La Posta di Luciano 4/ Perché a Napoli perdete tempo spezzando la pasta a mano invece di comprare quella già pronta?
Perchè a Napoli perdete tempo spezzando la pasta con le mani quando ci sono le confezioni già pronte?
Un critico lombardo
Questa domanda ne pone automaticamente un’altra: la modernità vuol dire accorciare i tempi sempre e ad ogni costo? Oppure tornare a capire le cose nella loro complessità?
Negli ultimi duecento anni abbiamo vissuto nel mito della velocità come elemento fondante, valore positivo. La lentezza è sul banco degli imputati e tutto ha spinto nella direzione di annullare lo spazio e il tempo, un obiettivo che oggi è a portata di mano, soprattutto per chi vive solo dentro i social.
Eppure sin dalla antichità Zenone ci aveva ammonito: Achillè PièVeloce mai potrà raggiungere la lenta tartaruga. Mentre un proverbio napoletano ci ammonisce:
‘A gatta, pe gghí ‘e pressa, facette ‘e figlie cecate (la gatta per fare in fretta partorì figli ciechi)
In sostanza c’è una differenza abissale tra mangiare un piatto di ziti, candele, mezzani e mezzanelli spezzati a mano e un piatto di queste trafile già tagliate in fabbrica.
La prima risposta è di tipo psicologico, ossia il rapporto giusto che bisogna avere con il tempo del cibo. Spezzare a mano la pasta è un rito che si fa insieme, mamma e figlio, tra amici, moglie e marito. Si spezza, si chiacchiera e si allunga il tempo dell’attesa che è già di per se è un godimento perché sappiamo che è una attesa che si concluderà felicemente.
Una sorta di petting gastronomico decisivo per apprezzare il momento clou, quando il piatto sarà servito caldo e fumante a tavola.
C’è poi un motivo legato al gusto. Spezzando a mano la pasta si ottiene la irregolarità che è uno dei pregi più apprezzati quando si tratta di pasta, piccoli pezzettini finiscono comunque dentro la pentola e contribuiscono ad assorbire il sugo sicchè il boccone finale, quello del prete, è proprio quello con gli ultimi pezzetti di pasta rimasti nel piatto insieme all’ultimo condimento.
Si consuma così il rito della liberazione dalla fame e della gioia di condividerlo con chi è caro.
Spezzare la pasta significa essere padroni del proprio tempo e dare la giusta importanza al cibo, che, ricordiamolo, in napoletano è verbo non sostantivo: ‘o magnà.
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4 Commenti
I commenti sono chiusi.
Perché quella che compri non e’ adatta a tutto. Nelle lenticchie va pasta fine e lunga. Nei fagioli la pasta lunga e larga: spaghetti, fettuccine, fettucce al massimo bucatini fini, oppure pasta corta: tubetti, tubettini e bucatini rotti corti. Non si può mettere maltagliati, tubetti, ziti, maccheroncini, mafalde e spaghetti , c’è’ molta differenza nel tempo di cottura. Poi c’e’ la minuzzaglia che fine al dopo guerra in molti la usavano. Fortunatamente quei tempi sono finiti, ‘O scosciapasta e passe’
All’amico lombardo suggerirei pure che, a mio modestissimo parere, la qualità della pasta corta non eguaglia quella della pasta lunga. Si tratta di una convinzione non scientifica, almeno per quanto ne sappia, ma nella quale credo fermamente sulla scorta del mio palato. Buon Natale a tutti
Anche io mi trovo daccordo con Pasquale. Magari è un parere personale però…
Il piacere è propio nell’ultimo boccone fatto di schegge più condite e saporite ma non sottovaluterei il suono della pasta spezzata che come un campanello per il cane di Pavlov vuol dire:la tavola è apparecchiata.PS Raccontava un carissimo amico di Gioì Cilento avvocato a Milano che la prima volta che diede il compito allla moglie del nord di cuocere gli ziti la trovò che con razionale pazienza cercava inutilmente con un coltello a seghetto di renderli il più omogenei possibili.Un sorriso ci sta ma non è colpa nostra se ci piace u magnà.FM