La Valtellina secondo Balgera – il carattere del nebbiolo di montagna dai lunghi affinamenti
di Sabrina Signoretti e Salvatore del Vasto
Sarebbe forse riduttivo definire la viticultura in Valtellina semplicemente «eroica», perché da queste parti il sacrificio, la fatica, i rischi e l’enorme lavoro – che la zona in forte pendenza richiede – rappresentano l’unico modo di fare vino da sempre, secondo una tradizione tramandata di generazione in generazione da oltre mille anni. A noi piace definire i vignaioli di quest’areale dei veri e propri «custodi del territorio», capaci di plasmare, salvaguardare e conservare un paesaggio dalle caratteristiche uniche.
La Valtellina è, infatti, un magnifico susseguirsi di vigneti terrazzati, tra i più vasti dì Italia, che si estendono sul versante Sud delle Alpi Retiche, su terreni ricchi di minerali per la maggior parte sabbiosi, generati dallo sfaldamento di rocce granitiche causato dal ritiro dei ghiacciai che ricoprivano tutta la valle in epoche remote, limosi e ricchi di scheletro.
Sia per l’esposizione a sud che per le modeste precipitazioni distribuite uniformemente nel corso dell’anno è particolarmente adatta alla viticoltura, godendo della protezione delle montagne dai venti freddi del nord e della brezza proveniente dal lago di Como che spira da tarda primavera per tutta l’estate.
Centro di questa prestigiosa viticultura è Chiuro, a pochi chilometri da Sondrio, dove si trova la storica azienda Balgera, protagonista di una emozionante video degustazione organizzata da Maurizio Valeriani, direttore del magazine enogastronomico Vinodabere, capace di far emergere il grande carattere del nebbiolo di montagna, localmente chiamato «chiavennasca».
In collegamento a distanza, oltre ad una nutrita rappresentanza di autori di Vinodabere, anche Gianni Sinesi (Sommelier del Ristorante «Reale» di Niko Romito), Pietro Carmine Fischetti (Ristorante stellato «Oasis Sapori Antichi» a Vallesaccarda in Irpinia), e Carlotta Salvini (che oltre ad essere autrice per Vinodabere è stata miglior sommelier Fisar nel 2019). L’occasione è stata anche interessante per proporre piacevoli piatti «stellati» in abbinamento ai vini in degustazione.
A fare gli onori di casa Matteo Balgera, quinta generazione di famiglia, che ci tiene subito a ricordare che proprio quest’anno in azienda si festeggia un compleanno speciale, quello dei 135 anni di una storia ricca di soddisfazioni.
Era il 1885, infatti, quando Pietro Balgera iniziava a fare vino nella villa di proprietà dei nobili Quadrio, già dimora del luogotenente di Giuseppe Mazzini (Maurizio Quadrio) all’epoca dell’unità d’Italia. Da allora, seguendo processi di innovazione, pienamente rispettosi di ambiente e territorio, si è arrivati a produrre circa 60.000 bottiglie, di cui il 60% esportato all’estero, che vede negli Stati Uniti il mercato di riferimento.
Sei gli attuali ettari di proprietà, a cui si aggiungono selezionati conferitori esterni e una sola uva protagonista della produzione aziendale, la chiavennasca, per l’appunto, allevata in vigne sottratte alla roccia e vinificata secondo due elementi che la tradizione vitivinicola familiare ha insegnato a sfruttare: la natura e il tempo.
Se volessimo, infatti, sottolineare Il punto di forza della tradizione e dello stile Balgera, allora non potremmo non far riferimento ai lunghissimi affinamenti in legno in botte grande ed in vetro prima della commercializzazione dei vini, che arrivano fino a dieci anni, capaci di imprimere ed esaltare tutto il carattere del nebbiolo di montagna.
Matteo ed il fratello non hanno stravolto questa impostazione, ma guidati dai cambiamenti climatici, da una maturazione fenolica ed acidità diverse rispetto al passato, dalla vendemmia 2010 hanno ridotto i tempi di affinamento in legno, aumentando quello in bottiglia adattando la strategia di produzione al clima, ma senza stravolgere lo stile tradizionale.
I tre vini in degustazione consentono di apprezzare in pieno il timbro stilistico di Balgera ed i cambiamenti in corso apportati dalle nuove generazioni esaltando nel calice sfumature diverse, tutte di pregevole interesse.
Il video della degustazione è disponibile qui: link.
Queste le nostre impressioni gustative.
Rosso di Valtellina 450 Doc 2015 in abbinamento al «Cocomero e pomodoro» di Niko Romito e «Carpaccio di vitello con pomodoro, origano selvatico e veli di caciocavallo» di Oasis Sapori Antichi
Rosso di Valtellina «450» Doc 2015
Ottenuto da uve provenienti da una singola vigna messa a dimora nel 1960, posta tra i comuni di Ponte e Chiuro a 450 metri s.l.m. su terreni sabbiosi e limosi esposti a sud ovest, fermenta in acciaio con soli lieviti indigeni ed affina un anno in tonneau, un anno in acciaio ed un anno in bottiglia prima della commercializzazione.
Al naso sprigiona piccoli sentori di frutti rossi, poi note vegetali e speziate che anticipano un sorso appagante di intensa freschezza e sapidità. Lungo e intrigante il finale che invita al riassaggio. Gastronomico.
Quigna 2013 in abbinamento con « Costina di agnello alla brace con purea di patate montata ad olio» di Niko Romito e «Raviolo di ricotta in salsa di noci e aglio bruciato» di Oasis Sapori Antichi
Valtellina Superiore Docg Riserva Valgella «Quigna» 2013
Assaggio in anteprima per questa riserva Valgella ottenuta anch’essa da uve di una singola vigna dislocata nella zona Valgella nel comune di Teglio ad un’altitudine ricompresa tra i 430 e i 480 metri s.l.m., su terreni molto umidi («quigna» in dialetto locale indica, per l’appunto, «luogo umido»), fermentata in acciaio con lieviti indigeni e affinata tre anni in tonneau e poi in bottiglia.
Frutta in confettura, richiami balsamici e accenni speziati aprono ad un sorso pieno, denso che evidenzia più struttura e «polpa». Più decisa la trama tannica che forse richiede un pò più di tempo per un maggiore equilibrio.
Grumello 2004 in abbinamento con «Carciofo al rosmarino» di Niko Romito e «Agnello con purea di patate affumicato e riduzione di vino» di Oasis Sapori Antichi
Valtellina Superiore Docg Riserva Grumello 2004
E’ l’assaggio dei tre riconducibile allo stile del papà di Matteo, ottenuto da vigne poste ad un’altitudine ricompresa tra i 500 e 600 m. s.l.m., fermentato in cemento sempre con lieviti indigeni e affinato due anni ancora in cemento, dieci anni in botti grandi di rovere degli anni ’70 e poi ancora oltre un anno in bottiglia.
Tutta l’eleganza del nebbiolo in questo assaggio. Fragola, chiodi di garofano, frutta secca, accenni tostati e richiami minerali, connotano un naso di grande complessità olfattiva. Al gusto è avvolgente, intrigante con freschezza in evidenza e continui richiami fruttati (arancia rossa) ed accenni ferrosi. Tannini vellutati. Finale lunghissimo. Emozionante.
Balgera Vini
Corso Maurizio Quadrio, 26
23030 Chiuro (Sondrio)