La critica a ristoranti e pizzerie? La vera competenza è di pochi anche se tutti pensano di capirne. Proprio come il calcio


di Marco Contursi

“La critica avulsa da un “comune sentire”, spesso dovuta a un atteggiamento di superiorità “culturale” che molti critici hanno, è semplicemente inutile e persino dannosa. Molto ha a che vedere con l’atteggiamento di superiorità “culturale” che molti critici hanno, e che finisce per far valutare il successo di pubblico come qualcosa di volgare e inadeguato, in sostanza poco importante nella formazione del loro giudizio, che scade inesorabilmente verso l’autoreferenzialità” (Daniele Cernilli)

“Non postate consigli di critici gastronomici professionisti, sono quasi tutti poco obiettivi poiché prendono soldi, noi ci fidiamo solo del nostro palato” (dal gruppo facebook di una pagine di “buongustai”).

Queste parole di Daniele Cernilli, uno dei maggiori giornalisti enogastronomici italiani, e le altre prese dalla bacheca di facebook di un gruppo di appassionati di gastronomia campani, mi hanno fatto riflettere.

Ha ragione Cernilli? Hanno ragione i buongustai ? E soprattutto chi scrive di cibo, perché e come lo fa?

Premetto che il termine critica gastronomica, oggi, coincide con quello di consigli gastronomici, poiché la critica dura  e cruda, quella che faceva scrivere anche recensioni catastrofiche su un locale, oggi non esiste quasi più, anche per colpa di continui contenziosi legali che spaventano gli editori, e ci si limita a consigliare posti che si ritengono validi.

Premetto altresì che quando si scrive di gastronomia la distinzione non deve essere fatta tra giornalisti e blogger, ma tra chi ha studiato il cibo e fatto esperienze in merito e chi no.

Premetto altresì che io scrivo per trasmettere una emozione che il cibo mi ha comunicato, senza prescindere dal discorso sulla qualità di quello che mangio o comunque, specificandolo chiaramente quando, il giudizio di piacevolezza di un pasto esula, molto o parzialmente, da quello che ho mangiato. Per capirci, se sto a cena con Monica Bellucci, possono pure servirmi un vino che sa di tappo, io starò comunque bene, ma scriverò che il vino era difettato, pur comunicando l’emozione di berlo in compagnia della splendida attrice.

Premesso tutto ciò, dico subito che non mi trovo molto in accordo con Cernilli, poiché se è vero che chi scrive di gastronomia non deve arroccarsi su posizioni elitarie, allo stesso modo credo fermamente che la critica DEVE essere avulsa dal comune sentire. E lo deve essere, perché dovrebbe essere fatta solo da persone competenti mentre la maggior parte delle persone ha poca conoscenza del cibo, avendo però la presunzione di capirne.

Altrimenti, facciamo scrivere la signora Rossi, casalinga come tante, che continua ad usare olio estero credendo che sia buono perché di marchi conosciuti o il tonno pinne gialle perché una pubblicità le dice che è pregiato, mentre è tra le specie più comuni di tonno.

La massa affida il suo giudizio ad un gusto non educato da corsi e degustazioni e attribuisce il concetto di “buono o non buono” a parametri quali la similitudine con quello che ha sempre mangiato, la risonanza mediatica di un locale, l’ambiente, il prezzo. Tutte cose che sicuramente possono concorrere a formulare un giudizio ma che mancano del requisito fondamentale, ossia: Capirne di cibo.

Ma cosa significa capirne di cibo? Significa saper riconoscere le caratteristiche ed i difetti di un vino o di un olio, se un salume è stagionato correttamente, se una birra ha subito fermentazioni anomale, se un caffè ha avuto una eccessiva tostatura ecc.

Significa in pratica aver studiato il cibo, sia teoricamente che praticamente. E la massa non lo fa.

Vi faccio un esempio chiaro. Quando facciamo dei corsi sull’olio o sui salumi, nella prima lezione faccio provare un olio rancido e dei salumi di qualità molto scadente e tutti li trovano ottimi, poiché le persone purtroppo sono abituate a usare olio scadente e salumi da 1 euro al panino. Anzi, l’olio di qualità, amaro e piccante, viene ritenuto poco piacevole perché “pizzica in gola”. Idem dicasi per un salume stagionato che viene definito “asciutto”.

