La cottura della pasta: Ormai anche i premi Nobel della Fisica pur di apparire non esitano a sparare cazzate. L’hai mai cotto un pacchero artigianale con il metodo di Giorgio Parisi?
Ecco l’articolo che ho pubblicato stamattina sul Mattino sul metodo Parisi di Cuocere la Pasta. Io mi fido più di Colonna e Peppe Guida….
Così va l’Italia: il premio Nobel Giorgio Parisi raggiunge la grande popolarità nel nostro paese non tanto per il successo delle sue ricerche scientifiche quanto per il metodo di cottura della pasta enunciato qualche giorno all’insegna del risparmio. Un metodo, portare ad ebollizione, buttare gli spaghetti e poi spegnere dopo due minuti coprendo e lasciando cuocere, subito bacchettato da Antonello Colonna che invece, a proposito di risparmio, consiglia la cottura a freddo, ossia sottraendo man mano l’acqua durante l’ebollizione.
Che dire, siamo sconcertati dalla banalizzazione di un argomento così complesso che non può avere una sola soluzione. Per esempio, i paccheri artigianali richiedono oltre venti minuti di cottura, siamo proprio convinti che il metodo del professore Parisi sia valido anche in questo caso? Assolutamente no.
Ecco, forse, se ne dobbiamo fare una questione di risparmio, possiamo dire che la pasta industriale rispetta meglio i tempi di cottura di quella artigianale come ben sanno i ristoratori professionisti.
Secondo noi, l’unico modo per risparmiare è cucinarla bene. E siccome non ci piace diventare maestri del nulla, abbiamo chiesto ad uno chef che della pasta secca ha fatto la propria bandiera, lo stellato Peppe Guida come orientarci fra i vari metodi cottura, tra mantecatura tradizionale e la “pasta risottata”, ossia cotta per cinque minuti e finita nel sugo di condimento.
Ne abbiamo ricavato alcuni consigli preziosi, perché per risparmiare bisogna cuocere bene la pasta. Questo è l’assioma da cui dobbiamo partire. E non sono certo i dieci minuti della pasta, l’unico alimento economico che ci è rimasto, che ci fanno salire le bollette del gas. Ecco allora le otto regole d’oro per cuocerla alla grande.
- Esistono tre scuole di pensiero sulla cottura della pasta, la prima è la pasta minestrata, come la facevano i nonni. La pasta si deve cuocere a crudo nelle zuppe, che possono essere di mare o di terra, magari mischiando i vari formati che si tengono in casa.
- La pasta risottata: su questo metodo si commettono molti errori. Visto che esistono formati di pasta che vogliono una lunga cottura, non vanno messi subito nel sugo, perché l’amido rilasciato rende la salsa viscosa. Quindi va cotta la metà del tempo in acqua e l’altra metà nel sugo scelto.
- Il discorso precedente si azzera con gli spaghettini, che hanno tempi di cottura molto più brevi, di sei minuti circa, quindi se si vogliono ottenere al dente si cuociono per quattro minuti, ad esempio con i polpi affogati o in una zuppa di cozze.
- La pasta mantecata: questo procedimento riguarda l’ultimo atto del piatto. La pasta, bella al dente, in genere deve essere mantecata solo per un minuto nel sugo, che è già stato preparato in precedenza.
- Per cuocere bene la pasta, l’acqua deve essere abbondante.
- L’acqua di cottura deve essere leggermente salata, perché se usata per addensare il sugo potrebbe rovinare il piatto, c’è il rischio di alterarne il sapore.
- L’acqua deve bollire prima di calare la pasta, altrimenti se si immerge la pasta subito, questa si idrata ma non si cuoce.
- Bisogna avere pazienza e passione, due ingredienti fondamentali per chi ama la pasta, studiare i tempi di cottura, conoscere a fondo la materia trattata e sperimentare fino ad ottenere un grande risultato.
Insomma, non può esistere un metodo unico per cuocere la pasta, tanto meno per risparmiare. Tra i paccheri e gli spaghettini, o i tubettini e i fusilli sono mondi assolutamente lontani e spesso contrapposti.
Che dire, la boutade del nostro premio Nobel conferma ancora una volta che scienza e gioia difficilmente possono andare d’accordo quando si tratta di cibo.
Il consiglio finale allora è questo: consolarci degli aumenti mangiando pasta ben cotta, meglio se artigianale senza pensare al risparmio. Se proprio volete consumare meno gas potete farlo solo in un caso: quando cucinate la pasta con i legumi o le patate, fate come si è sempre fatto: aggiungetele direttamente a crudo e aspettate fiduciosi il risultato.
8 Commenti
I commenti sono chiusi.
