La dittatura degli ignoranti nel food. Mio Dio come siamo arrivati a questo?


Contursi al quadrato

Contursi al quadrato

di Marco Contursi

Il mio ultimo articolo su Con Mollica o Senza, sorta dal nulla e che aveva uno shop pieno di refusi e descrizioni confuse dei prodotti, mi ha portato a fare una profonda riflessione e presa di coscienza, e ad allargare il ragionamento a come si sia arrivati a ciò.

Premetto che i commenti all’articolo da parte dei lettori sono stati quasi tutti di plauso, e la cosa mi ha sorpreso, dato che moltissimi clienti affollano quella attività, ma tenendo presente che i pochi commenti avversi alle mie tesi inconfutabili (perché dimostrate con foto), hanno proposto assurdità del tipo “non è carne estera perché sono fatti ad Avellino”, o “e se pure fosse come dite voi, che importanza ha?”, sono portato a dedurre che chi legge (il nostro blog), non rientra nei loro clienti.

Il discorso di come si sia arrivati a questo, cioè ad attività che hanno successo pur proponendo prodotti con descrizioni errate e prodotti fatti con carne estera a prezzi alti (cioè un buon numero di quelle nate dopo esperienze social) è piuttosto semplice, seppur vasto.

Da alcuni anni a questa parte, prima con l’avvio di programmi popolaricome Uomini e Donne e poi il Grande Fratello, perfetti sconosciuti diventavano persone famosissime e richiestissime, dall’oggi al domani per il solo fatto di essere stati in televisione. Persone senza talenti particolari (tranne qualcuno), che venivano subissati da soldi e fama, al pari e forse più, di attori e cantanti famosi, che semmai avevano fatto una lunga gavetta, e magari studi in accademie importanti.

Ma secondo voi è normale che una persona qualsiasi solo per aver partecipato al Grande Fratello diventi un divo da 10mila euro a serata, solo per fare autografi e qualche foto?

Ed è normale gente che paga oltre 100 euro l’ingresso in un locale solo per vederlo?

Ripeto, persone che fino al mese prima facevano lavori comuni e con esistenze comuni, che da un giorno all’altra diventavano delle divinità per un passaggio in televisione.

Molti di questi non hanno saputo gestire il successo e hanno sperperato quanto guadagnato. Non l’hanno saputo gestire perché non avevano gli strumenti culturali per farlo, né si sono affidati a qualcuno valido che li aiutasse. Semmai hanno iniziato a fare investimenti sbagliati, presi da un delirio di onnipotenza che ti viene naturale avere se tutti impazziscono al solo vederti.

Il ristorante è uno di questi investimenti perché c’è l’errata convinzione che si facciano i soldi facilmente con la ristorazione e che le persone vengano per vedere me che sono famoso, qualsiasi cosa gli propini o qualsiasi cosa faccia.

E’ quello che è successo anche a Chiara Ferragni che vedendo che riusciva sempre a cavarsela, anche quando faceva cose sbagliate come il video al supermercato in cui dileggiava il cibo per celia, ha tirato troppo la corda con le conseguenze che tutti sappiamo.

La stessa cosa sta accadendo ai nostri giorni sia nel food sia in altri campi ed in Campania più che altrove. Persone comuni, iniziano a fare video, più o meno divertenti ed hanno successo. Quindi aprono attività, spesso con capitali altrui, e senza le basi minime di conoscenza di quello che fanno, ma con la presunzione di fare sempre tutto bene. E MAI, dico MAI, che puntino sulla qualità, vedi il ragazzo degli hot dog che pur passando dal banchetto abusivo al negozio, ha mantenuto lo standard basso del prodotto somministrato ma aumentato i prezzi oltre il ragionevole.

Ma la gente ci va e nel breve hanno un grande successo, e sapete perché?

PERCHE’ IL CONSUMATORE MEDIO E’ FACILE DA ABBINDOLARE E SUPERFICIALE NELLE SCELTE.

