Zuppa di stocco, patate e pupacchie e stocco all’insalata
Contrariamente al baccalà, per farlo “rinvenire”, non è sufficiente immergerlo in acqua per alcuni giorni, ma necessita di un trattamento preliminare a base di idrossido di sodio e poi di alcuni giorni di stazionamento in acqua. Tale operazione, non semplice sia per il dosaggio della soluzione che per i tempi di stazionamento nella soluzione stessa, viene svolta quasi sempre dai pescivendoli che dopo aver terminato il processo, sezionano e selezionano il pesce che viene venduto in due “tagli”: i filetti ed i “morzilli”(piccoli morsi). Naturalmente i filetti sono la parte più “nobile” del pesce, mentre i morzilli sono i ritagli, la coda, le parti situate vicino alle branchie e quelle che contengono anche ” ossicini”. La differenza di prezzo tra le due tipologie di pezzi, i filetti costavano e costano più del doppio dei murzilli, è stata determinante per la scelta originaria della ricetta, soprattutto perché essendo una ricetta contadina, il ceto meno abbiente propendeva sempre per il risparmio.
Ingredienti per 4 persone :
600/800 gr di murzilli di stoccafisso
1 cipolla Ramata di Montoro
6 patate grandi Majestic(varietà che tiene bene la cottura)
500 gr di passata di pomodoro, preferibilmente S. Marzano
1 costa di sedano
4 pupacchie (peperoni tondi sott’aceto)
mezzo bicchiere di olio extravergine di oliva, vairetà Ravece
1 bicchiere di Fiano di Avellino
1 peperoncino piccante
Preparazione:
Mettere a soffriggere la cipolla nell’olio, aggiungere qualche murzillo, qualche pupacchia spezzettata, far andare a fuoco vivace e sfumare con il vino. Aggiungere le patate sbucciate e tagliate a tocchi da tre o quattro cm di lato, e la passata di pomodoro e far cuocere per circa mezz’ora. Quando le patate sono quasi cotte, aggiungere i murzilli restanti e le pupacchie. Altri 10 minuti di cottura ed è pronto. In abbinamento la spiccata mineralità dell’ottimo Fiano di Avellino Sarno 1860 Vintage 2009, della neo presidente dei “Diversi Vignaioli”.
Lello Tornatore – Tenuta Montelaura
5 Commenti
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Cavolo…aringhe con la “c” :-( caro Pigna, troppo lavoro, urge un correttore di bozze…:D
Pensavo che tu avessi usato il termine originario irpino da cui poi è derivato quello italiano:-)
questa ricetta si può fare anche il baccalà ?
Si Domenico, ma non inventiamo niente. La versione con il baccalà è il famoso ” Accio, patane e baccalà” che rappresentava la “marenna” dei contadini irpini. Era la colazione delle nove/dieci del mattino, spesso consumata frugalmente in camporella accompagnata da un profumatissimo vino fragolino (allora non faceva male), quando ormai si erano già fatte 4/5 ore di duro lavoro nei campi…ah, che tempi!!!
Meglio le aringhe che le arringhe:a volte,ques’ultime sono più salate.