Scusatemi, ma vorrei capire perché si parla di metodo Parisi, cioè del metodo di cottura della pasta enunciato dall’esimio Professore nonché premio Nobel qualche giorno fa lanciato all’insegna del risparmio. Indipendentemente se sia o meno un metodo valido e che sia applicabile a tutti i formati di pasta, o che sia pasta industriale o artigianale, vorrei ricordare che il primo ad asserire che l’ebollizione dell’acqua non sia una condizione assolutamente necessaria per poter cuocere la pasta, che la cottura del cibo dipende solo dalla temperatura raggiunta e non dal fatto che l’acqua stia bollendo o meno, è stato nel 1799 Benjamin Thompson, più conosciuto come Conte Rumford, uno dei fondatori della termodinamica, che ha analizzato scientificamente i processi di cottura, e che si stupiva come tali processi fossero così poco compresi, anche e soprattutto dai cuochi, che li avevano sotto gli occhi tutti i giorni. Ogni tanto, qualche cuoco o qualche professore, riscopre questo fatto e ripropone una sua versione di quello che Thompson già nel ‘700 aveva descritto, dando delle regole su quando spegnere il fuoco dopo aver gettato la pasta. Non si tratta però di un nuovo metodo di cottura della pasta, e non merita un nome specifico perché, ciò che conta è solo la temperatura raggiunta e non se l’acqua stia bollendo o meno. Voglio ricordare ciò che il grande Professor Dario Bressanini, chimico e divulgatore scientifico, in un suo scritto sulla cottura della pasta scriveva sul suo blog il 07 febbraio 2017: “La cottura della pasta è governata principalmente da tre fattori: la velocità di penetrazione dell’acqua all’interno dell’impasto, la gelatinizzazione dell’amido e la denaturazione e conseguente coagulazione del glutine. Tutti questi fenomeni dipendono dalla temperatura. L’acqua penetra nella pasta anche a basse temperature, persino in acqua fredda, ma più la temperatura aumenta e più velocemente entra nell’impasto. La gelatinizzazione dell’amido è quel fenomeno in cui i granuli di amido assorbono acqua e formano un gel. L’amido di frumento gelatinizza tra i 60 °C e i 70 °C. Il glutine denatura e coagula tra i 70 °C e gli 80 °C. Notate che sono tutte temperature molto al di sotto delle temperature di ebollizione comuni nelle nostre cucine. Questo significa che è possibile cuocere la pasta anche tenendo l’acqua a 80 °C, mettendoci solo un pochino di più perché l’acqua idrata l’impasto un po’ più lentamente.”
Saluti da un amante della buona pasta
Ben detto Arcangelo, non capisco questa diatriba tra cuochi e scienziati. Parisi non parla di ricette, che sono sicuramente appannaggio dei cuochi, ma di cottura, quindi di chimica. Consiglio di cercare su youtube i video di Bressanini, che spiega come funziona dal punto di vista scientifico questa cottura e di quali errori commette chi si ritrova con la pasta collosa. E’ solo chimica.
Saluti da un amante di scienza e cucina.
Condivido totalmente quanto scritto da Arcangelo e Filippo. Da un paio di anni applichiamo il metodo di cottura a fuoco spento con grande soddisfazione (e risparmio). Con un po’ di pratica e di esperienza il metodo si può perfezionare. Ad esempio, spesso, tiriamo fuori la pasta un paio di minuti prima per saltarla in padella con il condimento. Sfido chiunque, in un assaggio alla cieca a distinguere una pasta cucinata a “fuoco spento” da una cucinata a “fuoco acceso fino alla fine”. Troppo spesso la tradizione offusca la ragione! Provate ad immaginare se tutte le famiglie italiane applicassero questo metodo, quale risparmio di gas si potrebbe ottenere! Altro che “cazzate”!
Condivido appieno. Bisognerebbe sempre prima provare come ho fatto anche io.
Pessimo servizio, e peggio ancora titolone offensivo, una caduta di stile.
Non mischiate il sacro ed il profano…. i giornalisti vogliono creare sempre il caso per mestiere .
Parisi e` Parisi e un cuoco e` un cuoco!
Il presunto “metodo Parisi” in realtà, per quello che mi ha insegnato anni fa un appassionato di vela, non è altro che il metodo che si usa nelle imbarcazioni a vela che, avendo poco spazio per stivare viveri e naturalmente anche bombole di gas, per risparmiare il gas stesso dopo aver buttato la pasta e aver dato il tempo di riprendere la bollitura senza togliere il coperchio spengono la fiamma e ultimano la cottura con i tempi indicati nella confezione, si consiglia di aggiungere un filo d’olio nell’acqua di cottura. Poi tutto il resto è fuffa essendo chiaro che i grandi chef non cucinino certo un piatto, anzi meglio dire una forchettata, di pasta che ben che vada costa 80/100 euro con il “metodo Parisi o barca a vela”. Saluti
Consiglierei di provare e commentare i metodi scientifici dopo averli testati. Grandi chef come Blumenthal hanno ottenuto 3 stelle Michelin perché provano metodi nuovi piuttosto che scartarli a priori.