Chi scrive di questi argomenti DEVE quindi essere avulso dal comune sentire poiché il comune sentire è dettato dall’ignoranza sulla materie prime e sulle tecniche di cottura.

Io che scrivo, ti devo dire quale è un olio buono, poi se a te piace l’olio rancido, continua pure a usarlo, ma io il mio compito corretto di  comunicatore di cibo, l’ho fatto.

Diceva Schopenhauer: “La Massa ha scarsissima capacità di giudizio e assai poca memoria”. Con l’aggravante, aggiungo io, di avere la presunzione di capirne e magari oggi di scriverne, magari incontrando il favore di molti perché sentono, chi scrive, simile a loro, quando di simile c’è solo la stessa ignoranza.

Questo fenomeno, di blogger incompetenti che scrivono, ma anche giornalisti sia ben chiaro, magari con stile accattivante di cibo senza capirne una H e magari sono seguiti da numerosissimi fans che li osannano come competenti di cibo, è assai frequente in rete. C’è chi ci ha costruito un business redditizio. Anche perché il fenomeno dei bloggers incompetenti ma seguiti, è sponsorizzato dalle grandi aziende che vogliono che le persone restino nella loro ignoranza, perché se tutti capissero, ad esempio, che la carne di un pollo allevato bene, deve essere scura e che si attacca all’osso, chi comprerebbe più i milioni di polli allevati in gabbie minuscole?

D’altronde come ha detto Umberto Eco: “I social media hanno promosso lo scemo del villaggio a detentore della verità, dandogli lo stesso diritto di parole di un Nobel”, e magari anche più seguito, aggiungo io, poiché l’uomo medio si identifica nel mediocre, non in chi ne sa più di lui. E questo vale in tutti i settori, altrimenti non si spiegherebbe il successo di alcuni personaggi del mondo dello spettacolo, tronisti e company che pur non sapendo recitare come un Carmelo Bene o cantare come un Bocelli, riempiono le discoteche con migliaia di persone. E di esempi simili ce ne sono moltissimi, Basti pensare che sta spopolando in rete un ragazzotto paffuto che prende 1500 euro a serata per dire “Saluta Andonio”, in discoteche con decine di persone che vanno a farsi foto e video con lui.

Ecco, io finche scrivo voglio essere avulso da queste persone, da come intendono il cibo e la vita in generale.

Voglio essere avulso dal comune sentire.

Probabilmente non avrò migliaia di followers che mi osannano ma mi bastano i miei “ 24 lettori” che però andranno in locali, grazie alla mia segnalazione, dove il cibo rispetta i paramentri di qualità, per uno che il cibo lo studia da 20 anni.

p.s. …..i miei lettori sono 24, 1 in meno di Manzoni.

20 Commenti

  1. Tutto giusto.
    Purtroppo la maggior parte delle recensioni non svolge un reportage tecnico del piatto ma si limita a fotografarlo.
    Anche alcuni recensori che prima si addentravano di più su commenti tecnici, forse resisi conto che i lettori non vanno volentieri oltre l’immagine si limitano a pochi commenti.
    Altri forse hanno compreso che non basta essere onnipresente alle degustazioni per capirne; è un talento comunque e se non ci si è portati non si può arrivare ad alti livelli così come tanti studiano calcio ma solo una elite diventa allenatore.
    Questo insieme ad una perdita di gusto generale fa crescere nei ristoratori un ansia da allestimento scenografico e un rilassarsi nella scelta di materie prime.
    A questo punto c’è da domandarsi seriamente: ma la qualità paga?
    Per la massa certamente no. E per pochissimi gourmet seri diventa sempre più difficile trovare posti adatti e prodotti di livello.

