La felicità del Falerno è in una masseria
21 settembre 2002
Nel ventre fresco di una casa di campagna costruita settant’anni fa alle falde del Massico, qui dove i romani abitarono Suessa e Sinuessa, oggi si affinano i vini di un nuovo produttore di Falerno, il terzo per la precisione. Della Masseria Felicia (via provinciale Appia Carano, località San Terenziano a Carano di Sessa Aurunca. Telefono 081 7362201) esaltiamo anzitutto la coraggiosa scelta del legno. Sì, del legno. Perché le uve fermentano in tini costruiti in quel di Boscotrecase da La Tonnellerie. Evviva, così si rilancia l’arte degli antichi bottai vesuviani offuscata prima dalla vetroresina, poi dall’acciaio, infine dalla scelta modaiola di rivolgersi altrove per comprare tecnologia disponibile invece davanti l’uscio di casa. Così, in questi tronchi conici in legno di castagno i grappoli di aglianico e di piedirosso fanno il loro primo dovere e fermentano. Attenzione, sappiate che parliamo di un vino che non c’è ancora se non in un migliaio di bottiglie apparse per la prima volta a marzo sui banconi del Vinitaly. Ma, come altre volte è già accaduto (pensiamo al Montevetrano o a Fontana Galardi), le premesse ci sono. Eccome. Allessandro Brini ha affidato l’immagine alla figlia Felicia e il prodotto a Nicola Trabucco che cura tutte le fasi del lavoro, a cominciare dalla impostazione dei vigneti che si estendono su tre ettari baciati dal sole per tutto il giorno. Dopo i tini di Boscotrecase il Falerno affronta due strade: una parte se ne va ad elevarsi in fusti di acciaio per per otto, dieci mesi e successivamente altri sei in bottiglia. Alla fine si chiamerà Falerno Rosso Senape. L’altra, prima di affinarsi in bottiglia, passa lo stesso periodo di tempo nelle barriques: è il Falerno Rosso Bronzo, ritenuto il prodotto di punta dell’azienda. Due rossi concentrati, alcolici, da spendere su un agnellino saporito se non addirittura come vino da meditazione. Programmi? Una prova di falanghina e un passito di moscato di cui francamente si avverte il bisogno in Campania dove questo vitigno così diffuso ovunque è stato idolatrato anni fa e poi snobbato dai produttori eccezion fatta per la Val Calore negli Alburni. La prima uscita della Masseria Felicia di cui si parla tanto in giro tra adepti è stata il 2000, a breve invece la 2001. Da Boscotrecase a Sessa Aurunca, ecco un altro bel percorso fatto dal rinascimento campano nel bicchiere.