La Borgogna di Armando Castagno in dodici etichette a Castellammare
di Teresa Mincione
Pinot Noir, Chardonnay e Aligotè, gli attori protagonisti dei dodici calici, blanc et rouge, che hanno stupito e fatto sognare l’intera platea di appassionati e tecnici del settore, intervenuti allo Yacht Club di Marina di Stabia.
L’Ais Campania, in collaborazione con la delegazione Ais Penisola Sorrentina, ha messo a segno uno degli eventi più esclusivi dell’anno. Nicoletta Gargiulo, Presidente Ais Campania, ha sostenuto il neo delegato Penisola Sorrentina Emanuele Izzo in un percorso di prestigio con Armando Castagno: un cultore, uno studioso, un degustatore ammaliante. Un “pittore delle vigne”. Un viaggio virtuale di un giorno, lungo i vigneti della Côte d’Or. Un percorso in due atti. Come una voce fuori campo, Castagno ha accompagnato tre Grand Cru, cinque Premier Cru, tra minuziosi racconti di territori, parcelles e vigneròn. Una naturalis historia sull’essenza della Cote d’Or.
E fu Borgogna a Castellammare! Una lingua di terra che allunga le braccia lungo il fiume Saona nell’est della Francia (dal Beaujolais a sud, fino a Digione a nord) abbracciando fin anche Chablis.
Non una estensione dalle mille miglia, ma solo alcune decine di chilometri in lunghezza e una larghezza trascurabile. Non una gigantesca landa, eppure, minuziosamente catalogata e classificata, vigna per vigna, parcella per parcella. Un locus eletto, un terroir imparagonabile nella sua unicità, dove la cultura del Pinot Nero, l’enfant terrible del mondo dei vini, affonda radici in tempi lontani. Non si parla di chateau come a Bordeaux, ma di climat (poichè ogni lotto ha peculiarità pedoclimatiche proprie) e di clos (recinti).
Le parcelles sono consuetudine (divisioni in tanti lotti dello stesso vigneto. L’esempio è il Clos de Vougeot i cui 50 ettari sono suddivisi tra almeno ottanta proprietari). La Côte d’ Or, polmone dorato della Borgogna, è lungo una piccolissima zona compresa tra Digione e Chagny. In quei terreni fatti di gesso, sabbia, argilla e marmo, i filari di Pinot Noir e Chardonnay si nutrono di autenticità. Côte de Nuits a nord e Côte de Beaune a sud. Le due metà che compongono il cuore tutto francese. Le annate in degustazione, per la Côte de Nuits, sono state la 2011 e la 2012, per la Côte de Beaune la 2012 e 2013. In Côte de Nuits la 2011 è stata un’annata complessa, articolata e precoce, che ha dato luogo a vini di terroir, dotati di una particolare gourmandise e molta souplesse. Il millesimo 2012 ha dato vita a vini di grande potenza espressiva. Un’annata non classica, dalle basse rese e di grande fascino e slancio. In Côte de Beaune la 2012 caratterizzata per una eterogeneità dei fattori climatici ha contribuito a donare ai vini giuste maturazioni per esiti di grande qualità.
I ATTO:
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Marsannay “Les Longeroies” 2011 – Jean Fournier (Rosso Borgogna AOC – 13.5% – Pinot Nero)
Demaine Jean Fournier, un’anima di Marsannay. Antichi scritti parlano dei “Fournier vignaioli a Marsannay sotto il regno di Luigi XIII”. Dopo ben tre secoli, nel 2003, Laurent Fournier, figlio di Jean Fournier, è riuscito a creare, un vino dalle poliedriche particolarità. L’azienda, oggi biologica certificata, di ben 16 ettari, porta ancora il nome del (padre) fondatore. Giovanissimo viticoltore di talento, Laurent, ha saputo calibrare l’uso della barrique (usata o di sesto passaggio) a tal punto da ottenere un vino puro, dal tratto riconoscibile ed evocativo. Un interprete fedele del terroir di Marsannay. Il nome, Les Longeroies, è legato alla presenza di estesi solchi (longe-raies) realizzati dagli aratri per facilitare la coltivazione dei terreni. Il vino degustato è prodotto da una parcella vitata tra le più ampie di Fournier, ricca di minerali silicei e ferrosi, sentori evocati anche nel calice. Che dire? Un’ espressione coinvolgente e di stile della Côte de Nuits con ambizioni non trascurabili. Al di la di ogni ragionevole dubbio e..denominazione!
