La birra ignorata: scarsa presenza delle birre artigianali campane nei ristoranti della regione


Birra artigianale in Campania

Birra artigianale in Campania

di Alfonso Del Forno

La mia è una lettera aperta ai ristoratori campani, quelli che lavorano in una delle regioni italiane a più alto flusso turistico, con particolare attenzione al turismo enogastronomico, che di recente ha consacrato Napoli (e con essa la Campania tutta) come capitale mondiale del cibo, secondo la prestigiosa rivista di viaggi Time Out.

Da anni assisto ad una scarsa presenza delle birre artigianali campane nei ristoranti e pizzerie campane, mentre i pub regionali, tranne limitati casi, le ignorano del tutto. Anche senza studi di settore che confermano ciò che affermo, l’osservazione diretta mi permette di dire che la maggior parte dei locali che offrono birre campane includono solo una o due aziende, mentre il resto della selezione è dominato da birre provenienti dal nord Italia o dall’estero. Questa tendenza è in contrasto con il desiderio dei consumatori di scoprire e gustare le birre artigianali del territorio. Turisti e consumatori locali mostrano interesse e sorpresa quando vengono a conoscenza dell’esistenza di birrifici artigianali nelle vicinanze. Tanti amici del centro e nord Italia che vengono in Campania mi chiedono il perché di questo fenomeno.

Molti ristoratori giustificano la scarsa presenza di birre artigianali locali nei loro menu con motivi economici. I birrifici industriali offrono sconti significativi e spesso forniscono attrezzature per il servizio della birra, un vantaggio rilevante per i ristoratori che devono affrontare spese iniziali elevate. D’altra parte, i consumatori esprimono un grande apprezzamento per le birre artigianali campane, e spesso vengono a conoscenza della loro esistenza solo in eventi di degustazione dedicati a questi prodotti. Questa mancanza di informazione limita la domanda e la diffusione di queste birrenei locali.

Le ragioni per cui i ristoratori campani non scelgono birre artigianali locali sono molteplici. Molti si affidano a distributori che preferiscono vendere le birre già presenti nei loro cataloghi, in cui di solito non sono presenti birre artigianali campane. Alcuni publican scelgono di omologarsi alle selezioni di birre dei colleghi per pigrizia o per paura di essere giudicati negativamente dai nerd della birra o da altri publican che puntano all’hipe del momento. Tuttavia, acquistare birre locali sarebbe un forte esempio di sostenibilità ambientale ed economica. Ridurrebbe i costi di trasporto e garantirebbe birra sempre fresca, grazie alla vicinanza dei birrifici, solo per citare alcuni dei vantaggi di questa scelta. Inoltre, avere una birra artigianale locale permetterebbe una pubblicità indiretta da parte dei birrifici stessi, che promuoverebbero i luoghi in cui trovare la propria birra.

Poi ci sono i radical chic della birra, quelli che non metterebbero mai un marchio campano nella propria attività ristorativa, sostenendo che la birra in Campania non la sanno fare oppure che alcuni marchi sono talmente popolari che non potrebbero mai entrare nei loro locali. Quando ascolto questi discorsi, mi rendo conto che chi opera professionalmente con la birra ancora non ha capito bene qual è il vero mercato e non conosce i gusti dei consumatori, relegando la scelta delle birre a quelle che permettono di avere una clientela esclusiva, chiudendo le porte a chi potrebbe passare dal consumo di birra industriale a quello di birra artigianale.

In altre regioni italiane, le birre artigianali locali sono molto più presenti nei ristoranti e nei pub, come se ci fosse un comune interesse a promuovere le piccole attività produttive del territorio. C’è un senso di appartenenza alla comunità molto più spinto e questo non può che far crescere l’economia locale.