Ma come dovrebbe essere appellato uno che compra da qualcuno senza chiedersi cosa gli venda ma solo perché l’ha visto in un video?

Qualche mese fa, vedevo su Facebook un video di un ragazzo che vendeva salumi in un’altra regione, sostenendo fossero artigianali e altre favolette, ma bastava andare nello shop e leggere le schede tecniche dei prodotti per rendersi conto che erano prodotti di bassissima fattura con additivi che neanche più l’industria usa, il che mi faceva pensare addirittura a prodotti esteri. Ma sotto era un profluvio di complimenti. Perché per i clienti era più importante chi vendesse di quel che vendesse, e non leggevano neanche l’etichetta.

E questa cosa fa sì che anche chi ha successo vendendo panini o hot dog, non senta il peso della responsabilità di questo successo e quindi di dover dare prodotti di grande qualità, ma continui a somministrare roba economica all’ingrosso, perché tanto sa che per il cliente medio conta chi vende non ciò che vende.

E questo è assurdo semplicemente. ASSURDO.

Arthur Schopenhauer: «La folla ha scarsissima capacità di giudizio e assai poca memoria»

La folla, soprattutto in periodi “dove regnano la precarietà e l’insicurezza si cerca idoli”. E li cerca pescandoli tra i simili, non tra quelli che sono meglio di loro.

E’ la teoria di “Peppa Pig”. In pratica, il simpatico maialino, disegnato malissimo, ha successo tra i bimbi perché è come loro lo disegnerebbero, non come andrebbe disegnato. C’è quindi un immedesimarsi.

Ed è quello che accade con tanti fenomeni social dei giorni odierni, persone senza arte né parte che diventano famosi, senza che sappiano fare nulla di particolare, solo perché altre migliaia di persone ti applaudono pure se fai una capriola.

E anche la comunicazione del food stava virando pericolosamente in questa direzione. Gente qualsiasi, senza uno straccio di titolo per scriverne o parlare, hanno iniziato a recensire pub e pizzerie, seguite da migliaia di persone, spesso giovanissimi, ed ecco che un settore serio ed importante come la gastronomia, uno dei motori della economia italiana, finisce in mano a gente che ha difficoltà anche a scrivere in italiano.

E contribuiscono a creare questi falsi miti, dicendo che tutto è ottimo, esaltando il nulla perché loro per primi non sono in gradi di distinguere pregi e difetti nei prodotti somministrati.

Perché se non hai fatto corsi di analisi sensoriale, se nessuno ti ha insegnato a riconoscere la morchia in un olio, il rancido in un salume, il maderizzato in un vino, tu dirai, sempre e solo, che è buono, anche per farti amico chi lo ha prodotto.

Ma perché hanno seguito questi comunicatori improvvisati?

Perché dicono alla gente quello che vuol sentirsi dire, ad esempio che un prosciutto buono è quello senza grasso, che food porn è bello e buono, che la carne di pollo tenera è un valore aggiunto, che è giusto riempire un panino di salse grassissime.

La vittoria della forma sulla sostanza.

La vittoria della mediocrità sullo studio e sulla tecnica.

La vittoria dell’ignoranza sulla cultura del prodotto.

Anche perché lo studio finora ha pagato poco, soprattutto in chi, collaboratore di guide, si è visto ridurre i rimborsi a cifre ridicole. Ma le recensioni di ristoranti, nell’interesse del consumatore, non possono essere affidate a volontari, per la serie, va bene chiunque basta che non avanzi pretese. Così come una comunicazione gastronomica seria che deve essere fatta da professionisti retribuiti, non dilettanti appassionati.

L’altro giorno mi raccontava il titolare di una attività che una serata organizzata da lui con prodotti di grande qualità e vini importanti ha visto la partecipazione di appena 10 persone, mentre in un locale vicino, molto social, le persone attendevano fuori per entrare.