  2. Perché studiare da sommelier?Tanto il gusto è un fatto soggettivo.Questo è quello che comunemente ci si sente rispondere quando si propone a persona normale un semplice corso sull’ABC di vino olio formaggio salumi ecc.Giusto che il talento farà sempre la differenza ma uno studio serio ad esempio sul caffè eviterà comunque errori grossolani e terrà lontano dalle ciofeche allungate ad arte per nasconderne i difetti.Comunque noi che frequentiamo l’enogastronomia di qualità abbiamo un rompicapo in più e cioè darci ragione perché a buoni vini vengano spesso accompagnate pietanze scadenti o alla premiazione dei migliori oli regionali ci si serve di Un catering che nel cibo ha messo olio lampante.Sarò pessimista ma quanti ,anche nel mio Cilento,praticano la dieta mediterranea vanto di tanti ma tradita da tutti?Sursum corda ,ma rassegniamoci :il futuro avrà tre soli sapori (grasso dolce e salato) ed un solo formato ovvero la monoporzione (pillola!) che con tanta enfasi già qualche ristorante sta proponendo in pompa “magna”.PS.Marco ,come sempre hai fatto centro,ma permettimi un finale leggero :Personalmente con simili compagnie non perderei certo tempo a bere o mangiare e tanto meno i tappi ad annusare.FM.

  3. Oggi ho letto su Intravino (scusate la pubblicità) una spettacolare recensione di un ristorante nel quale non potrò mai andare, menù degustazione, durata del pasto circa 3 ore, il costo non lo voglio nemmeno conoscere. Sono rimasto estasiato dalle descrizioni delle pietanze, dei vini, mi è sembrato quasi di poter vivere l’esperienza insieme a chi la descriveva. Poi leggo in altri lidi recensioni dove si scrive “la trattoria di Donna Concetta ha buoni cibi, ho provato questo e quello, tutto buono ed economico”, un paio di foto ed alla fine l’indirizzo, che più che una recensione sembra una marchetta appena più elaborata, e mi spiego perché le persone comuni disdegnino la critica e si affidino a tripadvisor e simili. Voglio vedere se le cose cambieranno ora che la legge impone di dichiarare le marchette ma poco ci spero, io farò la mia segnalando a chi di dovere i post sospetti.

  4. Caro Marco,
    che come sempre ti interroghi, spinto da conoscenza e passione, cercando di perseguire un’utopica purezza difficilmente raggiungibile, è tutto condivisibile.
    Purtroppo anche il contrario di tutto, e mi spiego, come in ogni settore c’è posto per tutti, così deve essere, ma non lo stesso posto per tutti, c’è chi allena la Nazionale, chi i pulcini all’oratorio, con competenze e capacità diverse, c’è chi scrive di economia e finanza sul Sole 24 ore, chi gestisce fondi per piccoli risparmiatori, chi amministra patrimoni a troppi zeri, lo stesso settore, lo stesso argomento, persone diversissime.
    Improbabile, perseguibile e subito identificabile, invece, chi si spaccia per un altro in un campo che non è il suo.
    Tutti noi, quotidianamente, ci affidiamo al meglio che possiamo permetterci, (o il meno peggio) quando chiediamo una consulenza, un consulto, un preventivo, quando ci vogliamo avvalere della prestazione di un “tecnico”, siamo sempre consapevoli di non avere per le mani il numero uno, anche un ristoratore si dovrà, “accontentare” del cuoco o del pizzaiolo che trova sul mercato, al mercato cercheremo di scegliere la mela meno marcia…ecc.ecc…e così è per chi legge, non possiamo pretendere di leggere di olio, di vino, di pane, di pomodoro, di pepe, di sale, di accoglienza ecc….solo dai migliori sulla piazza, avremmo poco da leggere, spesso non capiremmo la tecnica al l’ennesima potenza, che noia, inoltre non aumenterebbe la nostra capacità di discernimento, quella che ci serve per riconoscere un fufblogger o, nella vita, una fufpersona, per quel che mi riguarda, ad esempio, ti ho scelto senza conoscerti, così come è stato con FM e con EM…con stima Marco

  5. Purtroppo i social sono pieni di food blogger o influencer che hanno una foto del profilo accattivante, casomai con una caricatura, che scrivono bene di tutto perché palesemente interessati, mettendo sullo stesso piano chi fa ristorazione con tecnica chi con il cuore e chi solo per intetessi . Il discorso su olio vino, salumi, carni e formaggio è corretto. Per quanto riguarda il giudicare un piatto “moderno” fatto di giochi di cotture, consistenze, temperature e gusto come la mettiamo??? Bisogna essere chef? A mio avviso ci sono piatti che dietro hanno uno studio che raccontano un territorio, una storia e vanno rispettati, e noi non possiamo fare altro che descrivere l’emozione chi proviamo.