Marsannay Village. La cromatura rosso rubino si delinea attraverso una trama delicata che lascia il fondo in facile percezione. L’elegante naso floreale è valorizzato da pennellate di rosa rossa, peonia e fiori fucsia. Il frutto è rouge e vivace. Soffi di piccoli frutti di bosco croccanti misti ad una lievissima nota minerale. Iris, lavanda. Leggiadre note di spezie, pepe rosa. A tratti lievemente terroso. Svela la sua natura di vino poliedrico nel lento roteare, attraverso note saline e di gesso. Diretta eredità del terreno che lascia in questo calice una sensibile ricchezza olfattiva. Convince pienamente al sorso per la compattezza del gusto, sollecitato costantemente dalla percettibile ed elegante sapidità e dal piacevole tannino. Eloquente. Fanno capolino note di geranio. La missione in questo caso non è fare un vino perfetto, ma un (tipico) Marsannay. Obiettivo raggiunto! Deliziosa la nota di vinacciolo. Tocchi territoriali e balsamici in chiusura. La media struttura gli conferisce piacevolezza alla beva, incoraggiata da un’acidità ben modulata. Chiude con fierezza e persistenza. Perfetto anche per il pesce.
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Clos Saint Denis Grand Cru 2011 – Stephane Magnien (Rosso Borgogna Grand Cru – 13% – Pinot Nero)
Alla quarta generazione di vignaioli, la famiglia Magnien, da sempre viticultori di Morey Saint Denis, ha deciso di far spazio, nel 2002, all’estro del giovanissimo Stephane. E’ riuscito con la sua verve a donare al vino un quid di classe e personalità. Un domaine di 4.5 ht dalle particelle in proprietà molto piccole e con un’età media di vigneto che supera i 50 anni. Nessun diserbante, né prodotti chimici in vigna. Un calice di Pinot Noir in purezza, la cui struttura è di gran lunga maggiore del precedente.
Grand Cru. Rosso rubino dalla trama poco serrata. Vivo. Ammaliante la gamma olfattiva proposta. Il primo incontro evoca note cosmetiche di rossetto. Un fil rouge unisce il tratto floreale e fruttato: rosa, petali di tulipano, ribes, frutti rossi, arancia sanguinella. Sottile il sentore di zenzero rincorso dalla nota lignea della (buccia) noce moscata. Corteccia di ginepro. La traccia agrumata lo impreziosisce. Un sorso di grande eleganza, equilibrata morbidezza e accattivante persistenza. Tra i must dei vini della Borgogna, rispetto ai grandi del mondo, c’è di certo, la bevibilità. In questo calice..magia aromatica e bevibilità assassina! Non teme l’ossigenazione del calice che riesce a conferirgli una sensibile ampiezza attraverso eleganti refoli balsamici, nascosti in profondità, e terragni. La media acidità si accompagna ad un medio estratto e ad un buon supporto tannico. Rispetto al Marsannay è un passo indietro. Les Longeroies ha già iniziato la corsa verso l’evoluzione, il Clos Saint Denis si attarda. Il sorso lascia libero il palato di rotolarsi nel velluto. Setoso ad ogni riassaggio. Ciò che vale a renderlo superlativo è la lunghezza di bocca e la interminabile sapidità. Mineralità, lunghezza e sapidità le tre parole chiave. Un calice indimenticabile. Una eccelsa versione di Pinot Noir ..un Mozart dellaCôte de Nuits!
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Clos de Vougeot Grand Cru “ Vieilles Vignes” 2012 Gerard Raphet (Rosso Borgogna Grand Cru – 13.5% Pinot Nero.)
Fiore all’occhiello della Borgogna. Forse uno dei vini più ambiziosi delle Côte de Nouit. I vigneti del Domaine Gérard Raphet si estendono per oltre una dozzina di ettari intorno al villaggio di Morey-Saint-Denis, famosa zona vinicola della Côte d’Or, a circa 17 km da Digione. Gérard Raphet, enologo, ha assunto la gestione del Domaine nel 2002, insieme alla moglie Sylviane.Il calice in degustazione è nato da una vecchia vigna sita nella zona nord del Clos, tra le più famose al mondo.
