L’Aglianico è l’uva rossa più nobile d’Italia, parola del blogger americano Tom Maresca
Su segnalazione di Franco Ziliani, traduciamo e volentieri pubblichiamo questo articolo
di Tom Maresca
Aggiungete un altro nome all’elenco crescente di illustri cantine del Sud Italia: Donnachiara. Questa azienda di famiglia vinifica tutte le uve classiche campane, le bianche Falanghina, Fiano e Greco e il nobile rosso Aglianico.
Sono 30 anni che celebro le qualità di queste varietà e nulla mi rende più felice di vedere una nuova cantina entrare in scena con una linea di vini eleganti e assolutamente tipici. Questa cosa alza l’asticella per tutti, produttori e consumatori, e può essere solo una cosa buona.
Sfortunatamente fa ancora troppo poco notizia tra il pubblico del vino che queste quattro varietà sono tra le migliori in Italia. In particolare credo fermamente che l’Aglianico abbia la potenzialità per diventare la varietà rossa più nobile dell’intera penisola. Quando arriverà il tempo in cui produttori e consumatori accorderanno all’Aglianico il rispetto che i Piemontesi ora danno al Nebbiolo e che quelli della Borgogna hanno dato al Pinot nero, sono convinto che quest’antica varietà del Sud Italia darà a entrambi del filo da torcere. Da quest’uva si produce un vino capace di straordinaria profondità, complessità e longevità come il favoloso Taurasi Riserva 1968 di Mastroberardino sta dimostrando da quattro decenni.
Ilaria Pettito è la quinta e ultima generazione della famiglia che sta dietro alla cantina Donnachiara e la più giovane di una lunga serie di donne dedite e competenti che gestiscono l’azienda. Sono stati produttori per cinque generazioni, producevano vino per l’autoconsumo. Fu iniziativa della madre di Ilaria – la Donnachiara da cui la cantina prende il nome – di soddisfare il sogno di sua madre e sua nonna (la Marchesa Donna Chiara Mazzarelli Petitto) di produrre versioni pure ed eleganti delle più caratteristiche varietà locali campane. Per un certo tempo la famiglia aveva accumulato vigneti in zone vocate dell’Irpinia – Taurasi per l’Aglianico, Tufo per il Greco e così via. Nel 2005 è nata l’azienda.
L’Irpinia non è un nome familiare per la maggior parte dei consumatori americani ma merita di essere famosa come Napa o – oserei dire – la Côte d’Or. Le sue colline e valli si trovano a circa 30 chilometri (di più se ci si insinua nelle strade interne) a est di Napoli. I suoi alti e freschi pendii e i ricchi suoli vulcanici sostengono una agricoltura vigorosa – l’Irpinia è famosa per le sue nocciole e i suoi microclimi rendono possibile una prolungata stagione di crescita che l’Aglianico in particolare richiede. Questa fecondità è stata una delle ragioni principali per cui gli antichi Romani chiamarono l’intera regione Campania felix. L’Irpinia è la patria, il centro dei più prestigiosi vini DOCG del Sud Italia, il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo e il Taurasi. In breve, l’Irpinia è una formidabile zona vinicola con un potenziale di produzione di qualità alla pari con più famose zone d’Italia e del mondo – così la scelta della famiglia Petitto della collocazione dei loro vigneti è stata estremamente indovinata.
Ho avuto l’opportunità di assaggiare l’intera linea dei vini di Donnachiara la scorsa settimana nell’azienda di Ilaria. Per iniziare ho provato un vino apparentemente moderno ottenuto da un’uva antica: una Falanghina spumante. Secco e rinfrescante con una buona mineralità e acidità tipica della Falanghina, questo spumante metodo Charmat riconduce a una tradizione molto antica. Al Sud facevano spumanti con tutti i tipi di uve, perfino l’austero Aglianico, così la sola vera sorpresa di questo vino è quanto sia gradevole.
La Falanghina ferma di Donnachiara si è mostrata altrettanto bene, persino con un livello maggiore delle mineralità e acidità caratteristiche di questo vino. Ha mostrato persino un tocco di eleganza. Mentre non è un tratto comune alla Falanghina, che di solito presenta una specie di semplice vivacità, ho ben presto scoperto che l’eleganza è il tratto distintivo di tutti i vini di Donnachiara – maggiormente distintiva dei bianchi, ma anche dei vini a base Aglianico.