Questo perché il consumatore medio non fa una analisi critica di quello che vede, né di chi glielo propina e quindi il giornalista che ha studiato, finisce nello stesso calderone del ragazzo si sveglia una mattina e inizia a parlare di cibo, perché lo chef che ha fatto gavetta, si ritrova nello stesso settore di uno che fa wurstel con patatine in busta e salse a casaccio.

Come se ne esce? Innanzitutto con una presa di coscienza collettiva del problema e con l’uscire dai circoli di chi fa una comunicazione gastronomica seria e frutto di studi.

Iniziando a chiamare la fuffa con suo nome: FUFFA.

Chi fa fuffa, deve essere messo ai margini. Riscopriamo la qualità delle produzioni artigianali e iniziamo a chiamare i fenomeni da baraccone col loro nome.

Iniziamo a ripetere fino a stancarci, cosa è l’artigianato vero e chi è il vero artigiano.

Iniziamo a proporre una comunicazione gastronomica seria, e non buonista, che dice che tutto è buono e tutto è bello.

Certo, si perderà qualche “amico”, ma la strada verso un cambiamento non è lastricata di piaggeria e applausi, ma di critiche motivate e valori veri.

Io inizio da oggi, non so chi mi seguirà, ma almeno ci avrò provato.

Perché non basta indignarsi per cambiare il mondo. Bisogna agire.

Senza tema e paura.

Magari credendoci per l’ultima volta.

 

27 Commenti

    1. Caro Marco, serve la rivoluzione che decapita l’ignoranza perché molti consumatori sono igno5, cioè ignorano ciò che consumano perché sono totalmente – o in parte, ed è dannoso lo stesso- ” a digiuno” di quella materia prima, dei suoi ingredienti, provenienza, allevamento, coltura etc. etc. E allora serve partire, come si fa in vigna, dalle cose “terra terra”, dai banchi dell’asilo, somminisstrando cultura delle colture, rispetto del territorio e bla, bla, bla ai consumatori del futuro che, mi sovviene più che naturale, sperare sia più che mai verde .

  1. “Iniziamo a proporre una comunicazione gastronomica seria”.Perchè fino ad adesso le persone serie cosa hanno fatto? E a chi si sono rivolte se non ai veri cultori della materia? Oggi tra i vari tiktok, facebook e instagram la cosa è degenerata ad uso e consumo di masse di ignoranti che pur di seguire le mode si fanno propinare la qualunque.Tale sdoganamento va di pari passo con la facile notorietà cui sono assurti i vari personaggi del momento, da Rita de Crescenzo a Papusciello, gente sempre esistita purtroppo, ma che adesso si sentono nella condizione, anche forse inconsapevolmente,di cavalcare la tigre, spinti dalle orde di lanzichenecchi che li seguono e li osannano.E chest’è!

    1. Guarda ne hai nominato due che io confinerei in Siberia, senza pensarci due volte. Come diceva umberto Eco:. «I social danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».

  2. Se uno chef Stellato afferma che una pizza surgelata è uguale ad una pizza artigianale napoletana,mi chiedo come faccio a stabilire chi sono e come faccio ad individuare gli ignoranti del food.

    1. Lo è sicuramente lo chef stellato, per quel che concerne la pizza. Ignorante, significa che non conosce. Io posso essere docente universitario di fisica nuclerare ma essere ignorante in storia dell’arte e se commento Cimabue, sparo cazzate.

    1. Allora dico tre che ho visitato recente, Moresani a Casalvelino, Regio Tratturo ad ariano irpino, incartata a Calvanico. In questi tre si mangia quello che viene prodotto. Avrei detto anche Mastrofrancesco a Morcone ma per ora ha chiuso la ristorazione.

