La regola delle beffe sui prodotti tipici: l’Europa favorisce l’uso del latte tedesco
di Lello Tornatore
Si fa presto a parlare di tutela, salvaguardia e promozione dei prodotti tipici, ma quando poi andiamo sul concreto, a sbarrare la strada all’affermazione di tali prodotti ci pensa tutta una serie di leggi e leggine di emanazione europea, nazionale e regionale. Prendiamo ad esempio la caseificazione del latte di pecora,il formaggio più tipico dell’ Irpinia è il pecorino bagnolese.
Tradizionalmente si ottiene dalla cagliata di latte crudo di pecora di razza Bagnolese che pascolano in alpeggio a 2500/3000 metri d’altezza. Ma ciò da tempo non è più legale!!! Infatti le varie normative prescrivono che anzitutto il latte deve essere pastorizzato, e poi la caseificazione deve avvenire in locali piastrellati e quindi con superfici perfettamente lavabili. Ora io domando : come fa un pastore ad avere a 2500/3000 metri di quota un locale piastrellato con tutta l’attrezzatura per la pastorizzazione del latte???
E anche : è lo stesso formaggio ottenuto da latte crudo in alta quota in locali di fortuna e spesso anche sotto le stelle e che abbiamo consumato e apprezzato per generazioni nelle fascelle di giunco intrecciato (anche queste illegali) e che non ha mai fatto morire nessuno? Io credo di no.
Medesimo problema per i salumi : per essere a norma tali prodotti devono contenere obbligatoriamente alcuni conservanti (i vari nitriti e nitrati). E come diceva Lubrano,” la domanda sorge spontanea : vale la pena di allevare un maiale secondo la tradizione rurale irpina (dieta molto varia con cottura dei prodotti e tempi lunghi di allevamento) per poi rovinare tutto con l’aggiunta di tali conservanti, che stravolgono, organoletticamente, il prodotto finale??? Allora ,per esempio, quando parliamo di prosciutto e lardo di maiale nero casertano , di quale parliamo, di quello ante legem o di quello post legem? Lo stesso discorso è per i formaggi tipici e per gli altri prodotti DOP , IGP, STP e così via.
L’effetto che si è ottenuto con tali leggi, alla faccia della tanto sbandierata filiera corta, è che i produttori sopravvissuti a tale regolamentazione, devono passare sotto le forche caudine dei caseifici trasformatori del latte, oppure dei grandi salumifici, che fanno loro il prezzo e quindi dettano legge fino a che i pastori e gli allevatori di maiali rimasti ce la fanno.
Quando non ce la fanno più, si sbarazzano delle pecore ed abbiamo l’asettico Pecorino Bagnolese (Bagnoli Irpino è un comune in provincia di Avellino) fatto con latte pastorizzato proveniente dalla Germania o dall’Olanda, oppure la soppressata irpina ottenuta da carni provenienti dalla Romania o dall’Ucraina!!! Era questo che volevamo???
6 Commenti
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toccatemi il maiale nero e io uccido.e dalla romania o dalla ucraina sono ben accette solo le gnocche………sta europa ha rotto le p…e!!!!!!
Caro Lello , le norme sanitarie , contemplate nel D.P.R. 54/97 , prevedono che Il latte crudo deve provenire da vacche, bufale, pecore e capre , appartenenti ad allevamenti ufficialmente indenni da tubercolosi e da brucellosi ; che non presentino sintomi di malattie infettive trasmissibili all’uomo attraverso il latte ; che non presentino ferite della mammella tali da poter alterare il latte e che non siano state oggetto di trattamento con sostanze trasmissibili al latte e pericolose o potenzialmente pericolose per la salute umana. ect.ect.
Capisco la tua perplessità a riguardo di questo sopraggiunto “iperigienismo” , che sembra cancellare “una storia , una tradizione, un modus operandi che ci ha accompagnato durante l’ infanzia , ma al contempo devi renderti conto che nelle zone che hai citato nell’articolo , si sono , ahimè , talvolta registrati casi di brucellosi che hanno indotto le ASL a prendere drastiche decisioni , per igiene trascurata , e quindi condizioni conflittuali e nei confronti dei consumatori e nei confronti degli operatori stessi del settore.
Certamente , nel prendere visione delle foto (bellissime e tali da “far venire l’acquolina in bocca!!) che hai allegato , istintivamente si è portati a mandare al diavolo questa forma di “supercautela alimentare” , ma bisogna convenire che la salute è la prima cosa!!.
Decisamente convengo con Marco sulla utilità della presenza , sul suolo italico , delle “zuzzere”(gnocchi al femminile , in quel di Forino!eh eh) , provenienti dai Paesi dell’Est.!!
c
Stai estremizzando il concetto da me espresso! Non ho mai sostenuto che bisogna “bypassare” i controlli sulla salute delle pecore, ma quello che trovo francamente inaccettabile, e solo per le produzioni tipiche e per quantitativi ridotti, quell’eccesso di restrizioni, tipo il locale piastrellato in montagna a 2000 metri d’altezza. Lo trovo inaccettabile perchè è una prescrizione irrealizzabile e quindi significa dire al pastore devi fare su e giù per la mantagna, mattina e sera con tutto quello che ciò comporta in termini di dispendio di tempo ed energie, per raggiungere il prescritto locale piastrellato e a normativa…
concordo con Lello,l’unica cosa del post che mi lascia perplesso sono le altitudini a cui si dice venga fatto il pecorino e cioè 2500-3000 metri.Ma se il cervati che a malapena raggiunge i 2000 è la cima più alta in campania escludendo il monte miletto di pochissimi metri più alto però per metà in molise.Lo so questa pignoleria non mi appartiene ma oggi mi sento pignolo forse dipende dal cattivo tempo o dal fatto che da stamane ho mangiato solo 4 mele.
Ah, questa mentalità da “geometri”!!! Il concetto non cambia se la caseificazione si fa a 1550, 1680, 0 2000 metri…la buona notizia è che …finalmente ti sei messo a dieta! Anche Simone? ;-))
Lello, ormai nessuno ti può fermare. Hai deciso di dare dei punti a tutti e ci stai riuscendo perfettamente. Io sto sempre con te, a prescindere. Ad majora. Abbracci.