Il Fiano di Avellino 2010 (tutti i bianchi erano dell’annata 2010) mi è sembrato il bianco fuoriclasse. Di medio corpo e squisitamente equilibrato con la classica frutta del Fiano – un gusto distinto di mandorle e nocciole nel lungo finale – e una pronunciata eleganza, mostra già i segni di profondità e complessità, è impossibile che in questo vino ci sia qualcosa che non vada. Considerata la capacità della ben conosciuta uva Fiano (almeno è ben nota in Campania) di invecchiare, sarebbe una buona idea conservare in cantina alcune bottiglie per un periodo compreso tra i 5 e 10 anni – se riuscite a tenere le mani lontano. Al prezzo al dettaglio suggerito di circa 18 dollari, potrebbe essere difficile.
Mi è anche piaciuto il Greco di Tufo: ha mostrato perfettamente i chiari sentori terrosi della sua varietà e della zona. Più robusto del Fiano e senza poter competere con la sua eleganza, per la mia mente e il mio palato il Greco è il vino perfetto per frutti di mare e pesci grigliati mentre abbinerei il Fiano a pollame, vitello e persino maiale – ma è molto soggettivo: altri popoli potrebbero preferire altri abbinamenti. Per la cronaca ho bevuto entrambi con un carpaccio di salmone con guarnizione di uova di pesce volante ed erano entrambi deliziosi. Il prezzo al dettaglio suggerito del Greco è attorno ai 18 dollari, la Falanghina si aggira intorno ai 16 dollari.
I vini rossi formavano una bella serie di crescente raffinatezza: Campania Aglianico IGT (18 dollari), Irpinia Aglianico DOC (20 dollari) e Taurasi DOCG (35 dollari). I vini IGT non fanno passaggio in legno, i DOC maturano 4-6 mesi in barrique e i DOCG 24 mesi – ma solo una piccola parte delle barrique è nuova, in questo modo i vini non presentano forti sapori di legno. Invece tutti presentano le crescenti vivide caratteristiche dell’Aglianico che vanno da un profondo sapore di frutta rossa che assomiglia a quello intenso delle amarene a una miscela di sapore minerale, terroso e di funghi che scorre dentro tutti così come il basso sostiene un numero di Charles Mingus.
Soprattutto colpiscono il palato in modo elegante – equilibrati, complessi, grandi abbastanza per essere energici ma eleganti abbastanza per essere invitanti. Questi vini sono accoglienti e molto graditi.
I vini di Donnachiara sono importati da un ramo di Charmer Imports.
Traduzione di Novella Talamo
5 Commenti
I commenti sono chiusi.
Carissimo Luciano ti prego di suggerire al signor Maresca di rettificare i prezzi al dettaglio e di pregare la produttrice quando sara’ a NY di farsi un giro per vedere i suoi vini a prezzo di CLOSEOUT sugli scaffali di diverse enoteche.
I prezzi sono i seguenti:
Fiano DOCG 2010 12.99$ a bottiglia
Greco di Tufo DOCG 2010 14.99$
Taurasi DOCG 2007 21.99$
QUESTI ERANO FINO AD OGGI PREZZI DISTRBUTORE!!!!!!!!!!!!!!!!!
Come puoi vedere anche dal sito Wine Searcher i vini sono sugli scaffali di diverse enoteche di NY/NJ/CT.
Per quanto riguarda i bianchi questi sono prezzi da pinot grigio di bassa macelleria e per quanto riguarda il Taurasi sono prezzi che definirili da realizzo e’ poco.
Prego i produttori e chi tiene a cuore le sorti dei vini irpini di rendersi conto che di questo passo fra qualche tempo in Irpinia si conteranno tanti morti sul campo.
