La modernità in cucina? Per esempio i Troisgros e Redzepi agli organic market di Union Square
I simboli sono importanti, per esempio una foto di Troigros padre e figio con Renè Redzepi lanciano una foto su Istragram che li immortala dopo alcune compere fatte in uno degli organic market dove amano rifornirsi tutti i cuochi di New York che sono avanti sulla qualità e la salubrità della materia prima da mettere in tavola.
Forse avevano tempo da perdere e hanno preferito fare in proprio invece di rivolgersi ad un bel distributore di cibi golosi e pregiati? Perché sempre più i grandi cuochi del mondo pongono l’accento sull’importanza dell’approvvigionamento diretto delle materie prime e sulla necessaria qualità oltre che salubrità di ciascun prodotto?
Semplice, perché è la materia che fa la differenza, non la tecnica.
In fondo, pensa qualche provinciale, non è più moderno sfogliare un catalogo o bersi un bicchiere con il rappresentate che ti viene a trovare e ti consiglia guance di vitello e marsupio di canguro?
Negli anni ’60 la modernità era comprare benzina Apilube perché “si volava” con la canzone di Modugno in sottofondo. Non c’erano problemi di inquinamento o di riscaldamento globale e neanche limiti di velocità. Le risorse sembravano infinite. La modernità rispetto a chi era costretto ad andare a piedi era salire su una spider inquinare e spingere a tavoletta.
Negli anni ’60 la modernità per una donna era fumare in pubblico, magari da sola.
Negli anni ’60 la modernitià erano la pesca a strascico e spaccare la costa con i martelli pneumatici per godere i favolosi datteri di mare.
Oggi la modernità è andare a piedi, evitare di inquinare.
La modernità è non fumare per non rischiare un cancro.
La modernità è non mangiare i datteri perché è proibito rovinare la costa e rispettare i fermi biologici.
Negli anni ’60 la modernità era andare il più veloci possibile, adesso andare lenti. Prima era produrre di più adesso è podurre meglio.
Non c’è gastronomia moderna senza consapevolezza per l’ambiente e dei rischi per la salute di chi lavora e di chi mangia.
Non c’è eccellenza se non c’è etica. Non c’è estetica senza etica.
Avere questa consapevolezza oggi a 20 anni è un obbligo, a 40 un dovere. Oltre i 60, i cui rientro io, una scelta. Di lasciare qualcosa a qualcuno e non di consumare tutto e tanto poi sono cavoli di chi resta.
Alè, alè, alè.