La Pizza, una storia contemporanea, personale, universale e, per certi versi, sacra
di Marco Galetti
Ciao, vado a farmi una pizza con gli amici.
Lei senza darmi troppa soddisfazione scuote la testa e mi dice, non allontanarti troppo, l’attività motoria è consentita solo vicino a casa, poi aggiunge, tornando fermati da Antonio, quel pizzaiolo di Tramonti, che ci facciamo una pizza da asporto.
Il capitolo sei del libro di Luciano, quello sulla pizza di Tramonti, andrebbe insegnato a scuola, se ci si potesse andare, magari qualche ragazzo riuscirebbe ad apprezzare morsi e profumi consueti ma non scontati, riconoscerebbe nelle gioie di oggi le fatiche di ieri e realizzerebbe che vivere di rendita può essere pericoloso, va beh, facciamoci una pizza…
Scendevamo dalla 95 e invece di aspettare il 15 facevamo a piedi l’ultimo pezzo di strada fino al Liceo fermandoci al forno per un pezzo di focaccia al volo, se avevamo più tempo o più fame aspettavamo che ci scaldassero una pizza.
In quella stessa strada, scendendo qualche gradino, si poteva accedere ad una piccola pizzeria che oggi definirei improbabile e che allora ci sembrava inaccessibile.
Oggi più di allora la delinquenza dilagante rende quella zona off limits anche di giorno, ci andammo una sera, con i mezzi pubblici, liceali del primo anno al loro battesimo del fuoco, ma non ci spararono, entrammo, il fuoco nel forno illuminava e scaldava la nostra prima pizza serale che di lì a poco sarebbe diventata seriale.
Insieme al primo bacio e al primo amore ho la fortuna di ricordare anche il mio primo morso in notturna, la prima pizza da grandi, con gli stessi amici con i quali ancora oggi condivido sorsi&morsi scesi quei gradini sussurrando: facciamoci una pizza.
Già, si dice “facciamoci una pizza” come afferma Pignataro nel suo libro: “La Pizza, una storia contemporanea” che è storia personale, universale e, per certi versi, sacra, è un libro rivelatore che ogni tanto riprendo in mano per farmi accompagnare lungo la strada della pizza, cibo da strada e dell’anima, anima che viene sollecitata, invitata a palesarsi nella splendida, e per certi versi imperdibile, prefazione del libro che Luciano ha affidato a Giuseppe Montesano:
“…la Pizza ideale esiste davvero e senza dubbio qui, nel cerchio magico del cratere-Napoli in cui la pizza ha trovato se stessa emergendo emergendo dal sottosuolo, tutti hanno assaporato almeno una volta la Pizza ideale…se per un istante hai assaporato la Pizza come archetipo realizzato, ovvero tutto in una volta aroma di forno e basilico e pane che non è esattamente pane e un indefinibile gusto di infanzia, allora sai che devi essere benevolo con le pizze reali: perché ognuna di esse è un tentativo più o meno riuscito di riportarti alla visione della Pizza che hai assaporato in quell’attimo di vita piena.
Solo per questo puoi essere aperto a tutti gli esperimenti intelligenti sulla pizza, perché sai che ogni strada è buona per tornare nel paradiso della gola immaginaria, e sai che ogni nuova pizza che assapori è il tassello di un mosaico che solo la prossima pizza completerà… le risposte o le non risposte vengono spazzate via da ogni morso che affondiamo in una pizza, quel morso preceduto dall’invasione del profumo, indefinibile profumo in cui mai nulla dovrebbe sopraffare l’aroma del fumo a legna, il profumo che si confonde al morso affamato che diamo alla pizza, il morso affamato senza il quale non ha senso mangiare una marinara o una margherita elementari e non ha senso nemmeno mangiare le loro evoluzioni ed elaborazioni.
In quel morso si concentra la visione e appare, velata dal vapore sottile che viene dal piatto, la vera pizza: tu chiudi gli occhi e assapori tutto insieme la memoria e il presente, il futuro che è un sogno…al primo morso affondato…ricorderai ogni cosa… i bambini di fianco ai vecchi e tutte le età mescolate in uno stesso desiderio, la pizza piegata come un fazzoletto in quattro parti da portare in strada per mangiarla sui gradini di una vecchia chiesa in rovina… e poi altro che non si può dire, ma solo assaporare, annusare i toccare, evocando in un morso quel Tempo che credevi perduto per sempre… il morso affamato, solo quello essenziale, il morso affamato che cerca in un attimo sapore e ricordo… bisogna chiudere gli occhi per riconoscersi in quel rito come fanno i credenti… noi con le nostre piccole ansie mortali e lei, soffice e tenace, elastica e possente, umida e ardente, lei rotonda come un sole che illumina i sensi, lei senza tempo che ora è qui nell’attimo: lei, la Pizza ideale che profuma e risplende… non ci resta che il morso con il quale scopriremo se la prossima pizza è lei, quella che abbiamo sognato in un’altra vita, la sola e l’unica.” Giuseppe Montesano.
3 Commenti
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Odori che dal ventre di Napoli si addensano in superficie dove il vicolo si fa stretto e buio per portare ristoro ad un popolo che adoro.FM
Bellissima…..grazie Marco.
Grande Marco come sempre.