In Campania, associazioni come Unionbirrai e Slow Food promuovono l’uso delle birre artigianali locali attraverso degustazioni guidate e laboratori del gusto. Queste iniziative, sebbene positive, non sono ancora sufficienti per un vero cambiamento. I ristoratori potrebbero incrementare la presenza delle birre artigianali del territorio nei loro locali attraverso eventi di degustazione e collaborazioni con birrifici del posto. La formazione del personale è essenziale per far comprendere le caratteristiche e la qualità
delle birre artigianali campane.

Recenti studi di settore sull’enogastronomia raccontano che le nuove generazioni di consumatori sono molto più attente ai produttori locali e alla conoscenza diretta di chi produce ciò che si mangia e si beve. Questo messaggio viene colto dai ristoratori per il cibo e lo si nota nella loro comunicazione, che per ogni piatto si traduce in racconti sulla presenza di materie prime del territorio o si abusa di parole come chilometro
zero, sostenibilità, biodiversità, “verdure del mio orto”, etc… ma poi vai ad aprire la carta delle birre e trovi prodotti del nord Italia, stranieri e industriali.

Le prospettive future per le birre artigianali campane in ristoranti e pizzerie della regione potrebbero essere assolutamente promettenti, con tendenze che favoriscono il legame con il territorio. Ma affinché questo possa diventare realtà, bisogna cominciare a fare rete in ogni provincia, per creare interazioni
che permettano di aumentare la presenza delle birre artigianali locali.

Ci sono esempi virtuosi di locali che hanno puntato sulla valorizzazione dei loro piatti con le birre campane, come la Pizzeria I Borboni di Pontecagnano (Sa), che in bottiglia ha sempre avuto una ricca selezione tra le migliori birre campane. Il Pub27 di Pompei, con eventi come “In Campania We Trust”, ospita stabilmente birre campane alla spina, promuovendo costantemente i prodotti locali. C’è chi ha compiuto una vera e propria conversione verso il territorio come la pizzeria Musto’s a S. Antonio Abate, che organizza serate di abbinamento pizza e birra campana e ha sostituito le birre precedenti con quelle artigianali locali. C’è anche chi penalizza economicamente chi consuma birra industriale, Michele Sica, che nelle serate estive di “Birra O’ Frisk”, organizzate nella sua Residenza Rurale L’Incartata di Calvanico, offre agli avventori solo birre artigianali campane e a chi chiede la birra industriale, offre un unico prodotto allo stesso prezzo della birra artigianale!

Capisco bene che per effettuare delle scelte di cambiamento c’è bisogno di conoscenza, ma di certo questo non può essere un alibi per non avvicinarsi al mondo della birra artigianale campana. A questo argomento ha pensato anche la Regione Campania, che dallo scorso anno organizza il Campania Beer Expo, evento di promozione della birra artigianale e agricola della Campania. Quest’anno l’evento si svolgerà all’interno della Reggia di Caserta nei giorni 1 e 2 luglio ed è aperto ai soli operatori della ristorazione e della commercializzazione di birra, con un programma di incontri B2B che permetterà ai birrifici campani di presentare le proprie produzioni agli addetti ai lavori. Durante l’evento si terranno anche delle Masterclass dedicate al mondo dell’abbinamento cibo e birra, grazie alla presenza di Alleanza
Slow Food dei Cuochi, Unione Pizzerie Storiche Napoletane – le Centenarie, Accademia Pizza DOC e Onaf, con il supporto, per la degustazione,degli Unionbirrai Beer Tasters della Campania.

Sostenere i birrifici locali è un messaggio che deve essere trasmesso a tutti. Non è possibile parlare di ristoratori del territorio o di pizzaioli sostenibili se la birra servita proviene dagli Stati Uniti o dal nord Italia. È essenziale che i ristoratori campani riconoscano il valore delle birre artigianali locali e inizino a includerle nei loro menu, non solo per sostenere l’economia locale ma anche per offrire ai loro clienti un’esperienza autentica e unica.

 

Un commento

  1. Facevo la stessa coonsiderazione la settimana scorsa. Poche le birre artigianali campane in giro…

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