L’amara sentenza sugli ‘amari digestivi’
di Sara Cordara*
E’ molto raro recarsi in un Paese estero e, dopo un pasto, chiedere un amaro digestivo. Contrariamente, in territorio italiano è quasi un “must ” ricorrere ad un qualcosa da sorseggiare per concludere, magari, una sfiziosa cenetta. E’ parte integrante della nostra tradizione, è godurioso e da sempre ci propinano l’idea che l’amaro a fine pasto ci aiuti nella digestione. Proprio con questa scusa, circolano tanti luoghi comuni. Comincio con una sorpresa, al contrario di quanto si pensi comunemente, l’idea che l’amaro aiuti la digestione è soltanto un’illusione. Fermi tutti! Prima di attaccarmi, non intendo dire che è un prodotto alimentare di serie B, anzi, è mia abitudine quando sono in compagnia gustare un bicchierino di un ottimo amaro digestivo, perché è gradevole, è piacevole, è appagante e distende i nervi. Potrei attribuirgli numerosi appellativi positivi, ma non che sia un coadiuvante della digestione e, quindi, da assumere dopo il caffè.
Ma cosa sono davvero gli amari digestivi? Sono degli infusi di diverse tipologie di erbe in alcool. Si utilizzano piante o radici come achillea moscata, semi di anice, menta piperita, bacche di ginepro, genziana, assenzio, rabarbaro e spezie quali cannella, zafferano, chiodi di garofano oppure cortecce o bucce di agrumi.
Il tutto
è triturato e messo a macerare in una soluzione alcoolica o idroalcoolica per estrarre le varie essenze, successivamente filtrato, e infine mescolato con il caramello. Il segreto che caratterizza ogni ricetta sta proprio nel tempo di macerazione dei vari ingredienti.
Tra le tante etichette, ve ne sono alcune che godono di fama internazionale. Attualmente, ogni regione italiana ha il suo amaro tipico in base alle erbe, alle piante e agli alberi che crescono in zona. Anche se la produzione si è pian piano spostata dai frati e dai monasteri alle industrie, esistono amari in cui avviene una macerazione in alcool di oltre 40 erbe e un affinamento in botti di rovere per oltre un anno.
Ma senza andare fuori tema, vi siete mai chiesti cosa rende gli amari digestivi? Saranno davvero le erbe utilizzate ad azione distensiva e stimolante? Secondo voi è corretto sottolineare sulla confezione le loro proprietà digestive?
Ne abbiamo proprio la certezza assoluta? Se da un lato si ha una sensazione di leggero bruciore che si avverte nello stomaco (il gusto amaro delle erbe, infatti, stimola le papille gustative e aumenta la secrezione di saliva e di succhi gastrici, dandoci l’impressione che stiamo digerendo meglio) dall’altro lato l’alta gradazione alcoolica (la maggior parte degli amari si aggira intorno ai 30-35°) irrita le pareti dello stomaco e può rallentarne lo svuotamento. Inoltre, molti di loro contengono parecchio zucchero, quindi anche se ci sembra di aver “digerito” il nostro pasto, in realtà non abbiamo fatto altro che aggiungere calorie a quelle già assunte.
Ci sono poi delle aziende che ingannano il consumatore, ho trovato addirittura alcuni amari che dichiarano di non avere nessuna gradazione alcoolica e di essere solo a base di estratti di erbe, ma spesso il processo fermentativo delle stesse erbe produce un minimo di gradazione alcoolica, quindi attenzione! L’unico amaro che mi viene in mente, del quale ne è stata accertata la garanzia medicinale ed è quindi venduto in farmacia, è l’Amaro Medicinale Giuliani, con solo il 7% di gradazione alcoolica e con estratti di rabarbaro, genziana, più altre erbe.
Se proprio dovessi attribuire delle proprietà digestive, pur non contenendo delle erbe medicinali, le affiderei sicuramente ad un vino a bassa gradazione alcoolica (10-14°), che può favorire la digestione perché l’alcool, se assunto a piccole dosi durante un pasto, stimola una minima secrezione gastrica. Tuttavia, se non ricordo male la Corte di giustizia dell’Unione Europea (Cgue) ha emesso una sentenza il 6 settembre 2012, in cui un vino non può essere “ facilmente digeribile ”. La controversia era nata tra Deutsches Weintor, una cooperativa viticola tedesca, e Land Rheinland-Pfalz, cioè l’organo che controlla la commercializzazione delle bevande alcooliche nel Land Renania-Palatinato. Ciò che si contestava all’azienda era la dicitura sull’etichetta «facilmente digeribile» in virtù del ridotto tenore di acidità.
A stomaco vuoto l’etanolo è ancora più dannoso per l’organismo perché la mucosa gastrica non è protetta dal cibo ed è dunque più vulnerabile. Ecco perché il miglior momento per bere un amaro, ad alta gradazione alcoolica, è al termine del pasto più abbondante della giornata o, comunque, alla sera. Fate poi attenzione, leggendo la lista degli ingredienti sull’etichetta, al colorante aggiunto: in alcuni casi è possibile trovare l’E 150, il caramello che conferisce un colore che va dal bruno al nero, ottenuto mediante riscaldamento secco e bruciatura di zuccheri in presenza di alcali, ammoniaca, solfiti o di qualsiasi combinazioni di questi composti. Finche leggete la presenza dell’ E 150 A o B diciamo che è ok, invece se sono presenti l’E 150 C o D iniziate a preoccuparvi, la normativa europea ha anche fissato per quest’ultimi delle dosi giornaliere accettabili (DGA), proprio per l’ipotesi di alcuni effetti cancerogeni per l’uomo.
Arriviamo ora al giro di boa e al tasto dolente: l’apporto calorico. Un bicchiere di amaro da 30 ml contiene 55 calorie (5 arrivano dagli zuccheri, introdotti per “correggere” il gusto amaro delle erbe, le altre 50 dall’alcool). La prima cosa che verrebbe da dire è: “ chi ha problemi di linea, dunque, farebbe meglio a evitare gli amari ”. Sfatiamo questo luogo comune, ribadendo per l’ennesima volta che è la dose/quantità che rende qualcosa dannoso per l’organismo. Un altro importante aspetto da non sottovalutare è che, nonostante la tradizione comune voglia le cose naturali e preparate in casa più salutari rispetto a quelle prodotte industrialmente, l’amaro rappresenta una delle eccezioni. Infatti, per le produzioni industriali difficilmente si utilizzano i veri estratti delle piante ottenuti per infusione, ma semplicemente degli aromi naturali che a primo acchito potrebbero sembrare di qualità inferiore, ma in realtà sono più stabili e si mantengono inalterati nel tempo. Le erbe unite all’alcool, rischiano di alterarsi e diventare anche tossiche con il passare del tempo, in quanto continuano a fermentare senza nessun controllo.
Desidero concludere con una frase che ha destato la mia attenzione leggendo il Libro “Vini d’Italia” di Luigi Veronelli: “ l’amaro dovrebbe essere preso secco o in alternativa alternato con acqua ghiacciata in quanto deve essere prima accarezzato con lo sguardo, poi con le labbra ed infine con la lingua, senza fretta, in piccoli sorsi, come se fosse qualcosa di raro e prezioso che una rapida sorsata potrebbe distruggere ”.
Nulla di più corretto.
*Nutrizionista – specialista in scienza dell’alimentazione
Un commento
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Complimenti, bell’articolo!