  6. Complimenti Marco!
    Hai descritto con maestria un tema spesso trattato con superficialita’.
    Analisi precisa ed efficace.
    E’ sempre un piacere leggere i tuoi articoli!!!

  7. Ringrazio tutti per i commenti, il pezzo in effetti affrontava due aspetti:1) la critica fatta da incompetenti. 2) il gusto mediocre delle persone che preferiscono il mediocre in quanto simile. E il numero di letture del pezzo finora e l esiguo numero di commenti, mi fa ancora piu essere convinto di quanto scritto. Internet non è più una piazza globale dove confrontarsi e discutere di temi, a volte piu impegnativi della classifica dei migliori gelati, ma è diventato tutto uno sterile leggere continuo di recensioni, senza che chi le fa, palesi l’origine del suo sapere ne che lo richieda chi legge. Se io vado in uno studio medico, trovo la laurea appesa al muro, in rete chiunque scrive, spesso cazzate, con la stessa visibilità di un nobel, richiamandomi ad Eco. Il problema è questo. Rifacendomi a quanto scritto dall’amico Marco, vedi, io non voglio leggere solo dai migliori, m almeno pretendo che chi mi fa leggere abbia le competenze pregresse per poter scrivere sennò diventa tutto solo un grande marasma che alimenta confusione e ignoranza in una materia. Il cibo, richiede competenze specifiche sia per prepararne che per scriverne:se io devo fare una parmigiana devo sapere come si fa, se ne scrivo devo sapere come si fa e devo saper cogliere eventuali difetti sia degli ingredienti sia della preparazione. D’accordissimo con l’altro amico Francesco quando dice che le persone per non ammettere la loro ignoranza, affermano che il gusto è soggettivo. Ok, lo è, ma come disse Sgarbi, se io dico che una vespa ha 4 ruote, non è una opinione ma una cazzata. Io e in questo concordo con Black Angus, sono purtroppo convinto che la massa stia sempre piu perdendo il gusto ma, in generale, il senso del bello, del talento, per avvicinarsi sempre piu ad una semplificazione di gusti e aspettative che confluisce nel ciarpame televisivo di oggi, dove se uno va a fare rutti al grande fratello è acclamato come una celebrità.E si va sempre più giù………in tutti i campi.
    p.s. Francesco, vino, donne e cibo vanno a braccetto……diceva Brillant Savarin, “la cena perfetta è data da cibo sufficiente, buon vino e ottima compagnia”……anche se devo dire che ieri mi sono mangiato un panino al prosciutto meraviglioso ed ero solo e ho bevuto acqua, ma mi sono consolato :-) e sarà l input per il mio prossimo articolo.

  8. Ma dove sono tutti sti critici da strapazzo che si arricchiscono con recinzioni “accattivanti” quanto la lista della spesa sul diario della lavandaia? Forse Marco conosce realtà locali, ma a livello nazionale tutta questa fuffa non la vedo… leggo quel che mi piace, do peso a chi mi pare. Scelgo. E francamente del conto in banca e dei patentini me ne infischio. Sono un vecchio ingenuo, e si vede.

  9. Leggo ora la risposta di Marco, quindi posso aggiungere che il tema è vecchio, persino obsoleto, trito e ritrito. Se parliamo di lauree allora non ci siamo, perché non bastano, non contano, o almeno pesano quanto conoscere l’alfabeto, rispetto al saper scrivere. C’è un mondo in mezzo, in cui nuotare, scozzare, annaspare, affogare, respirare, gioire… Se finiamo coi patentini di qualcheccosa o per ogniccosa, se confondiamo il pezzo di carta con l’intuito e la capacità (almeno all’inizio il Grande Fratello era una intuizione geniale…) allora la fuffa sta qui, non occorre andarla a cercare col lanternino. Allo stesso modo per Marco parla la sua passione quando parla di un certo mondo rurale in qualche angolo del meridione, e in quel momento cosa volete che me ne freghi dei quadri coi diplomi che ha appesi al muro della sua stanzetta cablata? Siamo seri… il talento è qualcosa di incomprensibile, spesso perché ammantato di apparente semplicità… la stessa che ci fa pensare che potremmo farlo noi quel quadro, scrivere noi quel libro, raccontare noi quel pranzo… e invece… Sarà bene che ci limitiamo a guardare, leggere, godere. Basta farsene una ragione senza caccia alle streghe, specie quelle della nostra piccola, aurea mediocrità.