Grand Cru: un gioiello color rubino chiaro e luminoso. Il naso di giovinezza sorprende con aromi di piccole bacche rosse, lamponi freschi, rosa canina, in un continuo divenire. Ricordi marini e minerali si accompagnano alle spezie. Zenzero, pepe bianco, noce moscata. La radice di liquirizia, boise. Un coacervo di sentori che al roteare del bicchiere danzano silenziosi, seducendo chi “ascolta” e assaggia. Il sorso è opulento e fiero. La solidità gustativa stupisce. Sapido, succulento, dall’acidità e tannino ben gestito. Richiami ferrosi e terragni in grande stile. Timo e menta in chiusura, che lasciano un maggior profilo di freschezza. Una bocca dal carattere possente ma allo stesso tempo di grande charme e avvolgenza , anche del tannino. M’illumino d’immenso! In summa: un naso di grande classe, un sorso illuminante, persistenza spaziale. Un’ottima annata. Uno Chanel della passerella enoica! Chapeau!
Riflessioni: con uno sguardo all’indietro, se il calice di Clos Saint Denis, come un purpureo mantello di velluto ha fasciato languidamente il palato del degustatore, cedendo una lussuosa sensazione di morbidezza, il Veilles Vignes, bracca il cavo orale con una struttura superiore! Centrato sulla mineralità e lunghezza di bocca. Nessuna carezza, ma potenza di charme! L’utilizzo del legno è realizzato attraverso un’unica botte, molto piccola. Per poter avere un’idea della ragione di quei tratti di viva mineralità, ci si può soffermare a pensare che le radici della pianta, nel “camminare” lungo i vari strati del sottosuolo, vengono a contatto con lastre di calcare, fossili e vecchie marne. Tale incontro, arricchisce indirettamente l’acino. In conclusione? Strepitoso!
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VosneRomanée 1er Cru “ Les Petits Monts” 2012 – Robert Sirugue (Rosso Borgogna AOC 1er Cru – 13.5% – Pinot Nero 100)
La perla della costa, è soprannominato Vosne-Romanée. La Vigna che regala i natali a Les Petits Monts, è una chicca. Incastonata tra il Barreaux e il Cros Parantoux (confine nord), l’Aux Reignots (confine sud), La Romanée (spigolo sudest) e il Richebourg (confine est). Amatissima dai seguaci della Borgogna
1 er Cru: Rubino luminoso. Decisa verve speziata dai tratti sinuosi e curve accattivanti. Incenso, aloe, iris, lavanda. Immensa eleganza. Questo vino, così come gli altri in degustazione, fa passaggio in legno (a volte anche con barriques nuove e con malolattica in b.) ma il suo sentore è del tutto assente nel bicchiere. Ammaliante e suadente nei refoli minerali e speziati di incenso e chiodi di garofano. In comune con il Clos de Vougeot la nota minerale. Pirite, polvere da sparo, cenere, vecchi merletti. In bocca travolge per la succulenza e maestria nel dettaglio della componente acido- tannica. Buona struttura e chiusura di bocca asciutta e pulita.
Dopo i quattro vini della Côte de Nuits, completano la prima parte della degustazione, un rosso che funge da apripista per i vini della Côte de Beaune, e un vino bianco da semplici uve Aligotè, capace di porsi positivamente controcorrente rispetto agli standard del vitigno d’origine.
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Corton Bressandes Grand Cru 2012 – Poisot (Rosso Borgogna Grand – 13.5%
Pinot Nero)
Un braveheart. Il calice di Corton è un monolite. Un rosso di presenza, lontano dalle sottili gentilezze dei calici precedenti. E’ Henri Poisot, ufficiale di marina, ad autografarlo. Riscatta la sua parte di eredità da una delle famiglie storiche della Borgogna, Latour e si trasforma in vigneron. Un perfetto Corton e un atipico vino di Borgogna. Potenza e Complessità! E’ l’unico rosso Gran Cru della Côte de Beaune. Un naso di evidente differenza rispetto ai precedenti, e la spiegazione è da cercarsi nella geologia della Borgogna. Il clima, il sottosuolo, la curvatura degli strati rocciosi hanno reso questo calice un camaleonte di diversa natura rispetto ai precedenti, i cui tratti comuni sono stati la speziatura, la florealità e la mineralità.
