La frittata di maccheroni
di Carmen Autuori
Per i napoletani è una vera eresia chiamarla frittata di spaghetti. Nella città partenopea la pasta lunga si chiama “maccherone”, tout court, in quanto ha mantenuto l’antica definizione del suo momento più glorioso, e dunque il nome corretto di questa pietanza che ha risolto per secoli il problema del pranzo, della cena, delle colazioni a mare oppure fuori porta (in primis dei pellegrinaggi) è frittata di maccheroni.
All’origine furono gli avanzi, in genere del giorno prima, i protagonisti di questo piatto che nacque come pietanza di recupero e si arricchì grazie alla fantasia delle donne costantemente alle prese con le scarse entrate familiari. Tutto nasce da O’ roie, il grido del venditore di maccheroni, ‘o maccarunaro, che al mercato vendeva il piatto di pasta due soldi invece di tre perché riusciva a ribassare il prezzo eliminando i grassi. In sostanza si trattava di pasta lunga, maccheroni appunto, al pomodoro senza olio né strutto condita solo con un poco di pecorino. Si era soliti consumare questo pasto poverissimo per strada con il solo ausilio di due dita delle mani a mo’ di forchetta. Quando per fortuna i maccheroni avanzavano, non solo venivano riutilizzati, ma anche arricchiti da ingredienti “di sostanza” come le uova e il formaggio, trasformandosi, così, nel pranzo che il capofamiglia avrebbe consumato al lavoro.
Dobbiamo aspettare la fine dell’Ottocento affinché la pietanza diventasse il piatto iconico delle gite fuori porta, come dicevamo. Le Isole (Capri e Ischia), Sorrento, i Campi Flegrei, Capodimonte, il Vesuvio, ma anche l’Infrascata che poi è l’attuale quartiere Vomero, diventarono la meta preferita dei napoletani . Erano le allegre comitive composte da bambini vocianti, eleganti giovanotti e signorine. A capitanare questi gruppi allegri (e chiassosi) era la “maesta”, la mater familias partenopea nonché regina della casa che deteneva l’esclusiva della preparazione della “pizza di maccheroni”, l’altro modo molto comune di chiamare la pietanza.
Però, così come accadde con altri piatti, anche la popolare frittata di maccheroni riuscì a contaminare la cucina aristocratica napoletana, con un processo inverso che parte dal basso.
Franco Santasilia di Torpino, nel suo “La cucina Aristocratica Napoletana”, ne riporta una versione attribuita a monzù Francesco di Casa Barracco che chiama Torta di maccheroni al basilico, riccamente farcita di provola e prosciutto, profumata con abbondante basilico. Ma questa è un’altra storia perché la vera storia della frittata di maccheroni è squisitamente popolare.
Accanto alla frittata classica, uova, formaggio, salame Napoli e provola, nel corso degli anni sono nate innumerevoli versioni. Ricordiamo quella di scammaro, rigorosamente senza uova, dove a fare da collante è l’amido stesso della pasta; le frittatine di pasta che oltre a costituire uno degli street food partenopei più diffusi, sono adottate come entree sia nelle pizzerie che nei ristoranti ad accompagnare montanare, panzerotti e paste cresciute. Oggi se ne trovano di tutti i gusti, in bianco, al pomodoro e piselli, con il pesce, alla carbonara, alla Nerano e tante altre.
E poi c’è la “Monumentale”, la frittata di pasta grossa di Teresa Iorio, della pizzeria Le Figlie di Iorio, a base di pennoni e condita con un vero e proprio ragù napoletano, un inno all’opulenza della gastronomia partenopea che riesce a rendere un capolavoro anche un piatto nato dagli avanzi.
Ricetta
600 g di bucatini o spaghetti (anche del giorno prima)
4 uova grosse
100 g di burro
4 cucchiai di Parmigiano Reggiano
4 cucchiai di Pecorino
100 g di salame Napoli tagliato a tocchetti
150 g di provola a dadini
Sale
Pepe
Olio evo
Procedimento
Lessare la pasta al dente in acqua bollente salata. Dopo averla scolata, aggiungervi il burro e farla raffreddare molto bene. Nel frattempo battere le uova con il sale, i formaggi grattugiati ed il pepe. Mescolarvi la pasta, la provola ed il salame. In una padella dal fondo spesso, far riscaldare un giro di olio evo, versarvi il composto e, una volta che si è formata una leggera crosticina, abbassare la fiamma e far cuocere agitando ogni tanto la pentola. Appena è diventata dorata da un lato , con l’aiuto di un coperchio, girare la frittata e lasciarla cuocere anche dall’altro. Il segreto per ottenere una buona frittata è quello di usare una padella non troppo larga e di farla cuocere coperta a fiamma dolcissima.