La Falanghina di Aia dei Colombi
Quanto Sannio c’è in una guida? Ecco un indicatore preciso, oggettivo, per capire se al consumatore è offerto un panorama reale della vivacità vesuviana nel bicchiere. Cinque doc, cinquanta aziende, la più alta percentuale del Mezzogiorno di uva dichiarata doc e igt sul totale di quella coltivata e una quota del 40-45% sul vino campano certificato, sono indicatori significativi per capire la forza della vigna sannita. Come anche il fatto che la quasi totalità di aziende di un’altra provincia, Avellino, è impegnata nella produzione di Falanghina Beneventano igt mentre molte napoletane etichettano Aglianico Beneventano igt! Davvero è un godimento dell’anima correre lungo le fondovalli Telesina e Isclero, arricchite di anno in anno da un sistema articolato di agriturismi, aziende di olio e di formaggi, qualificate cantine sociali come Solopaca, il Taburno e la Guardiense e da qualche punto di eccellenza enoturistico assoluto come Mustilli, Torre Gaia, Venditti, Ciabrelli. Aglianico del Taburno e Falanghina sono le due punte del gigantesco iceberg vitivinicolo in emersione ormai da qualche anno di cui solo i ciechi, evitiamo di aggiungere in malafede, non riescono ad accorgersi. Prendiamo la Falanghina: oltre alle aziende citate ricordiamo le bottiglie di Nifo, La Rivolta, Terre Stregate, Terre dei Briganti, Devi, Ca’stelle, De Lucia, Castelmagno, Rotola, Masseria Frattasi, Fontanavecchia, Votino, Terre Sannite, Corte Normanna, Torre del Pagus, Santimartini, Ocone. Basta così? Girare per credere. Tutti bianchi straordinari in uscita intorno ai cinque euro di cui si ha contezza in occasione di Falanghina Felix organizzata ogni anno a Sant’Agata dei Goti da Nicola Matarazzo. Dove non si fa in tempo a registrare tutto che spunta una bella novità, come questa Falanghina Vignasuprema dell’azienda Aia dei Colombi costruita alle falde di Guardia Sanframondi: un impatto olfattivo impressionante, di buono spessore, il palato avvolto completamente, corpo e mineralità oltre alla freschezza sono le caratteristiche di un bianco annunciato per una vita lunga, lunghissima, da spendere sulla cucina di mare, i formaggi, salumi non molto speziati, bruschette allardate, minestre di legumi e di ortaggi non pomodorose, funghi. Il nome, suprema, deriva dal fatto che è l’ultima delle vigne lasciata in pace la sera dai raggi del sole. Lungo il crinale delle dolci colline ondulate Marcellino Pascale e la moglie vi si dedicano da sempre, dal 2003 hanno deciso di etichettare le loro vendemmie seguendo i consigli di un enologo che di Falanghina se ne intende, visto che è stato con Leonardo Mustilli e Gennaro Martusciello tra i primi a rilanciarla: parliamo, l’avrete capito, del bravissimo Angelo Pizzi.