Gran Cru: Rubino. Pinot Noir in purezza. Naso compatto. Piccoli refoli di rabarbaro e foglia di pomodoro. Un autentico Corton. In Borgogna esistono vigne con un’ accertata attitudine all’invecchiamento che tuttavia generano vini, che in giovane età, non sono in grado di esprimere sensualità o grande complessità, ma conservano “la nota” molto a lungo. Questo rientra tra essi. Il Corton rosso è un vino indistruttibile, seppur povero di una stuzzicante vena gustolfattiva. Orfano di quella speziatura peccaminosa e orientaleggiante che hanno i Clos de Vougeot, il Clos Saint Denis, il VosneRomanee “Les Petits Monts” suo malgrado, la personalità e la potenza ne fanno un calice di interesse.
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“Le Clou 34” 2012 – Naudin Ferrand ( Bianco Vin de France, zona: Magny- Les- Villers ( Hautes Cotes de Nuits) Aligoté)
Le Clou 34 è’ un (vino bianco da tavola) Aligoté in purezza. Secondo vitigno bianco della Borgogna, dalla sottile buccia e l’alta acidità, capace di offrire, nelle annate migliori, vini potenti e interessanti. E’ Claire Naudin, figlia di Ferrand Naudin a firmare questo vino. Un vigneron al femminile. Seria e riflessiva, ha assunto le redini dell’azienda condividendo l’amore e la dedizione per quelle terre di proprietà. Un’azienda biologica certificata la cui cantina si trova nell’Hautes Côte de Nuits (Magny les Villers). Le Clou 34 è un off standard di Aligoté. Un vino naturalmente lontano dagli standard dell’Aligoté. Una selezione di appezzamenti di viti molto vecchie (in particolare da due parcelle piantate rispettivamente (le Clou) nel 1934 e (Vellerot) nel 1902. Un terzo di questo vino viene da una vigna di Aligoté di oltre cento anni. E’ attraverso l’ausilio delle vigne vecchie che questo vitigno offre la sua espressione migliore, considerata la sua innata iperproduttività, domata solo con l’età.
La trama cromatica si staglia tra i riflessi del paglierino vivo. Naso inebriante nei gradevoli aromi di fiori bianchi e frutta a pasta chiara. Note agrumate arricchiscono l’olfatto che vira in chiusura verso toni iodati e marini. Paprika e pepe bianco. L’assaggio è di grande impatto. Un estratto di particolare interesse, che risulta armonico e piacevole. Equilibrato, sapido, dalla spalla acida ben calibrata. Un vino dialettico e complesso più al gusto che all’olfatto (leggermente scarno). In Borgogna, si sa, i vini di struttura sono i bianchi. Un esperimento è d’obbligo: basta un piccolo sorso di Aligoté e il Clos de Vougeot, nato da piante quasi secolari è del tutto asfaltato. Un vino tutt’altro che magro come i comuni Aligoté. La notevole estrazione e la trama minerale in grassetto lo rendono un calice di difficile catalogazione, da qui la scelta di Claire di proporlo come “Vin de France”, rinunciando alla denominazione di origine. Di certo un calice fuori dagli schemi, ma in melius! Un vino evocativo del terroir d’origine, senza orpelli stilistici che lo attanagliano nell’aspirare al successo. Sushi
II ATTO
Il viaggio riprende, e la voglia di chiudere gli occhi assecondando solo l’olfatto è forte. La voce di Castagno, conduce tutti per mano, tra quei filari dove l’orizzonte si tinge di color smeraldo, e tra quelle vigne preziose quanto ogni acino. Possibilità di tutti, capacità di pochi. Le ore silenziosamente hanno passeggiato lungo i profumi e le percezioni dei singoli vini, facilitate dalla maestria del narratore. Ogni tratto geografico che ha sposato la storia di ciascun calice, ha avuto il suo tempo, la sua analisi e per alcuni, la scoperta.
Dopo la prima tranche si è virati verso Sud, verso il microcosmo della Côte de Beaune che, come la Côte de Nuit, prende il nome dalla città più importante della capitale generica del vino (Beaune). La batteria ha visto in degustazione prima (gli ultimi) due rossi, in considerazione della inferiore struttura rispetto ai successivi campioni bianchi.
