La ricchezza del mirto del Cilento: l’acqua degli angeli, la mortedda e la ricetta del liquore di mirto


Il mirto del Cilento

di Maura Ciociano

Il mirto è un arbusto tipico e fondamentale della macchia mediterranea bassa, che si adatta ai terreni poveri e siccitosi, ma in terreni ricchi d’azoto e con il giusto apporto idrico estivo manifesta uno spiccato rigoglio vegetativo ed una produzione straordinaria di fiori e frutti. Questo vigore vegetativo si esprime pienamente nel mirto che cresce spontaneo nel Cilento. Ed in questo territorio, gli abitanti hanno sfruttato l’arbusto fin dai tempi più antichi. Il Cilento è terra naturalmente vocata alla pastorizia ed è a questa attività che si collega il più antico ed ancor oggi più conosciuto uso del mirto. I pastori cilentani trascorrevano gran parte del tempo sui monti,dove producevano dell’ottima mozzarella esclusivamente con latte di bovine di razza “podolica”.

Mozzarella nella mortella, re mortedda

A questa pasta filata ruvida veniva conferita manualmente una forma piatta ed allungata ed avvolta poi in rametti di “mortedda”, che conferiva al prodotto un aroma particolare ed inconfondibile, un gusto delicato e soprattutto lo conservava in ottime condizioni fin all’arrivo in paese. Per la sua indiscussa bontà, la mozzarella di mortella, è presidio Slow Food, pertanto universalmente nota.

Nell’antica Roma, il mirto era considerato simbolo dell’amore coniugale, potente afrodisiaco, rimedio efficace contro molte malattie ed essenza preziosissima anche ad uso alimentare.
Nel Medioevo, se ne esaltò l’uso fitocosmetico, dai suoi fiori si ricavava “l’acqua degli angeli”, un distillato le cui abluzioni conservavano la bellezza e l’amore.

Abbazia di Santa Cecilia


E’ invece certezza, che il mirto, pianta dell’amore, trovi la sua massima espressione e il suo massimo vigore nella zona strettamente adiacente all’Abbazia di Santa Cecilia in Castinatelli di Futani, ed è credenza popolare ritenere che il liquore prodotto con il mirto raccolto in questo luogo abbia un aroma ed un gusto che lo rende particolarmente gradito al palato.
L’Abbazia recentemente restaurata e restituita al suo antico uso, fu costruita da Guaimario III ed abitata dai monaci benedettini fino al XV secolo quando tutti i beni furono usurpati ai monaci e la chiesa pian piano divenne un rudere. Attualmente due sono i custodi dello straordinario sito, la signora Teresa Fluri,che quotidianamente vi si reca per la cura dei suoi terreni e il piccolo Francesco Donnianni che usa il luogo per le sue magnifiche scoperte naturalistiche.


Per il liquore di mirto la produzione è strettamente a livello familiare, pertanto attrezzatevi per effettuare una piacevole escursione all’abbazia di Santa Cecilia per raccogliere il mirto e provare la mia ricetta:
Liquore al mirto

1kg di bacche
1 l alcool a 95 °
700 gr zucchero
1,5 litri di acqua

Procedimento
Mettere le bacche in un barattolo (sufficientemente ampio da contenere bacche ed alcool), versare l’alcool avendo l’accortezza di ricoprirle. Chiudere ermeticamente, riporre al buio, agitare una volta al giorno e lasciare in infusione per almeno 15/20gg. Trascorso il tempo di infusione si prepara lo sciroppo facendo bollire l’acqua con lo zucchero per alcuni minuti, poi fatelo raffreddare bene e aggiungetelo all’alcool con le bacche. Mescolate bene e lasciate in infusione il tutto per tre ore. Imbottigliate filtrando con garze sterili.
Si consiglia di non schiacciare le bacche poiché rilasciano un sapore tannico, inoltre per ottenere un liquore al top il mirto deve essere raccolto tra dicembre e gennaio quando le bacche hanno raggiunto il classico colore blu-violaceo e non sono ancora rinsecchite.

Dove trovare la mozzarella con la mortella

Caseificio La Vallesina di Domenico Verrone
Via F. Cammarota, 55
Vallo della Lucania
tel. & fax. 0974712165
mobile 3291686756


Agriturismo Prisco
Azienda Agricola Biologica
www.agriturismoprisco.it
Contrada Valle degli Elci
San Mauro la Bruca

Caseificio Chirico
Contrada Zampini
Tel. 0974.971584
www.caseificiochirico.it
Ascea

5 Commenti

  1. La mozzarella nella mortella l’ho mangiata varie volte e devo dire che è davvero molto buona; mi manca il liquore al mirto… mi attrezzerò al più presto anche per questo.

  2. Come dire? Questo articolo mi ha ricordato la mia nonna quando faceva la mozzarella con le sue mani…che bei ricordi!
    Comunque ti faccio sempre i miei complimenti. Questi articoli sono un bellissimo strumento sia per far apprezzare i prodotti della nostra terra a chi non li ha mai provati e sia per farli ulteriormente apprezzare a chi li conosce già!
    Un pensiero va al liquore…maura ma una bottiglietta non si può avere??? sai in questo periodo d’esami potrebbe servire! darebbe un pò di vigore alla mia mente XD
    Ti mando un grosso bacio! ciau

  3. Bell’articolo che mi ha fatto conoscere una realtà,l’abbazia di Santa Cecilia che non conoscevo.La mozzarella nella mortella purtropp non è più un presidio slow food a causa di alcuni problemi col disciplinare originario e con le norme europee che predicano l’asetticità del prodotto.Il prodotto originario come ben descritto da Maura era avvolto nelle foglie di mirto per conservare la mozzarella sino all’arrivo in paese dalle montagne.Quello odierno invece è un formaggio che il mirto lo vede solo una volta giunto nella confezione,un prodotto ottimo sia chiaro ma che dell’originario è solo parzialmente una copia.Anche questo processo però secondo le norme vigenti è fuori legge come lo è fare la provola coi vecchi affumicatoi,il formaggio di fossa nella “fossa” ecc………………..la comunità europea mi ha rotto i maroni.

  4. Giorno 15 ti sei fatta e ci hai fatto non solo un regalo alcolico… ci hai donato un pezzo vero di storia del territorio. e di biodiversità.
    Guardando quelle foto pensi alla natura incontaminata…spero che il luogo sia vissuto,ma anche protetto.

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