L’archeo-wine project di Francesco Gabriele Bafaro
di Marina Betto
Ha studiato archeologia in Calabria e poi a Matera post laurea durante il Dottorato in Archeologia Classica ha seguito presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici un corso monografico sul vino nell’antichità ed è in quel momento che Francesco Gabriele Bafaro decide di diventare viticoltore e produrre vino proprio come si faceva nell’antichità grazie ad un accurato studio della letteratura antica e ispirandosi alle fonti archeologiche e iconografiche per riprodurre l’antico processo di vinificazione. Archeologo di carriera, viticoltore per vocazione, ideatore e fondatore di questa piccolissima azienda da lui battezzata archeo-enologica Acroneo che gode del patrocinio dell’Università della Basilicata, Francesco Gabriele Bafaro unisce così due passioni che non tardano a dare i primi frutti.
La cantina fondata nel 2017 ad Acri ai piedi della Sila in Calabria, diventa la fucina dei suoi studi e delle sue sperimentazioni perché il progetto di Francesco Gabriele è quello di fare esattamente il vino del passato più arcaico. Riporta in produzione vecchi vigneti in totale abbandono nella zona di Acri a San Demetrio Corone un paese Arbereshe dove vivono i discendenti degli antichi Albanesi in provincia di Cosenza ai piedi della Sila a 400 m. s.l.m. dove il clima è continentale e dove si può in primavera scegliere di andare a sciare sulle montagne vicinissime o scendere sulla costa e farsi un bagno in mare.
I vigneti furono impiantati nel 1954 da una cooperativa poi fallita, 2 ettari e ½ tra Magliocco, Greco Nero e Greco Bianco ma di alcune piante preesistenti deve ancora essere studiato il genoma, per classificare le uve, perché l’archeo-botanica è un’altra delle passioni di questo giovane imprenditore che non si lascia intimorire dal fatto di trovarsi in un territorio depresso dove i giovani come lui praticamente non ci sono e chi sa se il suo esempio imprenditoriale non faccia da sprone per qualche altro, visto che molto del futuro economico dipenderà dalle campagne. Le anfore nelle quali vinifica alcuni vini sono progettate da lui stesso nella forma che ricalca quelle storiche, la materia scelta è l’argilla calabrese che non rilascia poi sensazioni ferrose e minerali al vino niente Impruneta insomma. Tutto ci porta a questa magnifica terra che è la Calabria che gli antichi Greci chiamavano Enotria da cui il vino viaggiava per tutto il Mediterraneo. Ma non si tratta solo di un semplice passaggio in anfora, anche la pigiatura dell’uva avviene in elementi naturali come le navazze, in pratica dei tronchi scavati, vengono ancora utilizzati anche dei torchi manuali. Colpisce nei vini di Acroneo la delicatezza, la fragranza delle sensazioni offerte, non vi è nessuna ridondanza in questi vini che pur volendo ricordare il passato sono vini moderni che trovano una perfetta quadra con il cibo. I vini in anfora sono prodotti un po’ in tutte le regioni italiane da quando Josko Gravner ha prodotto nel Collio utilizzando anfore georgiane interrate con un metodo che prevedeva lunghe macerazioni; poi vini in anfora si sono via via prodotti in Sicilia sull’Etna, in Trentino, in Toscana e Lazio. La porosità dell’anfora favorisce uno scambio di ossigeno che avviene lentamente senza cedere nulla al vino come accade invece con il legno che cede quelle sensazioni boisé e di vaniglia. In questo modo è il vitigno ad essere messo in evidenza con le sue qualità, il suo carattere varietale.
Vino di Raffaele IGP 2019 14,5% vol. è un blend di Magliocco e Aglianico. Rosso rubino trasparente con unghia porpora bouquet molto fine, floreale con richiamo di spezie dolci, marasca insieme alle olive nere, inchiostro, cenere e note cipriate. Il sorso è fresco, succoso con accenti fruttati e tannino levigato, la potenza alcolica si avverte ma è molto ben bilanciata dalla freschezza, sul finale accenni di liquerizia dolce nell’allungo.
Arkon Rosso Dominatore IGP 2019 15,5% vol. è un Magliocco in purezza, vinificato e affinato in anfore interrate per sei mesi. Porpora intenso e fitto. Naso che si tuffa tra i fiori di geranio e garofano, rosa, ciclamino con accenni di sottobosco ed erbe, fungo e vibrazioni balsamiche. In bocca sembra puro succo di frutta nera, d’uva e prugne, allappante per il tannino ancora giovanissimo; il sorso fresco e piacevole maschera la botta alcolica con grande agilità, la beva risulta setosa e godibile pur avendo il vino una solida struttura; vuole un accompagnamento come la carne in salmì, carne alla brace, salumi e formaggi stagionati.
Creta Calabria IGP Aglianico vendemmia 2019 13,5% vol. rubino con unghia porpora. Accenni mentolati e di frutta si mescolano alle spezie dolci. La morsa tannica è subito evidente mitigata da una certa morbidezza del vino, il sorso rimane fresco e armonico, di grande impatto pur rimanendo di facile beva. Perfetto con la pasta al forno e gli intingoli di carne.
Archeo- Enologica
Via Serricella 28 87041 Acri (CS)
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