La Coldiretti Campania al Paestum Pizza Fest


Salvatore Loffreda ed Ettore Bellelli

di Mariangela Barberisi

«Nel nostro programma ci sono produttori, soprattutto giovani, che raccontano direttamente al consumatore la storia del proprio lavoro. Un impegno che portano avanti con grande passione e soddisfazione perché oggi i turisti, le famiglie, i ragazzi preferiscono le piccole aziende alla grande distribuzione».

Ettore Bellelli, 54 anni, imprenditore agricolo di Capaccio Paestum (SA) e presidente regionale di Coldiretti Campania ha organizzato, insieme agli associati, il mercatino di “Campagna Amica” tra gli stand della seconda edizione del Paestum Pizza Fest nella nell’Ex Tabacchificio di Paestum
che si svolgerà dal 28 al 30 giugno a due passi dai magnifici templi dell’area archeologica tra le più importanti d’Italia.

Quali sono i vantaggi di essere presenti in una kermesse come questa?

«Sarà l’occasione non solo di gustare tanti tipi di pizza ma anche sostenere gli agricoltori che hanno sposato la filosofia del chilometro zero, conoscere e acquistare i prodotti locali».
Un claim portato avanti anche dal Paestum Pizza Fest?

«L’obiettivo è quello di valorizzare la biodiversità alimentare del Cilento, una filosofia che proponiamo a livello nazionale e che viene rilanciata dalla stessa manifestazione anche grazie alla location».
Ci spiega?

«L’ex Tabacchificio di Paestum si trova vicino alla bellissima area archeologica di Paestum
ed ha grande valore storico. Grazie ai lavori di recupero rappresenta un vero e proprio polo fieristico. Fu costruito negli anni ’20 e ha rappresentato un’importante realtà imprenditoriale con una visione moderna che può sorprendere. Il fondatore decise di costruire anche un asilo nido per aiutare le lavoratrici madri».

 

Perché è importante per la Coldiretti partecipare alla tre giorni?

«La fondazione di Campagna Amica, che ha respiro nazionale, nasce dalla voglia dei piccoli produttori di incontrare direttamente il consumatore e mostrare, passo dopo passo, l’intera filiera: che si tratti di olio, formaggio, miele o insaccati. Non ci sono passaggi intermedi».

 

In che modo questo programma cambia il volto della produzione agricola?

«Il consumatore che sceglie di mangiare sano, ha poi voglia di recarsi sul posto per scoprire il territorio da cui proviene il cibo che porterà sulla tavola di casa».
Un’operazione pensata per la crescita economica della Campania?

«La nostra regione non è seconda a nessuno dal punto di vista dell’enogastronomia. Oltre il 17% dei turisti che sceglie di visitare l’Italia lo fa non solo per le bellezze paesaggistiche o per la ricchezza dei nostri monumenti ma anche per la capacità che abbiamo di offrire prodotti di grande eccellenza».
L’agricoltura è il primo passo per incrementare i dati del turismo enogastronomico?

«Il mondo agricolo può fare da traino alla crescita di questo settore. Partendo dalle fattorie e dalle piccoli produzioni è l’agricoltura che crea indotto. Pensiamo alla celebre mozzarella di Paestum, in quanti vengono qui solo per acquistarla e poi si fermano a mangiare nei ristoranti per poi tornare in questi luoghi per trascorrere le proprie vacanze negli alberghi, nei B&B o nei resort. In Italia il 30% del pil proviene dai questi tre settori collegati tra loro».
Qual è oggi lo stato di salute del ramo agricolo?

«Ci sono tanti giovani che hanno trasformato le vecchie aziende di famiglia o che dopo aver studiato hanno capito che il mondo dell’agricoltura sta cambiando. Non è più visto, come un tempo, solo fatica e poco guadagno. Oggi si studia il modo migliore di realizzare qualcosa di unico, sfruttando tutto ciò che la natura ha da offrire».

 

E’ dunque un settore in crescita?

«C’è spazio per chi desidera costruire un futuro migliore per se stessi e per gli altri. Quella del contadino rappresenta una professione che, rispetto al passato, può offrire crescita ai giovani».

 

Un modo anche per rilanciare le aree interne dei territori?

«Abbiamo dei posti molto belli che vanno tutelati. L’agricoltore è custode e sentinella di una zona. Le stesse coltivazioni rendono i terreni permeabili all’acqua condizione che limita il rischio di alluvioni e frane».

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