  10. Due premesse
    1 Distiguerei la critica professionale dalle opinioni di chi fa altro ma vuol dire la sua su un piatto, una pizza ecc…
    2 Dal primo pretendo un certo grado di competenza dal secondo no.

    Quindi, in parte, condivido la tesi di Marco Contursi. Chi fa recensioni, chi fa critica gastronomica deve avere delle conoscenze, competenze e abilità di un certo livello.

    Ma se andiamo ad approfondire, forse, rischiamo di percorre strade diverse che ci conducono a conclusioni diverse.
    Se puntiamo tutto sulle competenze e abilità allora dovremmo delegare la critica a gente esperta, come un paticciere per i dolci, un pizzaiolo per la pizza ecc…
    E estremizzando ancora di più il discorso dovremmo creare il critico specializzato nelle lasagne, quello nella pasta alla genovese, alla nerano ecc…

    Un discorso a parte merita la critica alla cucina creativa o d’avanguardia(lo accennava Angelo) che richiede, secondo me, un approccio diverso e che mi sembra essere, in Italia, pieno di limiti. Quali competenze e abilità bisogna avere di fronte ai piatti degli stellati?
    Chiudo qui il discorso sulle competenze consapevole di non aver dato soluzioni ma soltanto degli stimoli.

    Ma vorrei aggiungere ancora qualcosa.
    Le competenze non bastano. Anche se fossero le più alte non bastano e non servono a molto se non sono integrate da altre qualità basilari e indispensabili per svolgere in maniera ottimale il delicato e nobile compito della critica.
    Ne accenno a tre: l’integrità morale(onestà, sincerità), l’indipendenza e le palle.
    Un critico(o food blogger) con grandi abilità degustative ma
    disonesto
    non indipendente
    e senza coraggio
    a che serve?

  11. Gestiamo un ristorante in una piccola cittadina turistica. Abbiamo deciso di puntare sulla qualità e la ricercatezza dei prodotti. Prestiamo una grande attenzione ai dettagli. E’ costoso, faticoso, impegnativo e quando finisci nella stessa classifica della piadineria in passeggiata a mare diventa anche frustrante. Ma poi ti accorgi che le persone non sono tutte uguali, che certo, il target a cui ti rivolgi è più selezionato, quindi le persone che ti verranno a trovare saranno meno rispetto ad altre proposte. Sono pochi ma sono quelli che vuoi tu. Poi arriva uno che si sente critico enogastronomico, che ti recensisce esprimendosi in “pallini”, rendendo poi evidente ogni sua lacuna sull’argomento, ma chissenefrega. Lui ha scelto il locale sbagliato, non tornerà più. Tu hai scremato, hai fatto selezione. Anche tu insomma hai ottenuto quello che volevi. Lavorare con competenza porta risultati. Non è necessario che tutti comprendano il tuo lavoro.

  12. @Valentina, è lo stesso lavoro di scrematura di cui parlavo, che deve fare anche chi legge, le maglie e le dimensioni del retino non sono uguali per tutti, i pesci, i locali e gli articoli di nicchia sono per pochi, eletti in piccole circoscrizioni…

  13. Rispondo con ritardo, e chiedo venia ma sono giorni un pò incasinati…..credo che però ci stiamo allontanando dal discorso di fondo che non tanto era sulle competenze di chi scrive, di questo mi occupai in altro articolo piu approfonditamente ma su cosa deve scrivere chi lo fa. Perchè se anche Cernilli, critico importante, si pone il problema di non essere avulso dalla massa, io mi pongo certe domande. Io ritengo che il critico debba essere avulso, ossia trattare argomenti che interessano a tutti ma in modo diverso da come lo farebbe uno non del mestiere. Io ad esempio, se leggo una recensione di uno spaghetto a vongole, mi piace che chi scrive mi specifichi che non sono veraci perchè hanno i sifoni uniti o che descrivendomi un prosciutto spagnolo mi parli di toni muschiati e sentori di fungo e non si limiti a dire “buono”.

