un minimo di 1 ovviamente, ad un massimo di 3) che lo chef interpreterà, che andranno a comporre i “piatti principali”.
Scelgo due ingredienti per comporre i piatti principali: Il bar de ligne (branzino selvaggio) e il veaux de lait (vitello da latte). Un servizio molto garbato, meno ingessato e spesso oppressivo dei grandi templi parigini della ristorazione. Pronti via e proviamo il miglior pane provato a Parigi nella nostra visita che è tutto dire.
Piccoli assaggi che sono un mix, tra la materia prima usata e la tecnica, molto buoni. Partenza a razzo.
Un granchio sfilacciato, una granita di camomilla arance e soia, delle briciole di pane croccante dei pezzetti di cetriolo. Temperature e consistenze diverse, inizio su note di freschezza e acidità. L’inizio perfetto.
Una focaccia molto soffice e porosa, quasi eterea, imbevuta in un succo di funghi porcini, completato da una granita di prezzemolo, per un risultato sorprendente come mangiare un concentrato di fungo porcino, elegante e senza alcuna pesantezza. Concentrazione di sapori.
La lingua di vitello (langue de veau moelleuse-croustillante) cotta a bassa temperatura per quattro ore, spugnosa e morbida da un lato, croccante e tagliata in filamenti sottili dall’altra. Tre salse in accompagnamento: una di carota e arance, una di rapa rossa e una di capperi, un pane cotto al vapore completa il piatto. La lingua di vitello il centro e tante note diverse e contrastanti per trovare la giusta esaltazione. Luna Park goloso.
Omaggio a Paul Bocuse, a una zuppa creata nel 1975, la suope aux truffes VGE ( in onore di Valéry Giscard d’Estaing). Un brodo di pollo, foie gras, porcini, nocciole e pezzi di pane, un disco di foie gras ricoperto di polvere di porcini e delle verdure tagliate in quadratini. Un piatto che profuma di autunno, di sottobosco, un gioco di consistenze da manuale, perché le verdure tagliate tutte uguali a quadratini delle stesse dimensioni restano croccanti. Passeggiata autunnale.
Un brodo di cocco, aringhe, cipolle secche, curry, lime e gamberetti. Altra citazione colta, altro omaggio, questa volta a Lucien Tendret, e alla ricetta inserita nel libro “la Table au pays” di Anthelme Brillat-Savarin. Ricetta classicissima ma con divagazioni asiatiche, che però tiene intatto tutto il sapore del piatto tradizionale, alleggerito e allungato del gusto. Neo classicismo
Ogni verdura con una cottura diversa, trattata perché sia intensa e persistente, il foie gras non è l’elemento centrale del piatto ma l’esaltatore del gusto delle verdure. Emozionante.
Il branzino selvaggio, straordinaria la materia prima alta tre dita, cotto a bassa temperatura e scioglievole all’assaggio è accompagnato da un estratto di polpa di melanzane (una purea da cui viene eliminata tutta l’acqua), da delle patate croccanti e da un fondo di coriandolo, e fiori d’aglio. Un piatto estremante complesso, molto buono, Il pesce resta sempre il protagonista del piatto, e i condimenti servono per esaltarne il gusto. Perfezione.
Una rapa rossa cotta sotto la cenere che assume la stessa consistenza del vitello, un fondo di quelli che solo un cuoco con le basi e l’esperienza della classicità può pensare e realizzare, delizioso. Intense le note terragne della rapa, il vitello è delicato, il piatto e completato da cinque foglie di spinaci che dona ad ogni assaggio la nota vegetale. Equilibrio assoluto.
Capitolo a parte per i dolci, che non hanno acidità o spigolature, sicuramente niente zuccheri superflui ma dentro ci si trova la voglia di ricordare i sapori e i gusti dell’infanzia. Una cucina, che partendo dalla tecnica e dalla classicità non si pone alcun limite, assolutamente personale, sartoriale, cioè tagliata addosso agli ingredienti per valorizzarli al meglio. Entra a far parte senza alcun dubbio del podio dei miei chef preferiti in assoluto. Una cucina che regala grandi emozioni.
Restaurant Jean-François Piège
79, rue Saint-Dominique
75007 Parigi, Francia
+44.(0)1.47054975
2 Commenti
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Niente panissa?
sabato…. la panissa