L’Arte del Pizzaiolo, il primo libro scientifico sulla pizza napoletana
di Fosca Tortorelli
Si torna a parlare di pizza napoletana, questa volta con un approccio scientifico e uno sguardo rivolto al futuro. In un settore in cui abbondano opinioni e miti, uno studio multidisciplinare ha fatto chiarezza, offrendo dati concreti e un’analisi approfondita.
Dopo quattro anni di ricerca, lunedì 10 febbraio, nella suggestiva Sala Cinese del Dipartimento di Agraria di Portici, è stato presentato il libro “L’arte del pizzaiuolo napoletano tra tradizione e innovazione”, edito da Doppiavoice, che raccoglie e divulga i risultati dello studio. Il progetto ha coinvolto cinque università italiane e un team di 20 tra ricercatori e docenti, coordinati dal professor Paolo Masi, emerito di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università Federico II di Napoli, con il contributo attivo del maestro pizzaiolo Enzo Coccia, fondatore della pizzeria La Notizia.
L’approfondimento scientifico di questo libro, come ha sottolineato il giornalista Luciano Pignataro, moderatore dell’incontro, esplora aspetti tecnici, nutrizionali e innovativi della pizza napoletana, colmando una lacuna nella letteratura scientifica sui processi di produzione.
A sostenere questa iniziativa anche Antimo Caputo, CEO di Mulino Caputo di Napoli, che ha finanziato due borse di studio per giovani laureati del Dipartimento di Agraria di Portici. “Questo lavoro scientifico vuole essere un supporto per la nuova generazione di pizzaioli, che devono acquisire conoscenze e competenze per affrontare il futuro del settore,” ha dichiarato A. Caputo. “Il valore di questo libro sta anche nel riconoscimento dell’artigianalità, non solo come manualità, ma come espressione di pensiero e, ora, anche di scienza.”
Un riconoscimento dell’importanza culturale della pizza napoletana era già arrivato il 7 dicembre 2017, quando l’UNESCO l’ha proclamata Patrimonio Immateriale dell’Umanità, come ha ricordato Alfonso Pecoraro Scanio, figura chiave nella promozione e tutela del patrimonio culturale e ambientale italiano. Un traguardo significativo che ha contribuito a valorizzare la figura del pizzaiolo come artigiano e a mettere al centro l’aspetto umano di questa professione.
Un libro che, come ha evidenziato il Prof. Masi, è nato non solo per il forte impatto economico del mondo pizza, ma anche per la considerazione dell’arte del Pizzaiolo napoletano, da intendersi come la “tecnologia con cui viene prodotta la pizza napoletana”.
Come sottolineato dal professor Masi, il valore economico della pizza napoletana è enorme; in Italia si consumano circa 8 milioni di pizze al giorno, con un giro d’affari di 15 miliardi di euro l’anno e oltre 40mila pizzerie operative. A questo si aggiunge un indotto rilevante che comprende la produzione di farine, forni e attrezzature specifiche. Tuttavia, mancava finora uno studio scientifico di riferimento che spiegasse i processi alla base di questo patrimonio gastronomico.
Il libro rappresenta un contributo fondamentale per superare il folklore e le credenze empiriche, fornendo risposte chiare su aspetti tecnici e sensoriali della pizza. Sono stati esaminati tutti gli elementi che influiscono sulla qualità finale del prodotto, dal tipo di ingredienti ai metodi di preparazione e cottura. Particolare attenzione è stata data agli aspetti salutistici e al dispendio energetico della produzione.
Significativo il contributo offerto dal Prof. Mauro Moresi, professore di Tecnologie alimentari dell’Università della Tuscia, che ha analizzato le differenze tra i tre principali tipi di forni – a legna, a gas ed elettrici – e il loro impatto energetico e ambientale. Un tema sempre più rilevante, che non riguarda solo il consumo ai tavoli, ma anche l’asporto. Questo lavoro si è potuto concretizzare grazie alla collaborazione di Enzo Coccia, che ha fornito dati utili per uno studio dettagliato
La pizza napoletana resta un simbolo della tradizione gastronomica italiana, ma l’attenzione scientifica che sta ricevendo apre nuove prospettive per il settore. Nuove farine, tecnologie di cottura e modalità di consumo non vogliono stravolgere l’identità di un prodotto storico, ma renderlo più accessibile a un pubblico sempre più vasto e consapevole.
Perché, in fondo, come è stato più volte ricordato “la tradizione di oggi è l’innovazione di ieri”.