    Venendo però ai commenti:
    Fabrizio, sinceramente leggendo il tuo commento mi sembrava si rivolgesse ad un altro articolo, poichè fai riferimento a cose mai dette da me. NON ho mai parlato di “critici da strapazzo che si arricchiscono” nè di patentini, anzi ho scritto l’opposto(“la distinzione non deve essere fatta tra giornalisti e blogger, ma tra chi ha studiato il cibo e fatto esperienze in merito e chi no”), mentre è fondamentale lo studio della materia, altrimenti le recensioni sono fatte da bravisssimi scrittori che però scrivono cazzate, magari con parole accattivanti ma sempre cazzate sono. Se io non ho mai fatto un corso sul vino, potrò berne e scriverne migliaia di volte ma probabilmente scriverò sempre gli stessi errori. Il problema del giornalismo gastronomico attuale che è spesso stato affidato a penne capaci ma non preparate sulle materie prime. A me recentemente in un locale importante, è stato portato un piatto rifinito con un olio estero. Io me ne sono accorto subito, ma altri al mio tavolo, anche gente abituata a tavole stellate, hanno guardato solo l’ esecuzione. Raccontare il cibo è sì trasmettere emozioni ma anche informazioni corrette perchè se io, rifacendomi al tuo esempio, parlo del mondo rurale e descrivo in modo fantastico un salume e poi va uno che ne capisce e lo trova difettato, quel lettore come ci resta? Il talento si ha nello scrivere e ci nasci, ma le competenze tecniche si acquisiscono con lo studio e la pratica, sennò avremo un ottimo scrittore ma un pessimo giornalista gastronomico. Infine usi il termine aurea mediocrità in una accezione negativa, tradendo quella originale oraziana che era invece positiva ossia che nellla moderazione c’era la virtù e io cosi credo che debba essere chi scrive di cibo, senza eccessi o posizioni talebane ma allo stesso tempo impegnato a far alzare un pochino l’asticella della conoscenza del cibo in chi vive appunto un’aurea mediocritas, ossia sta nel mezzo. Non serve mangiare caviale per mangiare bene, anche un piatto di pasta e fagioli può essere ottimo se con fagioli di qualità, olio italiano privo di difetti e magari una buona pasta artigianale. Ma quali le caratteristiche di un olio privo di difetti? questo deve dirmelo chi descrive il piatto, senza inutili tecnicismi, ma deve farlo.
    Luca mi trovi d’accordissimo sulle qualità morali che deve avere chi scrive di cibo ma purtroppo il fatto che spesso lo si fa gratis o mal pagati induce alcuni ad approfittarne per ricavare un pò di soldi.Cosa disonesta ma comprensibile visto che una editoria seria sul tema è sempre più rara, che almeno rimborsi chi scrive.
    Valentina e Marco: il problema sollevato da Valentina è grave e non si può liquidare con “ho fatto selezione” poichè quel critico incompetente che viene e ti assegna 2 pallini, è seguito da migliaia di incompetenti come lui, poichè come sempre ho sostenuto, gli ignoranti seguono gli ignorantii, e quindi quella recensione negativa influenzerà negativamente il locale riguardo agli accesi della clientela e non è giusto. Gli articoli ben fatti non devono essere di nicchia ma per tutti e fare un articolo bene non vuol dire fare recensioni con paroloni tecnici ma spiegare con parole chiare una realtà che invece è tecnica, a tutti. L’esempio di prima, se descrivo un piatto di vongole non devo solo scrivere “ottimo o fantastico” ma anche dire se erano vongole veraci o se è stato usato un olio italiano, devo cioè fare anche informazione corretta, senza trascurare l’aspetto emozionale. Ma per farlo, devo io per prima capirne . Chi legge non sa fare questa scrematura proprio perchè per farla dovrebbe essere lui per prima competente. E taluni filtri al dare la penna agli incompetenti che prima c’erano, sono venuti meno con internet dove tutti hanno la stessa visibilità di un nobel. Ed è triste.

