L’Aglianico di Fontanavecchia: la leggenda di Vigna Cataratte 2008-1996
Ci si ritrova in una calda giornata con Vigna Cataratte di Libero Rillo. Fu questo il primo impianto a spalliera messo a punto nell’azienda che prese il posto della raggiera. 7000 metri a ridosso della cantina ben esposti verso Est, sui 280 metri circa. Siamo su un terreno argilloso con marne affioranti. Il grande vantaggio è la grande escursione termica che si registra anche in annate particolarmente calde. Una decisione maturata all’inizio degli anni’90 dal papà Orazio e dall’enologo Angelo Pizzi.
Sino a quel periodo il vino finiva per diventare Gragnano, Lettere e tanto altro: sembra incredibile, non un secolo ma 25 anni fa.
Dunque l’idea di convertire la vigna e puntare su un solo vitigno è un passo che oggi sembra scontato ma che in realtà è stato rivoluzionario perché ha cambiato le cose per tutelare il reddito agricolo.
Dopo la vendemmia, in genere tra l’ultima settimana di ottobre e la prima di novembre a seconda delle annate. La vinificazione avviene in acciaio, compresa la malolattica. Solo dopo si aggiungono i solfiti. Il passaggio in legno aviene in barrique nuove e vecchie per un anno mezzo. L’affinamento in bottiglia avviene per un minimo di un anno.
Mediamente si ottengono 5-6000 bottiglie che in enoteca si trovano in genere poco sotto i 20 euro.
2008
Annata regolare, non eccessivamente calda. Colore granato, al naso note di frutta, tabacco, spezie. Al palato il registro è dettato dalla freschezza che bilancia bene l’alcol che supera in abbondanza i 15 gradi. Al palato la beva è lineare, i tannini e l’alcol sono in equilibrio e il sorso scorre bene. La chiusura è pulita, amarognola.
Voto 88/100
2007
L’annata calda compensata dalla frescura serale e notturna. La vendemmia che tutti gli enologi e i produttori sognano. Una vendemmia facile, senza fretta, senza rischi sostanziali. Così nel bicchiere il vino si presenta ricco, fruttato, al palato mantiene un tono amaro senza alcuna concessione alla dolcezza. Il tannino è dolce.
Voto 90/100
2006
L’anna si presenta abbastanza snella, la gestione del tannino non è stata facile ma è ben risolto. Il rosso è più nervoso, al palato si sente molto l’acidità che detta la beva. Poi il tannino è un po’ asciugante. Complessivamente un vino da abbinare al cibo, meno completo della 2007.
Voto 87/100
2005
Appare più concentrato. Al naso c’è una maturazione in eccesso che si verifica anche al palato dove la beva è equilibrata nella quale l’acidità sostiene l’impianto ma non è più scissa e protagonista come negli altri casi. Un vino da stappare, il meno scattante della batteria. Molto pulito, preciso e con i tannini più morbidi.
Voto 86/100
2001
Saltiamo la 2004 (non fatta), la 2003 e la 2002 per arrivare all’ultima annata perfetta, quella che ancora oggi sta per entrare nella leggenza. Al naso ancora frutta fresca, spezie, sbuffi fumé, al palato riesce a manifestarsi ancora molto giovane, ricca, piena e assolutamente perfetta. Colpisce una nota di giovinezza che lo mantiene vibrante al naso e al palato.
Voto 91/100
2000
Una annata compatta. Come ho scritto più volte, non mi ha mai regalato vere emozioni. Qui parte con un naso che ha cenni di stanchezza, sentori terziari, spezie, difficile trovare traccia di frutta. Al palato la freschezza sostiene sicuramente una beva materia molto importante e che si fa sentire con i tannini, risolti, e l’alcol. Un vino che per essere goduto davvero ha bisogno del cibo.
Voto 88/100
1999
Provata dopo la 2000, un senso di benessere refrigerante a cominciare dal naso che torna alla frutta avvolta in piacevoli note balsamiche, lunghe. Poi ancora cenere e piacevolezza. Al paalto l’acidità riprende il sopravvento e tira la volata a un vino che ha avuto comunque problemi di tannini ancora molto presenti. Ma l’acidità risolve davvero ogni problema sino alla chiusura lumga, eterna, precisa.
Voto 92/100
1998
Al naso è molto complesso, ma è una annata abbastanza completa, tutto sommato piacevole anche se in bocca l’acidità rientra, ha un ruolo preciso ma non gioca da protagonista come nell’annata precente. Note agrumate di bergamoto e china. Piacevole, lungo, sapido.
Voto 89/100
1996
Freschissimo, una vera sopresa. Ancora frutto e note balsamiche, sbuffi amarognoli e agrumati. Il tono sapido caratterizza la beva con in tutti gli altri. Un vino nel quale il tempo ha lavorato alla grande e molto bene, in modo piacevole. Una bellissima e inaspettata beva per una annata che non è mai stata prodiga di soddisfazione.
Voto 90/100
Alla fine il panel di assaggio (con Ugo Baldassarre, Adele Elisabetta Granieri, Simome Lucchisani, Alessandro Marra, Lello Tornatore e Fosca Tortorelli) ha preferito la 1999, la 2007 e,a pari merito, la 1996 e la 2001.
CONCLUSIONI
La storia dell’Aglianico del Taburno ha poco più di vent’anni e la decisione dell’azienda della famiglia Rillo (vinificatori sin dall’800 in Torrecuso) di puntare sull’Aglianico ha di fatto dettato la linea al territorio insieme alla Cantina del Taburno. Ancora oggi la linea interpretativa di questo vino deve esser delineata, non è chiaro l’uso dei legni, i protocolli di vinificazione non sono stati ancora definiti nel dettaglio. Questa verticale dimostra però le grandi potenzialità a patto che si vada in direzione del rispetto dei tempi lunghi evitando scorciatoie. L’emozione di alcune annate come la 1999 e la 1996 dimostra l’assoluta capacità di questo rosso di ben evolvere nel tempo lasciando intatta la freschezza.