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Beaune “Les Blanches Fleurs” 2013 – Lamy Pillot (RossoBorgogna AOC – 13%
Zona: Beaune – Pinot Nero)
Un domaine familiare, nel borgo di Morgeot, nel cuore classico di Chassagne-Montrachet. Nel corso degli anni l’azienda si è rafforzata tanto da riuscire a gestire diversi ettari nei comuni di Chassagne-Montrachet, Saint Aubin, Santenay, Meursault e Beaune. L’esposizione della parcella dove nasce “Les Blanches Fleurs” è ad est, su un terreno ghiaioso di 3,30 ht. Una sola botte e su misura per il passaggio in legno.
Village. Stupire con classe il motto di questo vino. Ha fatto scacco matto a quanti, convinti conoscitori del terroir, si aspettavano un calice ricco di estratto e di tannino, strong! Un rubino animato da un taglio meno incisivo in intensità cromatica. Bordo luminoso. Un naso delicatissimo tra sentori di gelso, glicine, ciclamino. Refoli di frutta di ribes nero, ciliegia, mora. Corteccia di quercia. Amplissimo spettro olfattivo. Acidità ben calibrata, dal tannino audace ma fine. Refoli di melograno. Sembra addizionato di aromi tanto il profumo. Di media struttura e di buona lunghezza. Un vino che ha la polarità positiva della Côte de Beaune. Estroverso, bevibile, idoneo a piatti non complessi.
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Pommard 1er Cru “Les (Petits) Epenots” 2012 – Vaudoisey Creusefond (Rosso Borgogna AOC 1er Cru – 13.5% – Pinot Nero)
Domaine artigianale borgognone fuori il centro storico di Pommard. La parcella Les (Petits) Epenots si compone di un terreno di marne e marne calcaree.
Il vigneto, ad est della Francia, è stato ripiantato solo nel 2005. Questo vino è, quindi, il prodotto di piante “bambine”, felicemente a dimora in una specie di luogo sacro e consacrato nel passaggio in legno in barriques 30% nuove, la restante parte di secondo-terzo passaggio. La maestria è l’utilizzo del legno silenziando in toto i suoi aromi.
Village. Rubino uniforme, terso e leggero. Ha voglia di raccontarsi, nella suo intenso bouquet di frutta rossa di bosco soda e croccante, garofano. Gelatina di frutta. Una virgola minerale, che scompare al gusto. Fiori appassiti. Bocca di piena espressività, coeso e delineato. La materia si espande rapidamente e la dinamica di bocca è davvero coinvolgente. Elegante. L’unico in degustazione che lontanamente, ricorda (solo all’olfatto) le note ematiche e ferrose di un Sangiovese del Chianti Classico. Diverso dal precedente, più complesso. Evoca seriosità nelle note scure e terrose. Il sorso parla di un vino di peso. Il meno morbido della degustazione compresi i bianchi. E’ un Pommard! Se fosse stato morbido avrebbe tradito l’essenza del terroir. Un calice non facile interpretazione. Chiusura leggermente ammandorlata. Un grande vino da cibo, che nella degustazione tot court, perde qualche luce.
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Meursault “ Les Tillets” 2012 – Patrick Javillier (BiancoBorgogna AOC – 13%
Chardonnay)
Patrick Javillier, tra i vigneron più rispettati nel mondo e tra i bianchisti più stimati. Sei le parcelles.La vigna Les Tillets (i tigli) è sita al di sopra di Meursault, nei pressi del monte esposto a sud- sud/est. L’età delle viti oscilla dai 30 ai 70 anni, e sono in pendenza. Tillet era una specie di tiglio medievale trovato nei vigneti circostanti, da lì il nome. La natura del terreno è calcareo argilloso e contiene marne su calcare duro. Un vino non vinificato né in acciaio né in legno (raro pe la Borgogna), ma in vasche di cemento grezzo ( in Italia del tutto vietato, richiedendosi la vetrificazione nella parte interna deputata al contatto con il liquido). In questa tipologia di vinificazione il raffreddamento avviene ( ed in questa annata non è stato necessario farlo) con l’utilizzo di piastre contenenti del freon.
