La mela limoncella della Penisola Sorrentina


La mela limoncella della Penisola Sorrentina

Mele limoncelle appena raccolte

di Antonino Siniscalchi

«Profumi di casa, sapori perduti. In tutti gli ambienti domestici, accanto al forno e al vecchio focolare, si conservano le mele limoncelle con le noci». Livia Adario Iaccarino, attenta cultrice di sapori senza tempo, sintetizza una tradizione che si rinnova a Sant’Agata sui due Golfi, con la riscoperta della mela limoncella. Una coltura di pregio che si candida a diventare presidio Slow Food, per iniziativa di Mimmo De Gregorio. Una produzione limitata nei terreni di via Canale, via Reola e via Pontone, rilanciata nell’orto «Ghezi». Mimmo De Gregorio si affida in particolare a Antonino Cacace “Ciardella”, esperto contadino locale che conosce ogni segreto per arrivare alla maturazione della mela limoncella. Un altro attento coltivatore è stato Cataldo Gargiulo che ha lasciato alle figlie Rosa e Agata l’eredità di rinnovare la produzione con metodi innovativi.

Le mele limoncelle dallo stuzzichino

«Questa antica varietà del Sud Italia non può essere confinata a un territorio preciso – spiega Mauro Avino, vice presidente Slow Food Costiera sorrentina e Capri -. Ma la mela limoncella, gemma di biodiversità, ha trovato storicamente nella penisola sorrentina, patria dei limoni, una sua casa naturale e proprio questo ha ispirato l’idea di un futuro presidio Slow Food da far nascere qui per tutelarne le radici e rilanciarla nella modernità».
A Pizza a Vico la mela limoncella ha delineato uno degli ingredienti che ha caratterizzato la pizza vincitrice del Trofeo Luigi Della Mura, accanto a erbe spontanee, funghi porcini, fiordilatte, caciotta al profumo di limone e noci su un impasto da sogno, realizzato dal maestro della pizzeria «Da Giovanni». La mela limoncella, con le sue peculiarità organolettiche, è riuscita a condensare i sapori dei vari ingredienti. Ed è stata apprezzatissima dal pubblico.
La mela limoncella di Sant’Agata sui due Golfi, che si coltiva in un ati del borgo collinare di Massa Lubrense. «La mela limoncella – ricorda lo storico Marco Mantegna – era coltivata su vasta scala fino ai primi dell’Ottocento. In seguito gli agricoltori locali si trovarono impreparati a fronteggiare le malattie tipiche cui va soggetto il melo, tortrice e rodilegno. Gli alberi si resero improduttivi ed i contadini iniziarono a sostituirli con alberi di nocciolo. La ripresa della coltivazione delle mele limoncella si deve ad un albergatore tedesco, Max Brandmayer, che nella sua proprietà, nei pressi dell’eremo del “Deserto” coltivava con successo gli alberi di melo, utilizzando trattamenti biologici per evitare che le piante fossero attaccate dalle malattie nocive alla loro stessa esistenza».

La pizza con le mele limoncelle che ha trionfato a Vico

L’esperienza di Brandmayer spinse gli agricoltori di Sant’Agata a recuperare la coltivazione della limoncella, molto apprezzata anche al di fuori dei confini regionali. Negli ultimi decenni la produzione di questo frutto si è però notevolmente ridimensionata, a causa della profonda crisi che tuttora investe il comparto agricolo in penisola sorrentina, ora si guarda alla riscoperta di questa varietà. Quelle cotte in forno, denominate nel dialetto locale “passetielli” (la cottura appassisce leggermente il frutto) rappresentano ancora oggi un piatto tipico della cucina sorrentina, soprattutto nel periodo natalizio.
Agata e Rosa Gargiulo hanno ereditato i segreti della coltivazione e della conservazione della mela limoncella dal padre Cataldo e dalla mamma Assunta, recentemente scomparsi alla soglia dei cent’anni. La loro coltivazione è basata su trattamenti prettamente biologici, realizzati con l’emulsione di polvere di roccia, sia sulle foglie che sul frutto, rinunciando a qualsiasi manipolazione chimica. Una caratteristica che si rileva dalla polverina bianca che avvolge sia le foglie che il frutto, una patina che mantiene lontano gli insetti nocivi. «Siamo all’ultima fase della raccolta – dice Agata Gargiulo -. I trattamenti sono finiti da una quarantina di giorni».

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