Caro Luciano sono un lettore assiduo del tuo blog, in quanto amante dei vini in generale. Da irpino ho bevuto più di una volta i vini della cantina DonnaChiara e li ho trovato sempre molto buoni in tutte le sue tipologie. Da irpino sono orgoglioso che una azienda giovane, sia sbarcata sul mercato Usa, anche se la cosa non mi sorprende più di tanto visto che la propietà che c’è alle spalle fa impresa in irpinia da tanti anni e in diversi settori, ottenendo a quanto so risultati importanti in tutti i settori in cui opera. Per quanto riguarda il commento di Michele Ny ritengo che molto spesso è il mercato che fa i prezzi e non le aziende produttrici, quindi ritengo che questo sia uno scotto da pagare un pò per tutti quando si entra in un mercato nuovo ed importante quale quello degli Stati Uniti. In ogni caso penso che se tante aziende vitivinicole irpine nei prossimi anni chiuderanno non sarà per ragioni duvute ai prezzi di vendita sui vari mercati dove esportano ma piuttosto dall’ assenza in molti casi di programmazione aziendale e di professionalità che in momenti quali questi, di crisi globale un pò di tutti i mercati, sono componenti essenziali ai fini di una sopravvivenza industriale.
Gentile signor Cianciulli, intanto La ringrazio per l’attenzione che dedica alla nostra azienda,
conosco Domaine Select Merchants, come importatore, e quindi credo Lei meriti una risposta.
Le dico, senza scendere in dettagli che sono privati e di politica commerciale fra noi ed il nostro partner sul mercato di riferimento,
che negli USA esportiamo per il mezzo di un Broker che lavora con una commissione davvero minima,
sicuramente inferiore al ricarico praticato da numerosi piccoli importatori, e che i nostri vini sono distribuiti attraverso canali strutturati in maniera tale da consentirci, nel pieno rispetto delle regole, di essere molto competitivi in un mercato, importantissimo per il vino Italiano e globale, nel quale gli ottimi vini Campani competono con i vini provenienti da tutte le parti del mondo e soprattutto da California, Spagna Australia Frencia etc.
Le preciso inoltre, che i prezzi, come riportati da Tom Maresca, nel suo articolo, che è un tributo ai vini Irpini,
del quale mi onoro di essere stata lo spunto, e spero anche Lei da Irpino ,che dichiara di avere a cuore le sorti del vino irpino, dovrebbe avvantaggiarsi,
sono più che corretti, mentre non lo è ad es. la sua indicazione sul prezzo del nostro Taurasi ,poiché sul sito da Lei citato “wine search” viene riportato ad un prezzo medio di 26 $ ( e non di 20$).
Quanto agli altri prezzi sono il risultato di promozioni messe in atto, dai singoli wine shop nelle cui politiche di marketing l’azienda produttrice certo non può entrare né influire, ma che costituiscono un sacrificio che il singolo retail assume per promuovere le vendite e che non può che essere visto positivamente.
Leggevo una sua intervista pubblicata sul sito dell’AIS a firma di Frenco Ziliani:
http://www.aisitalia.it/intervista-a-michele-cianciulli-importatore-di-vini-italiani-negli-stati-uniti-.aspx
nella quale proprio Lei affermava che i vini in fascia di prezzo tra i 5/6 € sono i più colpiti dalla crisi e che molti vini italiani costano troppo e sono fuori mercato. si fa quindi promotore dell’importanza di non trascurare il rapporto qualità prezzo.
Io Le assicuro che i nostri vini escono dall’azienda ai prezzi di media dei vini del nostro segmento e del nostro territorio d’origine,
dopo un’attenta analisi di mercato nonché valutazione dei costi di produzione.
La nostra azienda fa della qualità e della professionalità il fulcro della propria filosofia aziendale,
Lei tocca un argomento delicato e che sta molto a cuore a tutti noi produttori, ma muove delle accuse all’azienda sbagliata temo.
La invito a venirci a trovare e toccare con mano quanto Le sto dicendo, non vorrei essere autoreferenziale, ma l’impegno che i produttori profondono nella viticultura, trasformazione e commercializzazione del prodotto, unitamente allo sforzo di promozione sui singoli mercati target, è un’attività molto onerosa e non soltanto in senso economico, dunque andrebbe andrebbe rispettata di più.
sembrano prezzi da svuotamento di magazzino. Sicuro che non sia avvenuto un cambio di importatore? Di solito questa turbativa sui prezzi avviene in presenza di un fatto del genere.
Francesco questo produttore e’ appena arrivato sul mercato USA.