Le otto tendenze del mondo pizza in Italia: il rapporto del Cna


TuttoPizza - edizioni precedenti

TuttoPizza – edizioni precedenti

Cinque pizzerie su dieci sono fiduciose di aumentare il loro fatturato quest’anno. Tre su dieci prevedono un andamento in linea con il 2023. E solo poco meno di due su dieci temono un calo lieve (11,5%) o importante (7%). Insomma, anche per il 2024 niente (o quasi) crisi per i “pizzaiuoli” e la loro arte. E’ quanto emerge dall’Osservatorio pizza 2024, l’indagine che come di consueto “sforna” CNA (Confederazione Nazionale Artigianato)  Agroalimentare in occasione di TuttoPizza. Si tratta insomma di un mondo in netta controtendenza con il sentimento economico generale dell’Italia, tale da farlo somigliare al mondo del vino degli anni ‘90. La pizza attre investimenti da altri settori, interessa anche i fondi specializzati nazionali e internazionali, crea posti di lavoro, aumenta il potere di spesa rispetto alla media per chi ci lavora. In un momento in cui nelle trattorie si sta perdendo la forza familiare che le ha rette sino ad oggi e il finedining conosce una forte crisi di identità proprio nel nostro paese, il mondo pizza si presenta, secondo questa ricerca in maniera spumeggiante, pimpante e soprattutto con una grande voglia di innovazione.

Dario Costantini presidente Cna

Nuovo protagonismo
In Italia fino a non molti anni fa esisteva una spaccatura: da una parte la ristorazione, dall’altra la pizza. Ora che la pizza non è più un piatto da poveri a tavola si è conquistata un ruolo da protagonista. Il campione analizzato ne tiene conto: le pizzerie rappresentano circa il 40% del totale, i ristoranti-pizzeria intorno al 60%.
Orari & clienti
La maggiore affluenza nella quasi totalità dei locali che hanno partecipato alla indagine si registra a cena e nei fine settimana. Le famiglie rappresentano il 48% della clientela e i gruppi seguono a ruota. I giovani sotto i 30 anni costituiscono un terzo dei frequentatori. E sempre di più la pizza attira i turisti, ormai un quinto della clientela complessiva.
L’opzione “gourmet
Il salto di qualità della pizza nell’immaginario dei consumatori è dimostrato da un dato: oltre il 10% dei partecipanti all’indagine dichiara di preparare pizze “gourmet”, vale a dire pizze che vanno oltre l’ordinario, studiate e realizzate per stupire utilizzando materie prime di alta qualità come condimenti. Mangiare una pizza diventa così una esperienza che agisce su più sensi. Inoltre, chi sforna pizze “gourmet” ha una media di pizze servite quotidianamente più alta di chi sceglie la tradizione: 95 rispetto a 88.
La svolta salutista
Interessante anche l’utilizzo della materia prima. Solo il 27% di chi ha partecipato alla indagine utilizza esclusivamente farina di grano tenero. Oltre il 65% degli intervistati utilizza farine anche di altro tipo: integrali, di kamut, di farro, di grani antichi. Intorno all’8% usa farine senza glutine. Perdipiù, tre partecipanti su dieci utilizzano farine biologiche. Insomma, la svolta salutistica con più fibre, sali minerali, proteine e vitamine (oltre a un indice glicemico più basso nell’impasto) è ormai un’acclarata realtà.
C’è forno e forno
La metà del campione dispone di un forno a legna per la cottura delle pizze. Il 42% di un forno elettrico o a gas. L’8% di entrambe le tipologie. Significativa è la presenza ancora importante dei forni a legna. La legna non crea un calore “neutro” ma essendo materiale organico quando brucia rilascia sapori che diventano parte integrante della pizza stessa. E’ praticamente impossibile in un forno non a legna far risultare croccante fuori e morbida e fragrante dentro la pizza alta napoletana.
Cambio di abitudini
Il Covid e soprattutto i periodi di confinamento hanno cambiato le abitudini dei consumatori. Lo dimostra la crescita esponenziale delle consegne a domicilio (e dell’asporto). Sei interpellati su dieci ormai effettuano questo servizio. E con ritorni economici anche importanti. Per il 60% del campione l’incidenza di consegne a domicilio/asporto arriva al 30% del fatturato globale. Per il 7% dei partecipanti sale tra il 30 e il 50%. Per oltre il 26% di chi ha risposto alla indagine si situa tra il 50 e l’80%. E per quasi il 7% sfonda il muro dell’80% del giro d’affari complessivo.
A evidenziare il mutamento avvenuto nel business il numero di locali che dispongono di un sito Internet aziendale: rappresentano ben il 90%.
Condimenti territoriali
Negli ultimi tre anni ben sette pizzerie su dieci hanno introdotto condimenti dai forti legami con il territorio: dalla mocetta in Val d’Aosta all’asparago violetto in Liguria, dal culatello di Zibello in Emilia-Romagna alla provola d’Agerola in Campania, dal peperone crusco di Senise in Lucania alla ‘Nduja di Spilinga in Calabria, dal formaggio Piacentino Ennese al gambero rosso di Mazara del Vallo in Sicilia. Per quanto riguarda pomodoro e mozzarella. ingredienti principe della pizza, il pomodoro, dal tradizionale San Marzano, ha visto allargarsi la scelta a prodotti più di nicchia, come il “piennolo” del Vesuvio, mentre cresce la “fetta” appannaggio della mozzarella di bufala, rigorosamente da non cuocere.
I prezzi
L’indagine si è limitata a fotografare l’andamento della Margherita e della Capricciosa/Quattro stagioni. Il 30% delle pizzerie del campione offre la Margherita a meno di 5 euro, il 62% tra i 5 e gli 8 euro, il 4% tra gli 8 e i 12 euro e il 4% oltre i 12 euro. Per quanto riguarda la Capricciosa/Quattro stagioni il 46% di quanti hanno partecipato alla indagine la vende tra i 5 e gli 8 euro, il 50% tra gli 8 e i 12 euro, il 4% oltre i 12 euro.