Le Macioche e il suo Brunello di Montalcino tra passato, presente e futuro | Garantito IGP
di Andrea Petrini
Tra i momenti più interessanti di Benvenuto Brunello sono sicuramente gli eventi paralleli alla manifestazione che, in genere, si concretizzano in esclusive visite in cantina oppure importanti verticali organizzate ad hoc per alcuni giornalisti.
Spesso le due attività vanno di pari passo così come è capitato a me quando, assieme alla Stefy, siamo stati invitati presso Le Macioche
per scoprire la nuova vita di questa importante aziende ilcinese che è stata acquisita a settembre 2014 da tre giovani imprenditori veronesi, Stefano Brunetto – direttamente coinvolto nella gestione – Massimo Bronzato e Riccardo Caliari.
La tenuta vitivinicola, situata nei pressi dalla millenaria Abbazia Romanica di Sant’Antimo, si estende per circa sei ettari – di cui tre a vigneto classificato Brunello – disposti a una quota media di 420 metri s.l.m. orientati a sud-sud/est, per una produzione totale media di 18.000 bottiglie di vino e di 300/500 litri di olio. Importante sottolineare che, dal punto di vista agricolo, Le Macioche è in conversione e dal 2018 sarà bio-certificata.
Incontriamo Stefano e Riccardo in azienda e con loro, prima del classico giro in cantina, ripercorriamo la storia della tenuta che inizia negli anni Ottanta grazie a Matilde Zecca e Achille Mazzocchi, una coppia piena di passione per la terra e per il vino, che nel tempo riesce a creare un prodotto di altissima qualità tanto da farsi subito conoscere da critici e consumatori in tutto il mondo. Condurre una azienda di vino a Montalcino può essere un lavoro faticoso per cui, come già detto, due anni fa si arriva al passaggio di proprietà che ha fornito nuovo impulso imprenditoriale attraverso un re-branding il cui unico obiettivo era non stravolgere quanto di buono è stato fatto fino ad ora dai vecchi proprietari che avevano puntato tutto su tradizione e qualità senza compromessi.
In tale ottica tutte le persone che già lavorano per la vecchia proprietà, sia in vigna che in cantina, sono state mantenute così e in tale ambito, nel suo ruolo di enologo, è stato riconfermato Maurizio Castelli che dal 1997 collabora proficuamente con Le Macioche garantendo esperienza e rispetto del territorio.
Mentre parliamo continuiamo il giro ed entriamo nella piccola cantina, ancora a livelli artigianali, dove vengono prodotti per ora solo il Rosso di Montalcino, vinificato in tini di acciaio, e il Brunello di Montalcino che, a differenza del precedente, viene vinificato in tini di legno troncoconici. La fermentazione, per tutti, avviene grazie all’uso esclusivo di lieviti indigeni.
Terminata la fermentazione malolattica, il Rosso di Montalcino riposa per circa dieci mesi in tonneaux da 5 Hl, mentre il vino destinato a divenire Brunello è trasferito in botti ovali di rovere francese da 30 Hl dove rimane ad affinare per quaranta mesi, mentre nel caso della Riserva il periodo di affinamento arriva a cinquanta mesi. Proprio le botti rappresentano un importante elemento di rinnovamento in cantina: quasi tutte le vecchie botti sono state sostituite dall’eccellente rovere francese di Marc Grenier, di produzione artigianale e su misura.
Ci dirigiamo verso la saletta di degustazione dove Stefano, Massimo e Riccardo ci hanno organizzato una piccola verticale di Brunello di Montalcino partendo dall’annata 1997 fino ad arrivare alle 2009.
“Questa è la preziosa eredità che ci hanno lasciato Achille e Matilde, vini di grande carattere e sinceri le cui caratteristiche non saranno tradite dal nuovo corso“. Stefano, pronunciando queste parole, dà il via alla degustazione che, come vedrete, riserverà tante conferme e qualche sorpresa.
Le Macioche – Brunello di Montalcino 2009: da questa annata a mio giudizio sottovalutata nasce un sangiovese gagliardo e dai tratti aromatici contraddistinti da frutta rossa croccante ed erbe officinali. Sorso dotato di tannino finissimo e splendida sapidità che accompagna il finale di bocca.
Le Macioche – Brunello di Montalcino 2008: l’annata è stata senza dubbio problematica e in linea generale a Montalcino ha fornito vini freschi, schietta e di ottima beva. Non fa eccezione questo Brunello dove dinamicità e snellezza la fanno da padrone. Sorso equilibratissimo. Ottimo compagno di tavole imbandite.
Le Macioche – Brunello di Montalcino Riserva 2006: altra annata sottovalutata che, invece, ha fornito grandi risultati soprattutto se, come fatto dalla precedente proprietà, si dà vita ad un Riserva davvero degna del suo valore. Ampio il naso dove ritrovo la ciliegia, la viola, una leggera speziatura, tocchi di resina e lievi note di tabacco e sottobosco. Sorso ancora generoso, ha grande forza gustativa ma, al tempo stesso, un corpo proporzionato segnato da decisa freschezza e tannino levigato.
Le Macioche – Brunello di Montalcino Riserva 2004: da una annata a cinque stalle nasce questo sangiovese in purezza che presenta un naso espressivo dotato di intensi profumi floreali e una straordinaria freschezza che solo col tempo, grazie all’ossigenazione del vino, si amplia e si rafforza grazie ad estroverse sensazioni di tabacco biondo, cola ed erbe aromatiche. Fine ed equilibrato in bocca, ha ancora tantissimo tempo davanti a sé.
Le Macioche – Brunello di Montalcino 1999: austero, tradizionale, ha tutti i crismi per essere considerato come quei film in bianco e nero che, con la loro eleganza e quel po’ di understatement, non passeranno mai di moda emozionando generazioni di appassionati.
Le Macioche – Brunello di Montalcino 1997: da un millesimo esaltato in passo che oggi invece sta dando risultati deludenti in termini di tenuta, nasce questo vino che rappresenta nel panorama di Montalcino una piacevole eccezione per integrità, succosità ed equilibrio perfetto. Così dovrebbe essere un grande Brunello di quasi venti anni. Piccola curiosità: questo è stato il primo anno di Castelli in azienda. La strada è stata tracciata, spetta ora a Stefano, Massimo e Riccardo percorrerla nel migliori dei modi.
Prima di concludere il post un’altra piccola curiosità riguardante la nuova etichetta dove, in bella mostra, si nota una radice. Ebbene, non parliamo di vite bensì della radice del corbezzolo, che nel dialetto di Montalcino si chiama appunto “macioca” da cui Le Macioche.
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