Jean Van Roy all’Ottavonano di Atripalda
di Andrea Docimo
Esistono luoghi verso i quali le nostre membra protendono naturalmente, quasi come fossero mosse da una irresistibile forza ancestrale. Non è possibile sottrarvisi: se ne sentono i richiami, le catene che alla mancanza ci tengono ancorati, tali da gettarci in tanto veementi quanto improvvise crisi dell’animo.
Mi chiedo se d’ora in poi anche Jean Van Roy (per chi non lo sapesse, mastro birraio della Brasserie Cantillon nella periferia di Bruxelles) proverà la stessa sensazione che provo io quando penso ad Atripalda, alla caratteristica piazza, al piccolo parchetto ed a quella stradina che si inerpica, solitaria, dal centro del paese fino a schiudere le porte della Narnia del mondo brassicolo campano.
Tante aspettative per Jean Van Roy all’Ottavonano il 10 marzo 2016: occasione unica ed imperdibile con uno dei magister delle birre a fermentazione spontanea, alla quale non si poteva mancare.
Gianluca Polini e Yuri di Rito hanno organizzato una serata in grande stile (peraltro successiva ad una “tavola rotonda” organizzata nel pomeriggio con birrai e addetti del settore), contattando ottimi chef locali quali Giovanni Mariconda di Degusta di Avellino, Antonio Petrillo de La Corte dei Filangieri di Candida, e avvalendosi degli ottimi fritti della Pizzeria da Massimino di Montoro.
Menù degustazione con quattro portate accompagnate da quattro birre a 35€. Qualità alta, come sempre.
Piccola introduzione di Gianluca Polini, come sempre magnifico padrone di casa, che ha presentato la serata e gli ospiti. Parola poi ad Andrea Camaschella, il quale si è cimentato in una breve digressione sul lambic, sul modus operandi seguito durante la produzione e sulla loro evoluzione storica. Il testimone (qui costituito materialmente dal microfono) ha dunque fatto capolino nelle mani dell’ospite d’eccezione, Jean van Roy, che (assistito da Camaschella il quale ha anche fatto da traduttore per tutta la serata) ha sia introdotto la prima birra (la Gueuze 100% Lambic) che evidenziato quanto lavoro e studio vengano fatti a monte per brassare una birra di tal genere: ogni batch di lambic è diverso dall’altro, dunque sta al mastro birraio miscelare le varie annate nel modo migliore per ricreare l’armonia desiderata.
Ma parliamo dei piatti, delle birre e degli accostamenti.
PRIMO PIATTO: Fritto Artigianale Irpino della Pizzeria da Massimino di Montoro
Piatto composto da arancino di genovese, crocchè di mallone (rapa e patate), frittella di baccalà. Buoni davvero, specialmente l’arancino di genovese.
PRIMA BIRRA: Gueuze 100% Lambic
Gueuze giovane (Novembre), ottenuta con un blend di lambic di un anno (ricco di lieviti per la rifermentazione), due anni e tre anni (per donare carattere e “finesse”). Ottimo l’abbinamento alla frittura, specie con la frittella di baccalà. Ma non diciamo nulla di nuovo, frittura e gueuze van (quasi) sempre a braccetto.
SECONDO PIATTO: Il Mallone secondo Giovanni Mariconda
Lo chef di Degusta è partito dall’idea di mallone: ha preso le patate, le ha svuotate ed all’esterno le ha rese croccanti e simili a quelle cotte nella cenere; dunque ci ha rimesso la polpa, adagiata su un letto di lardo pestato con erba cipollina. Sopra vi ha posto i broccoli e accanto una mousse di pecorino bagnolese con il peperone crusco. Gran bel piatto.
SECONDA BIRRA: Cantillon Vigneronne
Fruit beer data dal mix di lambic e uva moscato proveniente da coltivazioni italiane, che ingentilisce non poco il carattere borderline del lambic. Dopo l’estrazione degli acini a mano, l’aggiunta e la prima maturazione in botte dei nettari, nelle bottiglie viene inserito uno sciroppo con alta percentuale di zuccheri per la seconda fermentazione. Giusto l’abbinamento.
TERZO PIATTO: Capicollo di maiale irpino, purea di patate e papaccelle alla Gueuze di Antonio Petrillo
Piatto davvero armonico, in questo periodo è un tipico. Papaccella fantastica, il capicollo è stato cotto a bassa temperatura per molte ore. Ed il risultato è da applausi: carne scioglievolissima, il coltello non serviva. Chapeau Antonio Petrillo, chapeau La Corte dei Filangieri.
TERZA BIRRA: Cantillon Lambic Chardonnay
Blend di lambic di due anni con mosto di uva Chardonnay, proveniente da un produttore belga e da terreni posti a cavallo tra Belgio e Francia. Qui viene utilizzato mosto e non uva matura come nel caso della Vigneronne; la maturazione avviene, invece, in botti di legno. Meravigliosa, con l’incedere della temperatura acquisiva sempre maggiore complessità e si percepivano maggiormente i suoi tratti vinosi. Abbinamento sacrosanto.
QUARTO PIATTO: Pastiera della Pasticceria Malafronte
Il dolce rappresentativo dell’intero periodo pasquale. Perfettamente interpretato, non c’è che dire.
QUARTA BIRRA: Cantillon Kriek
Uno dei cavalli di battaglia della Brasserie Cantillon. Secondo la piccola digressione storica fatta da Camaschella e Van Roy, le prime Kriek sarebbero state prodotte intorno alla metà del diciannovesimo secolo. Attualmente, tale birra viene prodotta adoperando ciligie biologiche provenienti dalla Turchia, in quanto le piante di ciliegio scarseggiano. Per ogni litro di lambic (di solito “vecchio” di circa un anno e mezzo), vengono adoperati 200g di ciliegie. C’è bisogno di circa due mesi, due mesi e mezzo per estrarre il meglio dal frutto in infusione ed ottenere il miglior prodotto possibile entro i primi di ottobre, quando inizia la seconda fermentazione in bottiglia. L’abbinamento con la pastiera è stato il migliore della serata: il secco fruttato della Kriek andava a completare gli zuccheri del dolce; inoltre, secondo Van Roy, gli aromi della pastiera ricordavano un po’ il nocciolo della ciliegia.
Qualche battuta anche sull’annosa questione pizza&birra: Van Roy con la margherita ci vedrebbe bene le sue Saint Lamvinus e Lou Pepe Kriek.
Tirando le somme, è stata una serata indubbiamente piacevole e di notevole arricchimento culturale, e come avrebbe potuto essere altrimenti. “Jean Van Roy all’ Ottavonano”: potrebbe essere il titolo di un film…
Ottavonano Pub
Via Salita Palazzo, 5
Atripalda (Av)
Tel: 0825 611368