Village. Una pennellata di sole. Il primo attacco ricorda la base di uno champagne. Risplende di profumi minerali di pietra focaia e leggero fumè. Note agrumate di bergamotto, buccia d’arancia dolce. La componente floreale si alterna tra fiori bianchi e gialli. Ginestra e margherita. Sottili refoli di note timidamente speziate. Il naso è complesso, di grande eleganza. I minuti concedono l’alternarsi di note saline, salmastre. Cereali, burro leggermente chiarificato. Chiude con tocchi di talco. Il sorso si orienta sulla grande avvolgenza e finezza, con preziosi intarsi di salamoia. Incredibile persistenza e freschezza. Chiusura di bocca pulita e fresca. Gamberi crudi
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Saint Aubin 1er Cru “ Murgers des Dents de Chien “ 2012 – Larue
1 er Cru.Un bianco minerale fatto delle aziende più interessanti di Saint Aubin. L’espressione “calcarea”, marina, soda, salina nel finale è accecante. La scia fruttata e floreale ha nuance candide. Un vino fatto di persistenza e sobrietà assoluta. L’annata 2012 concede una bella performance al Murgers, seppur giovane. Toni classici di lime, gelsomino, sale iodato e pepe bianco. Ostrica, iodio, scoglio. Straordinariamente marino. Resina, pietra spaccata, muschio bianco. L’aspetto salmastro assorbe il tenue sentore di frutta. Agrumi a pasta bianca, cedro, magnolia, gelsomino. Una complessità che si sposa ad un corpo di sostanza e di facile bava. Si sposa perfettamente alle capesante.
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Santenay 1er Cru “Grand Clos Rousseau” 2012 – Claude Nouveau ( 13.5% Chardonnay)
1er Cru. Parte salmastra e iodata ma molto pesca bianca bella persistenza e complessità. Giovanissimo. E’ più a sud di tutti. Vino strepitoso. Leggera tostatura bella persistenza e complessità. Vino da poter abbinare anche al tartufo.
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Chassagne Montrachet 1er Cru “Les Caillerets” 2012–Lamy Caillat ( Bianco Borgogna AOC 1er Cru – 13.5% Zona: Chassagne-Montrachet (Côte de Beaune) Chardonnay 100% )
Una delle vigne più prestigiose del comune. I terreni intorno a Chassagne-Montrachet sono tipicamente ad alto contenuto calcareo – in particolare sulle pendici della Cote d’Or. Una netta differenza, si scorge tra i vigneti a sud del villaggio di Chassagne-Montrachet e quelli a nord. A sud, i terreni vantano una maggiore concentrazione di calcare marnoso e ghiaia rossa – tal da essere i più adatti al Pinot Nero. A nord, la marna difficile lascia il posto a strutture calcaree più fini, ed è qui che nascono alcuni tra gli Chardonnay più apprezzati al mondo. Una capsula di gomma lacca protegge ed impreziosisce la bottiglia. Secondo anno di produzione per questa azienda. Un vino che non poteva essere anticipato da alcun altro calice in degustazione, considerato il forte imprinting territoriale-minerale. Les Caillerets, ovvero i sassi. I vini di Chassagne, famosi per l’innata sapidità, fanno del terreno la culla dello scheletro olfattivo minerale.
1er Cru. L’attacco è calcareo con refoli iodati. Gongolando lungo le pareti del calice concede sentori di pietra bagnate e note erbacee. Mela, nocciola. Le note floreali e fruttate sono bianche, ma diventano le meno interessanti per l’inebriante carica olfattivo-salina. Espressivo, territoriale, carismatico per la lunghezza del sorso. Un’acidità sferzante e coinvolgente. Di grande profondità. Il calice più persistente, sapido e calcareo della batteria.
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Tutti i vini hanno sfilato sulla passerella enologica di Marina di Stabia con grande classe e sinuosità, proponendo ciascuno il proprio abito organolettico. Chi non ha mai degustato, anche giovani, questi vini è passato a fianco di uno di quei momenti che contano nella vita di un degustatore, perdendolo. Il vino è il frutto delle amorose e viscerali cure dell’uomo, sintesi di creatività e sensibilità, di passione e dedizione. Di chi lo produce e di chi lo racconta.
Un commento
I commenti sono chiusi.
Ostrica, scoglio, vecchi merletti (ma di che sanno?), corteccia di quercia (diff. con un platano?), bevibilita’ assassina (stile ISIS), ste descrizioni “naif” del vino m’ fann’ muri’, ahahahah!!