La zuppa di lenticchie di Santo Stefano di Sessanio
di Franco D’Amico
Ricetta realizzata da Gemma Martino, dalla cucina di casa.
Bisogna risalire a circa 7000 anni fa, in origine dall’area Medio – Orientale, quando la lenticchia (lens esculenta) era stata resa domestica e coltivata dall’uomo, una pratica ancestrale, come per i cereali, correlata quindi a quella dei legumi utilizzati sotto forma di farina. Tra i documenti risalenti al Medioevo e riguardanti il territorio abruzzese, rientranti nella sfera storica del Monastero di San Vincenzo al Volturno (IS), che possedeva numerose proprietà nell’area aquilana, si attesta che proprio in questa zona venivano coltivati i legumi. Le lenticchie, insieme ai fagioli, venivano definiti la “carne dei poveri”, soprattutto per l’alto contenuto di proteine utilizzato pertanto in luogo del consumo di carne da parte di contadini e persone meno abbienti.
La coltivazione della lenticchia è da sempre un elemento cardine dell’economia di alcuni piccoli borghi aquilani, per questo, dal 2008 è stata creata anche un’associazione per tutela e valorizzazione della lenticchia locale, in particolare coltivata nella zona di Santo Stefano di Sessanio, all’ombra del Gran Sasso, tra piccoli appezzamenti sotto Campo Imperatore, sino ai 1400 metri. Di piccole dimensioni e colore scuro, cresce su terreni e climi difficili, per cui tale indice di sopravvivenza e caratteristiche le consente di entrare nel novero delle lenticchie più pregiate d’Italia. Al termine del raccolto, ogni anno e nella prima settimana di settembre, in onore di questo pregiato legume viene organizzata la festa di fine estate, durante la quale è possibile degustare piatti tipici popolari, in particolare la zuppa di lenticchia con crostini.
Con un diametro di pochi millimetri, saporita e con un colore marrone violaceo, la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio cresce oltre i 1000 metri di altitudine, solo sulle pendici del Gran Sasso, zona in cui le coltivazioni di legumi sono attestate in antichi documenti di monasteri dell’Abruzzo e Molise.
La lenticchia dei produttori di Santo Stefano di Sessanio, a ridosso degli altipiani del Gran Sasso d’Italia in provincia di L’Aquila, tra altitudini di 1200-1400 metri, è anche un Presidio tutelato nel tempo da Slow Food, per cui non si tratta di una lenticchia qualsiasi, ma di un biotipo preciso che si seleziona in questa zona da tempi remoti. Le coltivazioni di legumi, e in particolare di lenticchie, in questa porzione dell’aquilano sono già citate in documenti monastici dell’anno 998. È una lenticchia di piccole dimensioni tra 2-5 millimetri, saporita e di colore scuro e cresce in alta quota. Per le loro piccolissime dimensioni e l’estrema permeabilità, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio non hanno bisogno di alcun ammollo preliminare, per una cottura ottimale intorno ai 20 minuti. A Santo Stefano di Sessanio ha trovato un habitat ideale, fatto di inverni lunghi e rigidi al termine dei quali, alla fine di marzo, si seminano le lenticchie, mentre le primavere sono brevi e fresche.
INGREDIENTI PER 4-6 PERSONE
- 500 grammi di lenticchie di Santo Stefano di Sessanio (Presidio Slow Food);
- Olio extravergine d’oliva q.b.;
- Aglio q.b.;
- 1 cipolla di Alife tagliata a julienne;
- Peperoncino q.b.;
- Sale q.b.;
- Alcuni rametti di rosmarino a fine cottura, in fase di riposo.
PREPARAZIONE
- Le lenticchie non sono state messe a mollo tenuto conto della specificità e tipologia che non lo prevede, per cui sono state riposte direttamente in una pentola con acqua, fino a coprirle.
- Dopo aver aggiunto gli ingredienti, come descritto, avviare la cottura a fuoco lento, con controllo della consistenza nel corso della fase finale, evitando prolungamenti sul fuoco per non svilire il delicato prodotto.
- Far riposare e aggiungere a piacere una spolverata di pepe, nel caso è stato utilizzato un peperoncino intero, dando una lieve nota di piccante ed omogenea.
- Alla fine riporre in una ciotola di terracotta le lenticchie riposate, aggiungendo un filo di extravergine d’oliva, al servizio.
La ricetta è stata arricchita con elementi del territorio caleno in provincia di Caserta, come il pomodoro contadino con pochi tocchetti durante la cottura, rosmarino e peperoncino dell’orto, julienne di cipolla di Alife, ma, nel finale, anche qualche tozzetto di fresella di Pastorano, di quelle cotte nel forno a legna con fascine di olivo, come da tradizione. Infine Olio Extravergine di cultivar Corniola caleno.
Vino consigliato:
Cerasuolo d’Abruzzo doc, un rosato ottenuto da uve Montepulciano d’Abruzzo.
Buon appetito
Tra i piccoli Produttori della
Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio (Presidio Slow Food),
Ettore Ciarrocca, referente del presidio, punto vendita in Piazza Medicea, centro storico.
Tel. 0862 28460 – 348 3309131 – 339 6338959