      1. Caro, tanto di cappello per chi ti propone i loro prodotti, però serve pure saperli cucinare.Dai Moresani non ho potuto apprezzare questo.Più confacente alle aspettative, in zona, si è sempre rivelato l’agriturismo Anna dei sapori da voi più volte recensito

        1. Carissimo, mi spiace ma la mia esperienza ultradecennale è sempre stata ottima. Non so che dirle davvero.

  3. Buongiorno Sig. Contursi,
    complimenti per l’analisi, lucida, onesta, propositiva. Apprezzo soprattutto l’impegno per una comunicazione gastronomica seria e non buonista, basata su critiche motivate e valori veri. Non capita spesso, purtroppo. Noto che lei lo fa nei suoi articoli e spesso dà anche suggerimenti a ristoratori e produttori su cosa va bene e cosa migliorare. Grazie per le sue recensioni ed analisi

  4. Il primo commento è da scolpire nella pietra come un comandamento. Il mondo del food in generale ed in particolare quello dei salumi non fa eccezione, apparenza su sostanza. E attenzione quando parlo di apparenza non faccio riferimento all’estetica, alla bellezza di un prodotto (nella quale in Italia siamo stati, siamo e saremo spero ancora per sempre maestri), ma faccio riferimento alla fuffa a cui fa riferimento Contursi. I due personaggi nominati nel primo commento fanno parte di una schiera che puntualmente viene propinata a qualsiasi evento, sagra di paese ecc., ora le domande sono tante: possibile che vengano gentilmente chiamati a presenziare sempre personaggi appartenenti a questa schiera? quale contributo artistico portano in dote tali personaggi? quale tipologia di seguito si portano dietro tali personaggi? Al 90% della legione di imbecilli cui faceva riferimento il Prof. Eco non importano le risposte a tali domande. Voglio anche proseguire con una provocazione, il 28 Giugno a Lucca c’è stato un evento (a mio modesto parere) di valenza mondiale oltre che irripetibile, un concerto omaggio del M° Riccardo Muti a Puccini, mi chiedo: che percentuale di persone che assiste alle performance dei 2 soggetti del primo commento o che frequenta ristoranti/locali dove l’apparenza regna sulla sostanza ha visto questo concerto? Per combattere l’imperante fuffa, occorre CULTURA, gastronomica, musicale, estetica, comportamentale, questo è l’unico antidoto.

    1. Agli esercenti che invitano questi personaggi a presenziare ai loro eventi, non importa nulla della cultura, delle belle arti,dell’eleganza e del saper mangiare.Quello che conta è poter muovere le mandrie che portano soldi.

    2. La realtà è che su 100 persone prese a caso, 90 amano la musica trash e 10 puccini. Sa in una sagra di paese quanti accorrono per vedere neomelodico vari? Migliaia. Finchè uno vale uno, come vuole la democrazia, sarà sempre una battaglia persa.

  5. Io credo e spero, che saremo in tanti a seguirla in questa crociata, contro gli infedeli del buon e sano cibo. Affidandoci e confrontandoci con persone qualificate e serie come lo è lei, per far sì che si abbia una cultura gastronomica e quindi anche del territorio sempre più ampia. Grazie per il suo lavoro.

  6. La strada maestra è sicuramente quella indicata nel suo ottimo articolo. Ma purtroppo ha ragione Umberto Eco…
    Bisogna resistere, resistere, resistere e, quando è possibile, contrattaccare, così come mirabilmente ha fatto per smascherare “con mollica o senza” costringendolo alla chiusura dello shop. Senza dimenticare però che il cibo buono non può e non deve essere esclusivo per chi è ricco… ma questo è un altro discorso che bisognerebbe approfondire più e meglio.

    1. Sicuramente non deve essere appannagio solo di chi ha i soldi. Ma dobbiamo uscire da logiche consumistiche per arrivare a questo.

  7. Tik tok ha peggiorato una situazione già tragica.la cosa devastante è che sta comunicazione ormai si sta trasferendo anche in campo medico.

  8. Una battaglia da combattere , caro Marco, pur sapendo che sarà molto difficile vincerla. Come abbiamo già commentato in una altra occasione, si va, sui social, verso il trionfo della dittatura della mediocrità e dell’ignoranza!!

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