  14. la “consapevolezza”: ecco cosa manca a tutti noi e questo articolo – a mio giudizio personale – lo evidenzia molto bene. L’avventore non è consapevole che l’olio in tavola è rancido: e il nostro compito è quello di renderlo consapevole. E lo stesso vale per i blogger, i critici, i cuochi… Mi trovo spesso all’estero a tenere corsi tecnici di olio e l’approccio è completamente diverso: nessuno è “nato imparato” e la maggior parte degli studenti (che siamo importatori, chef o appassionati) vuole diventare consapevole.
    Grazie per aver scritto un articolo così semplice ma così chiaro e lucido.
    Marco Antonucci

    1. Signor Antonucci proprio ieri parlavo di quanta poca cultura dell olio cinsi anon Italia anche in ristoranti famosi…..a breve ne parlerò più approfonditamente.

  15. Continuo a pensare che tra fare informazione didattica (peraltro commendevole) e superficialità spiccia (buono, ottimo, fantastico) ci sia un mondo, ma un mondo grande, intergalattico. Continuo a non capire come e chi stabilisce la competenza, e cosa essa sia (aver messo le gambe sotto a un tavolo duecentosessantamila volte o aver seguito un corso master di assaggiatori di biroldo). Mi bastano i riscontri, la storia, il racconto, le suggestioni, il vocabolario, la faccia, il ritrovarmi, la comunione d’amorosi sensi, la sensibilità, la cultura e mille altre cose, compresa perché no anche una informazione corretta (alla fine anche indipendentemente dalla distinzione legittima posta da Luca tra professionista e dilettante). Forse diciamo le stesse cose, ma vorrei evitare classificazioni tranciate con l’accetta, che fanno male e agitano certi populismi enogastronomici (di poco conto rispetto ad altri, convengo) e al tempo stesso vorrei e spererei in un lettore un po’ meno distratto, un po’ meno pigro, un po’ più disposto a leggere tra le righe, come nella vita d’altronde, rispetto a quello un po’ sprovveduto e manicheo che mi sembra venga disegnato in questa pagina. Poi, ripeto, ognuno sceglie e legge come gli pare e secondo il proprio sentire: e alla fine i discorsi stanno a zero.

  16. “La massa ha scarsissima capacità di giudizio e assai poca memoria”.Schopenhauer……Tra Gesù Cristo e Barabba,il popolo scelse Barabba……che poi come c…o gli venne di crocifiggere uno che trasformava l acqua in vino???……Anche io spero in un lettore meno distratto e sprovveduto ma la vedo dura,la storia insegna…….mi prenoto due posti al master sul biroldo.Purche le date non concidano col seminario sulla passerina……

  17. @pasta&fagioli, Contursi concordo, il pressappochismo non paga, nemmeno prendersi troppo sul serio, il critico che riconosce l’olio col “pizzicorino” che pepe nero macinerà al momento su quel piatto, se fosse pepe in grani potrà farlo senza il permesso del pizzaiolo del momento…e soprattutto, se LP fosse in vacanza, ci si dovrà astenere dal commentare un vino campano, in assenza di Raspelli qualcuno potrà dire la sua su un risotto, un intenditore di bufale magari non sarà ferrato sulla carne di cavallo, un estimatore della passerina dovrà evitare le marchette ma non le Marche…tutti i critici, sono necessariamente un po’ fuf su qualche argomento, chi si specializza perde il contatto col resto, inevitabilmente…
    Qualcuno, forse Eliot, disse che la poesia non deve essere spiegata per essere capita, in parte può essere vero anche per un piatto o per un vino…
    Una cosa è certa, con questo post hai evitato che il blog potesse essere colto da torpore estivo, il mio risveglio coincide con un languore, mi manca la bufala, potrei spingermi nuovamente a Sud…

  18. E saresti il benvenuto ma questa volta ti propongo un tour alternativo……..non di solo cilento vive l’uomo…..dico serio…..io e una mozzarella di bufala “seria” ti aspettiamo…. e c’è Armandino a Praiano da andare a trovare…..magari con la luna piena.

I commenti sono chiusi.